Articolo pubblicato sul n. 150 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) nell'aprile 1995

MCmicrocomputer


Digital Imaging:
Filtri digitali

di Andrea de Prisco

Per chi si occupa di fotografia, quella tradizionale, la parola "filtro" ha un ben preciso significato: i filtri sono quegli strumenti ottici da avvitare davanti all'obiettivo della macchina fotografica grazie ai quali possiamo modificare o correggere in fase di ripresa la nostra immagine. Sia che fotografiate a colori, che in bianco Copertina del numero di MCmicrocomputer contenente l'articoloe nero, per ogni situazione fotografica esiste almeno un filtro da utilizzare per modificare, come sempre grazie all'insostituibile contributo della vostra creativita' (e non certo per merito del solo foglietto di istruzioni allegato allo strumento), il risultato finale. Tanto per fare un esempio, state effettuando alcune riprese al tramonto, ma non siete interessati alla tipica colorazione rossastra della luce ambiente: niente paura, con un apposito filtro azzurro potete alzare il sole sopra di voi, rispedendolo indietro di alcune ore (cromaticamente parlando!). Analogamente possiamo aggiungere alle nostre immagini, sempre al momento della ripresa, alcuni "effetti speciali", come la morbidezza di un effetto flou, o enfatizzare i riflessi luminosi con un filtro cross-screen che produce luminescenze a forma di stella.
Certo, controllando attraverso il mirino della nostra macchina fotografica possiamo verificare che l'effetto finale sia proprio quello desiderato, ma nessun ripensamento sara' ammissibile una volta concesso il fatidico click.
Grazie alla fotografia digitale, intesa oggi come naturale continuazione di quella tradizionale, potremo dimenticare una volta per tutti i filtri ottici per effettuare sulle nostre immagini, dopo la ripresa, tutte le correzioni e le elaborazioni che vogliamo. Il vantaggio e' evidente: a parte le maggiori possibilita' offerte, come vedremo, dai sistemi digitali, cio' che differenzia maggiormente la filtratura ottica in fase di ripresa dalla filtratura digitale di "post produzione" e' che possiamo mettere e togliere i vari effetti tutte le volte che vogliamo, lavorando sull'immagine di partenza e verificando sul video i risultati via via raggiunti. Non solo, possiamo addirittura applicare un determinato filtro non all'intera immagine ma solo ad una parte di essa, definendo il livello di intervento, per enfatizzare una particolare zona o per mettere maggiormente in risalto il soggetto principale.
I filtri digitali, messi a disposizione dai programmi di elaborazione fotografica, possono, se vogliamo, essere divisi in due categorie: le implementazioni digitali di filtri o procedimenti gia' appartenenti alla fotografia tradizione (come la correzione cromatica, il controllo della sfocatura, la solarizzazione, l'effetto bassorilievo, la separazione tonale e tanti altri ancora) e i filtri digitali propri della moderna tecnologia, che permettono di realizzare in pochi istanti "effetti speciali" irrealizzabili con i metodi tradizionali, o talmente tanto complessi da rendere l'impiego praticamente impossibile.
Nel corso di questo primo articolo sui filtri digitali (ne seguiranno altri, vista la vastita' dell'argomento) mostreremo alcuni esempi di elaborazione digitale, andando a pescare sia nella prima che nella seconda categoria prima evidenziata. Non sara', come al solito, una trattazione esaustiva dell'argomento, avendo come unico scopo quello di stimolare la vostra creativita', suggerendovi di provare a realizzare elaborazioni di questo tipo sulle vostre immagini. E non tralasciate, come sempre, di inviarci i risultati (o le immagini da elaborare): da questo mese, come vedrete piu' avanti nell'articolo, pubblichiamo anche i vostri contributi. Contenti?

