Il buco nero dell'informazione
Stiamo rischiando di perdere tutti i nostri contenuti 'salvati', i quali tutto sono meno che realmente al sicuro. E se lo dice Google.
Incredibile, finanche Big G se n'è accorta. Dell'annosa (ma che dico annosa, secolosa! :-))) questione me n'ero già occupato qualche annetto fa in queste pagine web. Stiamo rischiando, seriamente, di perdere tutti i nostri contenuti salvati, i quali tutto sono meno che realmente al sicuro.
A dirlo è (anche, come vedremo... ;-) il qui presente Vinton Gray Cerf, non un qualsiasi «mister pizza & fichi», ma appena-appena il vice presidente di Google, nonché uno dei padri di Internet: Stiamo gettando tutti i nostri dati in quello che potrebbe essere un buco nero digitale, quello che non capiamo è che, a meno che non vengano intraprese altre azioni, queste versioni digitali rischiano seriamente di andar perse per sempre: se avete foto a cui tenete particolarmente, salvatele... stampandole.
Bello, no?!?
Noi, inteso come genere umano, è da millenni che salviamo i nostri ricordi. Dai i graffiti su pietra ai papiri, dalle antiche pergamene alla più recente carta stampata nelle sue varie implementazioni in sæcula sæculorum, senza porci il problema, in passato, se il ricordo tracciato fosse realmente fruibile in futuro. E il bello, come dicevo a suo tempo, è che più il sistema di salvataggio è antico più è durato e destinato a durare, più è moderno, più diventa effimero. Oggi la questione è diventata seria: cosa rimarrà ai nostri posteri del mondo digitale moderno? Siamo sicuri che tra uno o due secoli - e non mi sbilancio oltre - i nostri posteri potranno risalire a quanto succedeva negli anni 2000, allo stesso modo di come noi possiamo vedere il 900, l'800, il 700 e i secoli addietro?
C'era (?) una volta...
C'era, c'era, e come se c'era! Il punto è se potremo ripetere lo stesso incipit anche in futuro. Non è catastrofismo tecnologico: il problema non solo esiste oggi ma è anche già esistito, nel suo piccolo, nei primi anni del nostro cammino digitale. All'inizio era realmente il caos: la parola compatibilità, tanto per esser chiari, o non esisteva ancora oppure era utilizzata poco e spesso a sproposito.
Da qualche parte in casa mia - tanto per fare un esempio terra terra - sono sicuro di avere ancora le cassette audio con i miei programmi e i dati del VIC-20... frase per la quale oggi già ci vuole un po' di tempo anche solo per fare capire, a chi è appena una ventina d'anni più giovane di me, comunque più che adulto, di cosa cazzarola sto parlando. Figuriamoci entrare nel merito e porsi la questione di come accedere - adesso e perché no in futuro - a queste informazioni a suo tempo salvate.
Naturalmente lo stesso vale per i dischi audio (che siano in vinile o compact disc poco cambia, il problema non riguarda soltanto il digitale propriamente detto) o per le riprese foto e video dei vari compleanni/comunione/cresima dei pupi che, un giorno nonni, difficilmente saranno in grado di far vedere tali scene di oggi ai loro nipotini di domani.
Eppure la foto dei miei nonni, felici e contenti nel giorno delle loro nozze, per quanto un po' ingiallite dal tempo (ma a suo tempo abilmente salvate nel grosso e polveroso baule in soffitta) sono ancora a disposizione. E se avessi avuto origini nobili, chissà, magari avrei appesi in casa da qualche parte analoghi oli su tela di avi ben più avi, tuttora fruibili ad occhio nudo... come Dio comanda.
Salviamo il salvante
Già, una delle questioni cardine è proprio la seguente: se dobbiamo utilizzare un mezzo tecnologico per salvare qualcosa (che sia in forma analogica o digitale poco importa) il mezzo stesso diventa parte integrante del salvataggio. Che me ne faccio di una cassetta audio con dei dati, di un vinile, di un CD, di una videocassetta, di un nastro magnetico di un antico centro di calcolo (qui in foto), ecc, ecc, se non ho più a disposizione il dispositivo per accedervi?
E ora che è quasi tutto digitale o digitalizzato, pensate che siamo realmente più al sicuro da questo punto di vista? Purtroppo no. Anche rinnovando il salvataggio generazione dopo generazione (tecnologica) limitandoci a continui backup di backup su mezzi più alla moda... non ci mettiamo realmente al riparo dal danno, un giorno, di non potervi accedere nuovamente.
(mentre non sono svaniti nel nulla e sono tuttora fruibilissimi né i papiri babilonesi né le incisioni su roccia del paleolitico, né i geroglifici egiziani di chissà quanti millenni fa)
La pergamena... digitale!
È positivo però che stiamo, inteso sempre come genere umano, cominciando a porci seriamente il problema. E che il grido disperato parta da Google in persona non è di poco conto: «Quando si pensa alla quantità di documenti presenti nelle nostre vite quotidiane e immagazzinati in forma digitale, come le email, i tweet e tutto il web, è chiaro che potremmo perdere una grossa fetta della nostra storia - prosegue Vint Cerf - e non vogliamo che le nostre vite digitali scompaiano. Se vogliamo preservarle dobbiamo assicurarci che gli oggetti digitali che creiamo oggi siano ancora accessibili nel futuro. La soluzione - propone il vicepresidente di Google - è fare uno snapshot profondo, che immortali - termine quanto mai azzeccato, ndr - nello stesso scatto tanto il contenuto quanto l’applicazione per decifrarlo e il sistema operativo necessario, insieme alla descrizione della macchina su cui questo sistema operativo lavora». Questo snapshot, che lo stesso Cerf ha battezzato pergamena digitale, «consentirà di accedere al passato nel futuro».