MC n. 4: «era a colori!!!»
Erano proprio altri tempi, quelli. Senza Internet, senza posta elettronica, senza Facebook (!!!), senza portatili, senza cellulari, senza mouse.
Non c'è nulla da fare: ogni volta che "posto" (termine orribile, ma tocca anche a me usarlo ogni tanto...) qualcosa nella mia pagina Facebook inerente la compianta MCmicrocomputer, i "Mi piace" piovono in abbondanza, le condivisioni pure, e non mancano certo i commenti più appassionati. Dall'ultimo registrato, proprio mentre mi accingo a scrivere il mio "pezzettino" settimanale, prendo in prestito una considerazione toccante che dà il titolo a quanto leggerete. Copio & incollo da lì: "MC, per dirla in breve, era a colori, mentre oggi son tutte monocrome. Come fa a non mancarti?" (Alessio Palma, 04.12.11 ore 15:56).
Così, nel trentennale della sua nascita, ho preso (dal mio harddisk, in PDF!) il numero di MC del dicembre 1981, trent'anni fa appunto. A quell'epoca - ci tengo ad evidenziarlo - non era ancora ufficialmente iniziata la mia ventennale collaborazione con la testata, nel senso che non era ancora "uscito" il mio primo articolo, ma avevo già ricevuto incarico di scriverlo. Tant'è che - ricordo benissimo! - ero in redazione quando fu scattata da Dario Tassa, il nostro fotografo ufficiale, la foto dell'Apple III che vedete in copertina. Già... l'Apple III... e chi (non) se lo ricorda?!?
Erano proprio altri tempi, quelli. Senza Internet, senza posta elettronica, senza Facebook (!!!), senza portatili, senza cellulari, senza mouse (commercialmente parlando), ma con tanta, tanta voglia di "scriverla" - e non solo leggerla! - questa nascente informatica personale.
Che tempi...
Già "scriverla", ma non solo - come poteva essere dal nostro punto di vista redazionale - sulle pagine di un mensile. Scriverla nel vero senso della parola, da punto di vista (spesso) dell'utente medesimo. Erano quelli i tempi in cui un computer era di solito un oggetto "vuoto", da riempire personalmente secondo i propri bisogni. Spesso i programmi bisognava farseli da soli (o farseli fare apposta da qualcuno) perché quasi non esisteva il software bell'e pronto per le nostre esigenze.
Anche il sistema operativo era un concetto un po' vago: era certamente qualcosa di già presente all'interno del computer, ma dopo averti visualizzato un cursore lampeggiante sul display (nel 99% dei casi monocromatico a fosfori verdi) sotto o accanto alla scritta "READY", non è che facesse molto altro per te: erano cavoli tuoi, partendo dal quel quadratino lampeggiante, andare avanti a suon di pochi comandi e tante righe di codice BASIC.
A pagina 7 di MC n. 4 (del dicembre 1981) troviamo una pubblicità Apple (in realtà IRET informatica, a quei tempi distributore della Mela) che fotografa appieno lo scenario di quel periodo. Titolo: APPLE VI PRESENTA IL MIGLIORE DEGLI INGEGNERI. E, a seguire: "Un ingegnere che usa tutta lo potenza di calcolo di un personal computer Apple è un ingegnere migliore. Perché Apple lo libera completamente dai calcoli di routine e, corredato di stampante e accessori grafici, può aiutarlo a sviluppare e precisare idee creative e progetti. Apple ha inoltre una grande capacità di memoria, che può essere estesa modularmente. Leggero come una macchina per scrivere portatile e altrettanto semplice da usare, Apple consente sempre un dialogo personale e diretto fra uomo e macchina. Per questo Apple, distribuito in Italia dalla Iret Informatica che cura l'assistenza con una rete capillare, è il collaboratore ideale per un ingegnere o un professionista". Come dire: "noi ti diamo l'hardware e tutto il supporto (morale) possibile e immaginabile... poi so' cavoli tua!!!" :-)))
Ma erano bei tempi, quelli. Quando ti sentivi "esperto" di computer lo eri per davvero. Potevi esserlo di alto livello o di basso livello. Ma i veri esperti - colpo di scena, per chi non c'era! - erano i secondi, non i primi. C'era, infatti, chi si fermava a scrivere i propri programmi in BASIC (dove la B della sigla stava per Beginners, principanti), ovvero con linguaggio di programmazione di alto livello, lontano dall'hardware e "vicino" (si fa per dire...) al linguaggio umano, e chi scendeva più in profondità (linguaggi di basso livello) "spaccando" i byte nei più piccoli bit. Vicino all'hardware, dove la complicazione è maggiore, ma i divertimenti (e le alte performance) erano assicurate!