Entrando nel merito

Un filtro digitale, per quanto possa sembrare strano, altro non e' che un procedimento matematico (un algoritmo, una funzione) che trasforma un insieme di numeri in un altro insieme, sempre di numeri. L'insieme da cui partiamo e' l'immagine prima dell'applicazione del filtro, quello d'arrivo e' l'immagine dopo la trasformazione. Non bisogna dimenticare, infatti, che una fotografia digitale e' un'immensa sequenza di numeri che rappresentano i milioni di pixel di cui, si spera, l'immagine e' formata. Per le immagini digitali a 16.7 milioni di colori, come noto, sono necessari ventiquattro bit (tre byte) per ogni pixel: da cio' e' facile calcolare che per rappresentare un'immagine formata da un milione di punti sono necessari tre milioni byte. In generale, un filtro digitale non esegue la sua trasformazione trattando singolarmente un pixel per volta (questo succede solo per le applicazioni piu' semplici, come un modifica cromatica o di luminosita'/contrasto) ma utilizzando piccole porzioni di immagine di partenza per generare ogni singolo pixel dell'immagine di destinazione. Ad esempio, per sfocare un'immagine, ogni pixel dell'immagine finale sara' funzione non del solo pixel corrispondente nell'immagine iniziale ma di un piccolo insieme di punti adiacenti al pixel trattato.
Piu' il filtro e' matematicamente complesso (riguardo sia il tipo che la quantita' di operazioni necessarie per la sua esecuzione) piu' tempo sara' necessario per la sua applicazione. Il tutto, naturalmente, linearmente dipendente anche dalla quantita' di byte trattati, ovvero dalle dimensioni dell'immagine da elaborare (o della porzione selezionata interessata alla trasformazione). Per immagini di dimensioni ancora umane, dell'ordine di pochi milioni di pixel, l'applicazione di un filtro digitale puo' durare da alcuni secondi ad alcuni minuti. Ovviamente tale tempo dipende anche velocita' del computer e, badate bene, anche dalla quantita' di memoria RAM disponibile per l'applicazione. Molti programmi di elaborazione digitale delle immagini, proprio in virtu' del fatto che le stesse occupano generalmente svariati megabyte, nel caso assai probabile che la RAM non sia sufficiente utilizzano l'hard disk come memoria virtuale (spesso in maniera indipendente dai settaggi di sistema) effettuando continui scambi RAM-disco fino al completamento dell'operazione. Se l'operazione e' piuttosto complessa, e' consigliabile andare a prendersi un buon caffe' nel bar dall'altro lato della citta'! L'unica consolazione (qui i romani penseranno, giustamente, al tipico "aglietto riconsolatore") se vogliamo e' data dalla considerazione che per quanto lento e ingolfato sia il nostro computer, per quanto tempo questo impieghi per portare a termine una qualsiasi trasformazione digitale, questo sara' comunque una frazione del tempo necessario (sempreche' possibile) per effettuare la stessa operazione con i metodi tradizionali in camera oscura. Come volevasi dimostrare...

