Amarcord: Hewlett Packard 41C
È stata la calcolatrice programmabile più longeva della storia, una delle più amate dagli utenti e, visto il costo, dagli aspiranti tali.
«Le programmabili sono divenute ormai d'uso corrente: la comodità di poter risolvere il problema un numero illimitato di volte, con la pressione di un solo tasto, dopo aver impostato lo svolgimento una volta per tutte, ha fatto sì che queste macchine, anello di congiunzione tra calcolatrice e computer, avessero un grosso successo presso una larga fascia di utilizzatori».
La citazione questa volta non è mia e non proviene nemmeno dalle pagine di MC. Per un motivo molto semplice: all'epoca, gennaio 1980, non esisteva ancora. Esisteva però Micro & Personal Computer, che dopo un paio di anni dal suo primo numero, partorì MC a seguito della rottura dello staff di redazione con la proprietà, il Gruppo editoriale Suono.
L'HP 41C arrivò sul mercato un paio d'anni dopo la già ricordata TI-58. Parliamo, naturalmente, di tutt'altro pianeta e anche diversa fascia di prezzo. La prima ce la portavamo a casa con 120-130 mila lire, per questo gioiellino non bastava il triplo di tale somma. Per non parlare, poi, degli accessori opzionali (tanti e costosissimi) che ne facevano la base di un sistema completo ed espandibile che rimase sul mercato per ben 11 anni, dal 1979 al 1990 (o, almeno, così ricorda Zia Wiki).
Un manuale... preciso! :-)))
Prima di addentrarmi in questa breve passeggiata, tenuto anche conto del non trascurabile dettaglio che provenivo dal mondo Texas (antagonista di quello HP) ho naturalmente scaricato un po' di documentazione da Internet, in primis il Manuale e guida alla programmazione.
Ho potuto così scoprire tante cose interessanti, compreso il fatto che la 41C ha talmente tante funzioni che i suoi 35 tasti, preceduti o meno da Shift (il tasto giallo), non son sufficienti per richiamarle, tant'è che molte di esse sono accessibili per nome, grazie alla tastiera e al display alfanumerico. Ad esempio è presente la funzione Fattoriale, ma non è previsto un tasto apposito e se ne abbiamo bisogno dobbiamo digitare la sequenza:
[XEQ] [ALPHA] F A C T [ALPHA]
(per complessivi ben 7 tasti)
Per nostra fortuna, o per meglio dire per la fortuna degli utenti del tempo, qualsiasi funzione poteva essere assegnata a qualsiasi tasto, riprogrammandone il funzionamento in modalità USER, attivabile o disattivabile con l'omonimo tasto presente sotto al display. Semplice, no?
Pare di no: guardate, nell'illustrazione qui sopra, come ce lo spiegavano passo passo sul manuale di istruzioni, con tanto di test di verifica (vedi quel Proviamo:). C'è da chiedersi: ma eravamo così deficienti? :-)))
«La calcolatrice diventa computer»
Erano veramente tante, per l'epoca, le caratteristiche davvero speciali della HP 41C. La prima, più appariscente, era il già citato display alfanumerico a cristalli liquidi, grossa novità per quei tempi. Da una parte, permetteva un consumo di corrente pressoché irrisorio (la macchina era alimentata da quattro micro batterie alcaline in grado, dicono, di assicurare anche un anno di autonomia!!!), dall'altro consentiva una interazione con l'utente ben più naturale di quanto avvenisse in passato con i precedenti display LED a 7 segmenti.
Se il programma in esecuzione prevedeva l'inserimento di un dato numerico la richiesta veniva esplicitata a parole sul display e non sottintesa con strani artefici di cui era a conoscenza solo il programmatore stesso. Idem, naturalmente, per i risultati dei calcoli che potevano (finalmente!) essere accompagnati sul display da indicazioni più o meno descrittive.