Cambiando, ma di poco, discorso, in quelle pagine si poteva ammirare un altro computer "tipico" dell'epoca: il Wave Mate Serie 2000 (e che roba è?!?). È oggetto, anche questo, di una inserzione pubblicitaria a colori, sempre di MC n. 4 (è a pagina 15). Qui il gioco si fa duro: "CPU a doppio processore: Motorola 68B00 - nota: non è il "futuro" 68000, ma una versione del 6800, che era a 8 bit! - come unità di elaborazione e Z80 per il controllo del video e della tastiera. Memoria interna: RAM 64 KB, ROM 1 KB. Memoria a dischi: minifloppy con capacità di 184 o 736 KB, con possibilità di gestione fino a 4 drives. Display: video da 12 pollici, capacità massima di 2000 caratteri (scordatevi i pixel!) possibilità di lettere maiuscole, minuscole e simboli grafici". Cosa desiderare di più dalla vita?!?
Beh, come minimo un sistema multimediale "come si deve", naturalmente a quell'epoca. Basta continuare a fogliare MC n. 4 ancora qualche pagina per rimanere letteralmente accecati dal mitico DAI (chi era costui?!?). Carta, pubblicitaria, canta: "La versione standard del DAI comprende: BASIC semi (???) compilato, molto potente e veloce, in 24 K di ROM (il senso è sempre lo stesso: questo è il computer, poi sono cacchi vostri farci qualcosa...) 13 modi grafici, fino a 256x336 punti a 16 colori in alta (alta???) risoluzione. Capacità video di 24 linee x 60 colonne, monitor di linguaggio macchina 8080 (per gli utenti "tosti", ovvero di basso livello!) potente editor residente. Sintesi musicale: 4 generatori programmabili, con uscite in stereofonia. Sintesi vocale, interfaccia per TV a colori". Beh, si vede pure dalla foto della pubblicità. Per un prodottino consumer di questo tipo mica era ipotizzabile un monitor a colori. Come tanti "home computer" di questo tipo, per vedere a colori dovevi collegarti al TV color di casa, quasi sempre tramite cavo antenna, disturbi radio captati nel prezzo!
Tutto incluso!
O, come diremmo oggi, all-in-one. Dal versante diametralmente opposto dell'appena citato (e ricordato) DAI, sempre sfogliando MC n. 4 troviamo questo bel pezzo d'artiglieria, già visto in anteprima sul n. 1 di MC, fresco fresco di reportage giapponese, marchiato Oki. Qui il cognome cambia (diventa BMC) ma non la sostanza, tanta. Si tratta di un gran concentrato (accozzaglia?) di altissima tecnologia. Il monitor a colori, così come le due unità floppy, la stampante ad aghi, la tastiera sono tutte incorporate in un unico cabinet dalle dimensioni certamente generose.
Ma lasciamo parlare il distributore, ben noto in quegli anni, la Rebit Computer di Milano: "L'IF 800 è un nuovo personal computer. Le sue prestazioni, la sua versatilità di impiego e la sua compattezza (compattissimo, direi!) lo rendono tra i computer più avanzati del suo genere. Il modello 20 è equipaggiato con 2 floppy disk, video display a colori, stampante e keyboard incorporati in una configurazione di gradevole design. È particolarmente adatto per applicazioni (sempre del tipo "fate vobis") di tipo professionale e commerciale, come gestioni statistiche, calcoli matematici scientifici e grafica a colori".
Opzionale era la cosiddetta "penna ottica", un dispositivo di puntamento a dir poco futuribile per l'epoca che consentiva nientepopodimeno che "toccare" i contenuti visualizzati sullo schermo, se non addirittura disegnare con essa. Le modalità touch, checché ne dicano i giovanissimi, ce l'avevamo in pectore. Altro che storie... moderne!