Quel giorno con Newton
Non per parlare di gravità... ma per sgranare gli occhi davanti a una tecnologia che prometteva di cambiare, in punta di stilo, le nostre abitudini digitali.
Ricordo bene il mio primo incontro con Newton, fu quanto mai emozionante. Si svolse presso la sede italiana di Apple, dove i vari giornalisti dell’epoca (e delle varie testate) venivano singolarmente convocati per un bilaterale col pupo in questione, a nostra esclusiva disposizione per un intero giorno. Un evento proprio importante, nel settembre 1993, per toccare con mano una tecnologia emergente che prometteva interessanti sviluppi. Come certamente è stato, molte generazioni dopo, col solito (infallibile) senno di poi.
Sin dalle prime mosse si avvertiva la netta sensazione di avere a che fare con una entità tecnologica ben diversa dalle solite cui eravamo abituati da anni. Mi spiego: Newton, per la prima volta, era capace di comprendere (e apprendere) più che essere solo uno strumento passivo al nostro servizio. In palmo di mano era disponibile una tecnologia in grado di analizzare la nostra scrittura manuale (trasformandola immediatamente in testo ASCII) nonché di rendere più ordinati e puliti gli schizzi buttati giù con lo stilo sul display. In pratica distingueva un quasi quadrato da un quasi rettangolo, o un cerchio mancato da un’ellisse voluta.
L’apprendimento della nostra scrittura avveniva per fasi successive. Ebbene sì, almeno inizialmente era indispensabile un po’ di pazienza. Newton, infatti, era in grado di riconoscere la nostra scrittura entro determinati paletti imposti dalla tecnologia, o per meglio dire dalla potenza disponibile all’epoca. Ad esempio, era necessario dichiarare per tutte le lettere dell'alfabeto e le cifre decimali in quali dei modi possibili (preimpostati) era più probabile che le avremmo scritte. Ad esempio per la lettera A erano visualizzati 14 grafie di scrittura differenti (6 maiuscole e 8 minuscole) e toccando con lo stilo ognuna delle 14 lettere A bisognava indicare se quel determinato modo di scrittura era utilizzato da noi o meno. Newton, infatti, non basava il riconoscimento dei caratteri soltanto sull'immagine formata ma anche, o dovremmo dire soprattutto, sul percorso effettuato con la pennina per tracciarla.
Terminata questa prima fase si passava alla verifica sulle parole. Newton proponeva di scrivere un certo numero di termini per capire fondamentalmente come collegavamo tra loro le lettere. Parole che il sistema proponeva una di seguito all'altra, esprimendo un giudizio sul livello di comprensione. Se non riconosceva nella parola scritta da noi quella che aveva richiesto, venivamo rimproverati con un severo Poor mostrandoci quello che, secondo lui, era stato interpretato. Viceversa, se eravamo stati più fedeli alle nostre precedenti dichiarazioni (in fase di apprendimento delle lettere) venivamo premiati con un rassicurante Excellent. In pratica ci si addestrava a vicenda: Newton imparava la nostra scrittura e, soprattutto, noi imparavamo a farci capire da Newton.
La terza e ultima fase di apprendimento avveniva durante l'utilizzo stesso. Scrivendo sul display, Newton sostituiva via via con il testo ASCII le parole tracciate a mano, basandosi su quanto da lui imparato nelle precedenti fasi. Se qualche parola differiva dalle nostre intenzioni, bastava evidenziarla con lo stilo e richiamare la tastiera software per correggerlo. Inutile dire che il tutto veniva ulteriormente messo agli atti per rendere con l’uso il riconoscimento della scrittura sempre più accurato.
Infine, tramite la sua scheda opzionale Fax/Modem era possibile, sempre in punta di stilo, inviare e ricevere fax, mentre grazie alla sua porta AppleTalk ci si poteva collegare in rete con Macintosh e PC per trasferire file o utilizzare qualsiasi stampante condivisa. Sul display del piccolo Newton vidi con i miei occhi le stampanti nelle sedi europee della Apple, tutte pronte a stampare, operazione effettuabile pochi secondi dopo aver collegato al mostriciattolo una saponetta AppleTalk testé scippata a un Macintosh nella sede italiana. Oggi, non so perché, mi sarebbe salito un brivido di preoccupazione davanti a uno scenario simile.
I tempi, si sa, cambiano!