La seconda caratteristica unica dell'HP 41C era, come detto, la sua totale espandibilità. Sul retro erano presenti ben 4 slot in grado di ospitare moduli di memoria RAM, moduli di memoria ROM con funzioni pre-caricate (e di questi moduli ne uscirono a decine, per qualsiasi campo d'utilizzo... giochi compresi!), così come numerosi accessori hardware per applicazioni di ogni tipo.
Uno di questi era il lettore - nonché scrittore - di schede magnetiche - visibile qui a lato - che, tra l'altro, garantiva compatibilità (occhio che questo vocabolo in ambito informatico ancora non circolava tanto a quei tempi...) con la generazione precedente di calcolatrici programmabili, le famose (?) quanto indimenticabili (??) HP 67 e 97
A queste quattro porte potevamo collegare di tutto. Dalla stampante termica al lettore di codice a barre, dal modulo real time clock fino alla porta a raggi infrarossi che consentiva la comunicazione wireless con altri dispositivi, compresa una specifica stampante futuribile giunta sul mercato un po' di anni dopo.
C'era poi l'innovativa scheda HP-IL (Interface Loop) che, come dice il suo nome, permetteva l'interfacciamento di più periferiche (fino a 31) collegandole tra loro ad anello, similmente a quanto avveniva con la tecnologia Token Ring. Dalla calcolatrice al primo dispositivo, da questo al secondo, dal secondo al terzo, e così via fino al collegamento di ritorno dall'ultimo dispositivo nuovamente alla HP 41C.
Le periferiche intelligenti dotate di questa interfaccia comprendevano, tra le varie, una sofisticata unità di memorizzazione digitale a nastri magnetici (microcassette), una stampante HP-IL specifica (esteticamente identica a quella normale) e finanche un'interfaccia TV per visualizzare gli output su schermo televisivo. Tutte cose che oggi fanno sorridere, ma che all'epoca... commuovevano!
Coppi o Bartali?!?
Chi, sul finire degli anni '70, ha avuto a che fare con queste bestioline ricorderà che esistevano due soli produttori e due distinte scuole di pensiero. Le HP si rifacevano alla cosiddetta Notazione Polacca Inversa (RPN) le Texas al più umano Sistema Operativo Algebrico (SOA). Disquisire su quale dei due sistemi fosse il migliore era come scegliere tra Coppi e Bartali. È chiaro che chi aveva una HP parteggiava per il primo, i possessori di Texas - come il sottoscritto - assolutamente per il secondo.
Vantaggi e svantaggi dei due sistemi erano noti. Con l'RPN i calcoli si facevano più velocemente, nel senso che era sufficiente digitare un numero minore di tasti (dal momento che una parte del lavoro lo faceva preventivamente il nostro cervello...). Con il SOA, viceversa, non era richiesto alcuno sforzo interpretativo, dal momento che anche le espressioni più complicate si digitavano esattamente come erano scritte, parentesi comprese che nella Notazione Polacca Inversa non esistevano proprio.
Anche una semplice somma, in RPN, poteva diventare impossibile per chi non conosceva il sistema. Per calcolare, ad esempio, 3+4 su una calcolatrice qualsiasi digitiamo 3, il tasto +, il numero 4 e otteniamo il risultato tramite il tasto =. In RPN no, la somma si fa così: digitiamo il primo addendo (3) lo spingiamo nella catasta con il tasto Enter, digitiamo il secondo addendo (4) e premiamo il tasto +.
I più attenti avranno certamente notato che in entrambi i casi per effettuare una semplice somma è necessario premere lo stesso numero di tasti. I vantaggi dell'RPN in tal senso si vedono per i calcoli più complessi, tipo quelli in cui sono presenti parentesi. Lì dobbiamo sbrogliare noi la matassa effettuando prima i calcoli delle parentesi interne per giungere al risultato finale procedendo a strati. Di fatto è come faremmo in un calcolo a mano, in cui certamente sappiamo noi cosa calcolare per prima o cosa dopo. È solo questione di prenderci la mano dopodiché - così dicevano gli HP-boys - si va sparati come un treno!
Vabbè... :-)))