New York, New York

Come primo esempio di trattamento digitale corrispondente ad un procedimento noto anche nella fotografia tradizionale, abbiamo preso l'immagine di figura 1 per ottenere l'effetto bassorilievo mostrato in figura 2. L'immagine, per la cronaca, mostra una delle viste di New York dalla cima dell'Empire State Building, sicuramente il grattacelo piu' famoso della "Grande Mela" (calma, qui la Apple non c'entra niente!).
L'effetto bassorilievo elimina ogni informazione relativa al colore e traccia un contorno nero o un contorno bianco (a seconda della direzione di un'ipotetica illuminazione) lungo tutte le zone di separazione cromatica dell'immagine originale. E' possibile, naturalmente, indicare lo "spessore" del rilievo e, come detto, la direzione. Per direzioni comprese tra 0 e 180 gradi l'immagine sembra "uscire in fuori", per valori compresi tra 180 e 360 gradi apparira' come scolpita all'interno. Questo filtro digitale e' anche uno dei piu' semplici (algoritmicamente parlando) e l'esecuzione in genere non dura che pochi secondi, anche per immagini di dimensioni medio-grandi.
In figura 3 e' mostrato un altro simbolo di New York, la statua dorata del Rockfeller Center. Una prima elaborazione di questa immagine e' mostrata in figura 5 e riguarda il filtro "Cristallizza" , che ha come effetto il raggruppamento dei pixel in una forma poligonale di colore uniforme e dimensione variabile. Visivamente parlando, l'effetto di cristallizzazione (come suggerisce anche il suo nome) potrebbe essere simulato sovrapponendo alla nostra immagine una lastra di vetro dalle superfici irregolari, come quelle installate (tanto per capirci) in alcune porte o pareti a vetro.
Leggermente piu' complesso del precedente filtro "Rilievo", il filtro "Cristallizza" impegnera' maggiormente il nostro computer: si tratta, in ogni caso, di un effetto digitale che non puo' essere utilizzato con qualsiasi tipo di immagine, ma soprattutto per quelle ricche di contrasti cromatici.
In figura 5 e' mostrato il risultato di una serie combinata di tecniche che comprendono sia l'applicazione di un filtro digitale, sia alcune manovre correttive (nel momento in cui scrivo, e' una parola che va molto di moda) per migliorare l'aspetto finale.
La prima operazione da compiere sara' quella di selezionare la statua con uno dei procedimenti illustrati nelle scorse puntate. Visto il sufficiente contrasto cromatico soggetto-sfondo si puo' utilizzare la famosa "bacchetta magica", ma anche procedendo manualmente con lo strumento lazo (visto che non e' richiesta la precisione assoluta nello scontorno) si ottiene analogamente il risultato desiderato. Terminata questa prima, fondamentale, fase, dovremo invertire la selezione per selezionare il solo sfondo sul quale applicare il filtro. L'effetto si chiama "spirale" ed e', per certi versi, parente stretto del filtro "onda" utilizzato lo scorso mese per "frullare" i colori della farfalla mostrata in quell'articolo. Possiamo definire l'angolo di rotazione della nostra spirale (fino a 999 gradi!) e naturalmente anche il verso. Maggiore e' l'angolo, minore risultera' la leggibilita' dell'immagine dopo la trasformazione (qui il paragone con il frullatore regge ancor di piu'...). Avendo escluso dalla selezione la statua dorata, otterremo come risultato la trasformazione solo della porzione di immagine attorno al soggetto. Per rendere l'effetto ancora piu' sofisticato e per meglio fondere la statua, immobile, con il resto dell'immagine in pieno turbinio, con lo strumento "Sfumino" (graficamente rappresentato da un dito indice puntato verso l'immagine) siamo andati ad impastare delicatamente il suo perimetro, come mostrato in figura 5. Tocco finale, l'aggiunta di una stella luminosa centrata sulla mano della statua, realizzata tramite un ulteriore filtro digitale, non a caso denominato "Star". Inutile dirlo, di ogni luminescenza sintetizzata possiamo indicare il tipo, il numero e la lunghezza dei raggi, il diametro dell'alone luminoso e quello della sorgente di illuminazione centrale (ovvero della sua intensita'). Ma non basta, possiamo anche indicare il colore, l'intensita' dei raggi e l'eventuale semitrasparenza. Altro che filtro cross-screen della fotografia tradizionale...
In figura 6, per concludere la nostra gita a New York, e' mostrata l'applicazione di un altro filtro digitale denominato "Individua Profilo". Con tale filtro vengono individuate le aree dell'immagine caratterizzate da transazioni significative di colore per evidenziarne i contorni. Molto interessante (per ragioni di spazio non riusciamo ad inserire l'esempio) e' la possibilita' di invertire l'immagine dopo la trasformazione per avere simili tracce colorate su sfondo nero invece che bianco (su, con un po' di fantasia non e' difficile immaginare il risultato!)

