dT n.13/2014 del 09.06.2014
Cornice stile Ritorno al futuro
JUN 15 1984


MC n. 31, trent'anni fa!

Su MC del giugno '84 si parla approfonditamente di Personal Robot come un fenomeno in via di esplosione. Non fu così.

Immagine_inline«I robot non fanno ancora parte della nostra vita quotidiana, anche se c'è chi sostiene che è solo questione di tempo». Con queste "belle parole" iniziava lo speciale Personal Robot, argomento centrale del numero 31 di MC, in edicola nel giugno 1984.

A distanza di trent'anni, c'è ancora da chiedersi se quella «questione di tempo», citata a suo tempo da Corrado Giustozzi, verrà mai quantificata. È noto infatti che a tutt'oggi, a parte qualche fido e instancabile aspirapolvere automatico, di robotica "personale" non è che se ne sia vista tanta in giro per le nostre case.

Che dite, ne riparliamo/riparlate (per chi ci sarà) tra altri sei lustri?!? :-)))

Personal Robot (a volte ritornano...)

Incredibile: l'editoriale di Nuti di MC n. 31 ha esattamente lo stesso titolo di quello del n. 28, di tre mesi prima. Diverso ovviamente il testo a seguire, anche se la musica di sottofondo pare proprio la stessa. È evidente che in Technimedia (per chi non lo sapesse - ma chi non lo sa? - era la casa editrice di MCmicrocomputer) stanno sondando il terreno per un'eventuale nuova avventura editoriale. C'è anche chi racconta - non ho prove provate per questo, allora ero un saltuario collaboratore esterno - che all'epoca addirittura registrarono la testata "Personal Robot", nell'ipotesi che qualcosa di interessante stesse lì, lì per esplodere dietro l'angolo.

«Se oggi la nostra fantasia è colpita dai primi personal robot androidi, che stanno facendo la loro comparsa anche in Italia, basta un attimo di riflessione per rendersi conto che la robotica domestica è un campo molto più vasto e tutto da esplorare. Dotato di sensori (per evitare ostacoli, o andare alla ricerca di sorgenti di calore, di suoni, di luci, di fughe di gas, etc), il personal robot potrà svegliarci la mattina portandoci il caffè, seguirci rispettosamente, o portare gli aperitivi agli ospiti, eseguire ordini verbali e rispondere a viva voce; sarà molto divertente, ma non è escluso che assuma rapidamente forme meno androidi, sempre più vicine a quelle dei carrelli e dei bracci robotizzati industriali».

Già, e magari innamorarsi prima o poi del/della proprio/a padrone/a, come succedeva in "Io e Caterina", curioso film del nostro grande Albertone!

Lo speciale

A guardare questa immagine, cosa vi viene in mente? Beh, una rivista. Con tanto di testata, immagini in copertina, strillo principale e strilli secondari, un reportage, ecc. ecc.

Eppure questa non è altro che pagina 51 di MC del giugno 84 e il bello è che a pagina 52 troviamo addirittura il sommario, con tanto di "1" ben in evidenza, quasi fosse realmente il primo numero di una rivista. Se non è un messaggio subliminale poco ci manca...!

In tutto sono 16 pagine, quello che in gergo tipografico viene detto "un sedicesimo" (non chiedetemi perché...). Credo non l'abbiano proposto come un inserto staccabile per questioni legate alle normative vigenti all'epoca - non so se valgono ancora - riguardanti tra l'altro la spedizione in abbonamento postale, sentiero sempre irto di spine per gli editori minori non attrezzati autonomamente.

Il primo articolo, intitolato "Il complesso di Frankenstein", è una bella carrellata del mondo robotico nella fantascienza scritta (libri) e diretta (cinema e teatro). Ovviamente il viaggio non può non iniziare da R.U.R., Robot Universali di Rossum, dramma sociale del 1921 scritto dal cecoslovacco Karel Capek che, per chi non lo sapesse, ha dato il nome ai dispositivi di questo tipo: i robot. Tale parola, come scriveva Giustozzi, «deriva dal cecoslovacco e sta per "lavoratore"; sulla scia del grande successo della versione inglese di R.U.R., il nuovo termine comincia a piacere e finisce col prendere rapidamente piede».

Segue l'immancabile (per una rivista) reportage con i prodotti che di lì a poco "invaderanno il mercato". L'occasione, assai ghiotta, è l'International Personal Robot Congress & Exposition, svoltosi due mesi prima (MC, all'epoca, ERA Internet!) in quel di Albuquerque (?), ridente cittadina statunitense di appena, per loro, 300.000 abitanti, in zona... Arizona!

Secondo quanto apprendo da MC - non si finisce mai di imparare... - «Albuquerque è famosa soprattutto per la vicinanza con Trinity Site, dove esplose il primo ordigno nucleare americano (ed è sede del National Atomic Museum), e per essere un po'... la patria delle mongolfiere. Ogni anno vi si tiene la International Hot Air Balloon Fiesta, uno spettacolare raduno di questi affascinanti e coloratissimi palloni che solcano il cielo in una singolare quanto, forse, anacronistica competizione».

