L’IBM PC… Allùngabol
Stavolta parliamo, seriamente, di uno dei laptop più attesi (e particolari) presentati nella seconda metà degli anni ottanta: il 'PC Convertible' di Big Blue.
Iniziamo con qualche info cronologica. Fu presentato da IBM al Winter Comdex di Los Angeles, nell’aprile dell’ottantasei e almeno inizialmente doveva rimanere un prodotto destinato solo al mercato interno, statunitense. Da noi arrivò non meno di un anno dopo, ribattezzato IBM Ventiquattrore, forse ad evidenziare le dimensioni esterne paragonabili a quelle delle omonime valigette-must dell’epoca, seppur (in questo caso) immaginate a sviluppo verticale. Non mi sembra una gran trovata: da solito post-polemico, avrei preferito di gran lunga il nome originario.
Peraltro Convertible metteva in evidenza una prima caratteristica peculiare di questo attrezzo, ovvero la possibilità di sfilare il display LCD (ovviamente fornito a corredo) e utilizzare il laptop - non più tale - con un monitor esterno, proprio come un PC fisso: in questo consisteva il suo essere convertibile.
Viceversa, come laptop vero e proprio aveva la caratteristica unica di essere allungabile, nel senso che i moduli di interfacciamento, compresa una stampante dedicata, si agganciavano sul fondo, uno di seguito all’altro e nell’ordine desiderato. Un connettore dedicato, disponibile maschio-femmina su tutti gli aggiuntivi, veicolava il bus delle periferiche, naturalmente proprietario.
C’era il modulo con le porte seriale e parallela (ebbene sì, nemmeno queste erano direttamente disponibili!), quello con scheda video e relative uscite (per utilizzare, come detto, un monitor esterno monocromatico o a colori) e la stampante… che proprio non si capisce perché dovesse stare inchiodata lì a complicare l’ingombro. Nelle foto potete ammirare un Allùngable (pardon, Convertible) nella sua massima estensione. Mi viene davvero difficile continuare a chiamarlo laptop così conciato. Vabbè!
Il processore, tipico a quei tempi, era il consueto 8088 in versione CMOS, quindi a basso consumo. La RAM poteva essere da 256 o 512 KB (in realtà arrivava anche a 640, volendo) e aveva la particolarità di essere entro certi limiti non volatile, nel senso che un minimo di alimentazione poteva non perdere dati e programmi non salvati, e quindi era possibile sospendere il lavoro per riprenderlo in pochi istanti in qualsiasi momento. Batteria permettendo… magari anche tenendo, nel frattempo, le dita incrociate!
Nessun hard disk, come era consuetudine nei primi laptop, ma solo due unità floppy disk da 3.5’’ (peraltro esse stesse una novità in casa IBM, almeno per il mercato occidentale). Si affacciavano sul frontale, tra tastiera (ottima, come consuetudine IBM) e display appena sufficiente, come spesso capitava a quei tempi. Infatti la scappatoia del monitor esterno… aveva il suo perché!
Tornando al display LCD, la risoluzione era di 640x200 pixel con una la visibilità, come dicevo, non proprio eccellente per usare un eufemismo. Con in più l’aggravante che non si poteva nemmeno orientare a piacere, quindi o ci si trovava nelle giuste condizioni di illuminazione ambiente… o diventava complicato lavorarci senza problemi. Per non dire peggio.
So per certo (pur non avendolo mai visto con i miei occhi, ma girano foto e video a testimonianza dell’esistenza) che fu prodotto anche in versione backlight, cosa che risolveva certamente il problema visibilità, seppur a scapito dell’autonomia mobile. Che, con il display standard, poteva arrivare anche a 10 ore: non poco con le batterie (e i chip) dell’epoca.