TI-99/4A, «l’altro»
Non si vive(va) di soli ZX e VIC, all'epoca c'era un terzo competitor che provò a dare serio filo da torcere agli altri due. Sappiamo come è andata...
TI, chiaramente, stava per Texas-Instruments. In quegli anni azienda nota ai più per le calcolatrici programmabili e agli addetti ai lavori per i chip: pare fosse il maggiore produttore di semiconduttori al mondo, utilizzati dappertutto… anche nei computer “seri” che la stessa Texas proponeva. Inclusi alcuni minicomputer, dove il prefisso mini, sempre a quei tempi, non aveva l’accezione che avrebbe oggi. Un minicomputer a quei tempi poteva tranquillamente essere grande come un frigorifero, un’inezia rispetto allo stanzone necessario per ospitare un mainframe.
Meno chiaro è il 4 dopo 99. Continuando a rovistare sul Web non ho trovato precedenti /2 o /3 - solo ipotesi di macchine successive semplificate, mai nate - né tantomeno versioni iniziali lisce della stessa. Viceversa è noto il suffisso “A” finale, in quanto la macchina che tutti ricordano fu l’evoluzione del modello 99/4 (e basta) nato un paio d’anni prima e affetto da qualche problema esistenziale di troppo, come spesso capita ai dispositivi prima maniera.
Il modello senza A nacque nel 79 e rappresentò - col senno di poi - un tentativo mal riuscito di aggredire quel mercato, in cui già la facevano da padrone i magnifici tre: Apple II, PET e TRS-80. Era un mix di soluzioni altamente interessanti e altamente… criticabili. Lato utente offriva una tastiera stile calcolatrice, poco adatta a un home computer. Inoltre non rispettava le norme FCC (Federal Communications Commission, naturalmente USA) sulle interferenze. Il problema riguardava il modulatore RF, scarsamente schermato, per collegarsi tramite cavo antenna a un normale TV. La soluzione finale, visto che l’ok FCC non arrivava, fu quella di vendere il computerino assieme a un suo monitor specifico, il che fece lievitare troppo il prezzo di accesso: 1.150 dollari di allora, pari a quasi 4.000 euri di oggi! Per farla breve ebbe uno scarso, scarsissimo, successo di vendite. Come riporta Zia Wiki inglese «… la macchina è stata accolta con disprezzo quasi universale quando è stata rilasciata. Ogni recensione si lamentava della tastiera, della mancanza di caratteri minuscoli, di qualsiasi tipo di espansione e della mancanza di software».
Minkia!!!
Con la versione 4A la musica cambiò parecchio. Oltre a risolvere i problemi di interferenze del modulatore RF venne finalmente integrata una tastiera “vera” (seppur non del tutto standard) e si diede ampio riscontro alle critiche sulla scarsa espandibilità prevedendo perfino un gigantesco box di espansione, dal look forse eccessivamente professcional.
Comunque, una delle caratteristiche interessanti (comune a entrambi i modelli) è stata anche quella più incompresa, tanto dagli utenti quanto dagli addetti ai lavori. Come processore c’era un chip Texas, il TMS9900, un vero 16 bit la cui architettura veniva utilizzata in alcuni minicomputer dell’Azienda. Purtroppo all’interno dei TI-99 questa CPU fu sfruttata poco e male. Si interfacciava realmente a 16 bit solo con la ROM di sistema - non con le espansioni - e con una minima sezione RAM di appena 256 byte. Era utilizzata per i 16 registri utente generici del processore, cosa che si era già vista su alcune soluzioni minicomputer. La rimanente architettura era a 8 bit, quindi per caricare una singola istruzione a 16 bit dalla RAM si “consumavano” due cicli di clock… prima di iniziare a ragionarci per l’esecuzione vera e propria. Questo dimezzava o quasi la velocità potenziale della macchina, ma come immaginabile la soluzione alternativa full 16 bit (e più corretta tecnologicamente) sarebbe stata troppo costosa. O controproducente per altre ragioni, chissà!
La fine della meteora TI-99/4A si concretizzò con la guerra a colpi di ribassi con Commodore, che portò il suo Vic-20 a costare meno di 100 dollari. A quel prezzo, pur di rimanere sul mercato, la macchina Texas veniva venduta sotto costo e questo non poté continuare a lungo.
L’Ei fu si scrisse nel marzo 84: in tutto ne furono spedite quasi 3 milioni di “copie”.
Obiettivamente non poche!