Ah, però! :-)))

Tornando alla robotica domestica, si parla (finalmente) di nuovi prodotti, come l'Heath Company Hero 1 che più che altro sembra un aspirapolvere radiocomandato con in più, anzi in meno, il non trascurabile dettaglio che non aspira affatto - non si abbassava a tanto - ed è anch'esso alla ricerca di giusta collocazione.

«Il robot può essere dotato di vari tipi di sensori: ultrasonici per rivelare movimenti di oggetti o persone intorno a lui, luminosi che misurano la luce ambiente in 256 livelli dello spettro visibile, acustici in grado di rivelare e decodificare suoni fra 300 e 5000 hertz con 256 livelli di intensità. Inoltre è dotato di un sonar per determinare dimensioni e posizione di oggetti da 4 pollici a 8 piedi di distanza (grosso modo da 10 cm a 2 metri e mezzo) con una precisione di 0.4 pollici. Le ruote sono tre, di cui una sterzante: un sensore ottico provvede a misurare sempre la distanza percorsa: i movimenti sono ottenuti tramite 8 motori, di cui 7 di tipo passo-passo».

Nella pagina accanto si parla di RB5X, mostrato qui a lato, della (chi_l'ha_vista?) RB Robot Corporation.

Questo strano bombolone, senza crema ma con un bel mazzo di fiori in "mano", fu definito dal costruttore-oste come "il più bel personal robot sul mercato". Se lo dicono loro... :-)))

«Si collega tramite RS-232 a qualsiasi computer e usa un microprocessore INS 8073 con 8 K di RAM, che può essere espansa con 16 K aggiuntivi. Può individuare ostacoli grazie al sistema sonar Rangefinder della Polaroid ed è munito sia di sensori infrarossi sia di 8 "bumpers" che rilevano eventuali urti con oggetti arrestando il movimento del robot; i bumper possono essere utilizzati anche come... tasti per attuare uno specifico programma immagazzinato in RB5X. Può essere dotato di sintetizzatore vocale, di un braccio articolato (cinque assi) e, se viene usato con un Apple II, di scheda per il riconoscimento della voce. Si programma in Tiny Basic, ma la RB ha recentemente presentato l'RCL (Robot Control Language) che secondo la documentazione consente di "comunicare con il robot semplicemente in inglese"».

Androbot TOPO

Questo me lo ricordo proprio. Nel senso che l'ho conosciuto "di persona" nei sotterranei di MC, quando era situata in Via Valsolda (naturalmente a Roma) e io facevo mensilmente-o-quasi la spola da Pisa, dove ero impegnato (o quasi) per l'università.

Credo sia stato uno degli oggetti più inutili che mi sia capitato di vedere in vita mia. Privo di qualsiasi forma di intelligenza propria, nemmeno la più becera, praticamente non era altro che un goffo carrello a forma di pupazzo di plastica, telecomandato da computer per mezzo di un'interfaccia a raggi infrarossi, che chiaramente doveva essere posizionata a vista. Come dire che al massimo 'sto topo piroettava per la stanza, ma non certo per l'appartamento, a meno di non seguirlo con il "computer comandante" posizionato su una scrivania a rotelle, non senza fare i conti con la prolunga elettrica per questo. A quei tempi, infatti, i portatili praticamente non c'erano o se c'erano difficilmente erano alimentati a batteria. Insomma, un disastro progettuale da capo a... ruote.

Già, nonostante le forme vagamente umanoidi, non utilizzava certo le gambe per spostarsi ma, per la serie "così son tutti bravi!", due strane rotellone angolate che conferivano al coso un andamento ondulatorio e goffo.

Sentite qua: «I problemi fondamentali che si incontrano nella programmazione sono dovuti essenzialmente al non riconoscimento dell'ambiente esterno ed alla mancanza di feedback da Topo al computer: se sbagliate un comando e lui va a sbattere contro un muro non si ferma, ma continua ad eseguire i vari comandi con le ruote che slittano e, qualora In qualche modo riesca a distaccarsi dall'ostacolo, sbagliando ormai completamente il percorso. Altri problemi si possono incontrare quando si vogliono organizzare programmi particolarmente articolati. Ad esempio, Topo possiede le istruzioni che gli dicono di aspettare di essersi fermato per parlare, o di aver finito di parlare per ripartire. Ma non è possibile dirgli di cominciare a parlare (senza fermarsi) dopo aver percorso un metro: si può cercare di ovviare via software, ma il tutto è abbastanza laborioso e bisogna andare per tentativi per avvicinarsi il più possibile al risultato richiesto. Non serve spezzare il comando di movimento, perché comincerebbe a parlare appena ricevuto il primo comando, quindi pochi istanti dopo la partenza; la soluzione migliore è probabilmente quella di inserire un certo numero di pause all'inizio del discorso. La situazione si complica qualora si desideri, ad esempio, che Topo cominci a parlare quando manca un certo tempo all'arrivo nel punto prefissato, specie se le strade che può percorrere sono di diversa lunghezza... ».

Il tutto, interfacce e software compresi, per "soli" quattro milioncini di lire più iva, che se non sono 5-6000 euro di oggi poco ci manca. Ma per farci cosa?!?

Boh...

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Andrea de Prisco - AdP

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