Seminfermita' mentale

Una volta mi e' capitato di vedere un vero e proprio imbecille, maledettamente fortunato possessore di una Ferrari F40 (diconsi "quaranta": un giocattolino dal valore stimato prossimo al miliardo di lire) che con assoluta indifferenza e' sceso dal suo bolide per allontanarsi svariate decine di metri, lasciando la belva non solo in seconda fila e completamente aperta, ma addirittura col motore acceso tanto per farsi riconoscere anche dagli eventuali non vedenti capitati li' per caso o accorsi a godersi il bellissimo rombo. Federico Rocchi, collaboratore Technimedia per le testate di alta fedelta', commento' il mio racconto dicendo che non avrebbe esitato a montare su quella Ferrari per fare almeno un giro della piazza, sostenendo al termine la sua assoluta innocenza visto che in una macchina di quel tipo si puo' perdere completamente coscienza, o quantomeno la facolta' di intendere e di volere se non addirittura raggiungere la seminfermita' mentale. Non posso dargli torto, e a lui dedico la prossima fotoelaborazione "da sogno".
La fotografia originale e' mostrata in figura 7: e' una "misera" Ferrari da poche centinaia di milioni ripresa durante l'ultimo MotorShow di Bologna. Lo stand Ferrari al MotorShow e' naturalmente meta di tutti i visitatori, gli stessi tenuti piuttosto alla larga dalle preziose autovetture da vere e proprie transenne, come visibile (stampa tipografica permettendo) anche nell'immagine di cui sopra. E' chiaro che chiunque si avvicini allo stand Ferrari, se non e' per prenotare una "Rossa di Maranello" e' quantomeno per sognare di possederne una, magari immaginando di prendere una di quelle esposte e scappare via a razzo (in stato confusionale).
Come avrete gia' spiato in figura 8, abbiamo rubato la Ferrari schizzando via dallo stand a velocita'... digitale. Anzi," multidigitale" dal momento che sono state applicate piu' tecniche per ottenere il risultato cercato: un effetto "panning". Con tale termine si individuano quelle fotografie di oggetti in rapido movimento effettuate utilizzando un tempo di esposizione piuttosto lento (diciamo un quindicesimo di secondo) ma seguendo con l'apparecchio fotografico il movimento del soggetto. Come risultato otteniamo un soggetto piu' o meno fermo su uno sfondo piuttosto mosso, proprio ad evidenziare il movimento e la velocita' dello stesso.
Per eseguire la trasformazione, la prima operazione da compiere sara' (come sempre) la selezione della sola Ferrari, effettuata tramite lo strumento lazo. Anche in questo caso non occorre una precisione assoluta, considerato anche il fatto che l'immagine finale perdera' necessariamente dettaglio per mostrare l'effetto movimento. Una volta selezionata l'autovettura, invertiamo la selezione per elaborare lo sfondo e il pavimento dello stand. Applicheremo su questo l'effetto "mosso" indicando un numero di pixel piuttosto elevato, diciamo quindici, e una angolazione di movimento uguale all'ipotetica direzione (di fuga) della macchina. Il secondo passo riguarda la rotazione delle ruote, effettuata con l'utilizzo del filtro "Sfocatura Radiale". Le ruote vanno trattate una per volta, selezionandole come sempre con il lazo, circuendo non solo il bellissimo cerchione ma anche il pneumatico (saro' ignorante, ma mi rifiuto di scrivere "lo pneumatico") comprensivo di battistrada.
Visto pero' che in una fotografia in perfetto stile "panning" ben difficilmente riusciamo ad ottenere il soggetto principale completamente immobile sullo sfondo mosso, dal momento che avevamo gia' scontornato l'autovettura, diamo anche a questa una frullatina di mosso, impostando un livello di intervento appena percettibile.
Per finire, visto che nella foto originale e' ben visibile l'abitacolo vuoto, per evitare il panico di un pilota fantasma abbiamo mascherato il parabrezza con l'aggiunta di ulteriori riflessi dovuti all'illuminazione circostante. Il risultato, come sempre, giudicatelo voi.

Il frullatore programmabile

Piu volte, nelle pagine di Digital Imaging, e' stato scherzosamente utilizzato il verbo frullare ogni volta che abbiamo dato un rimescolamento digitale alle nostre immagini o a parte di esse. Molti filtri, infatti, non fanno altro che spostare pixel da un punto ad un altro, secondo un criterio ben preciso del quale possiamo al piu' variare alcuni parametri. Photoshop, che vede e provvede, mette a disposizione uno strumento potentissimo, la "mappa di spostamento" grazie al quale possiamo creare noi stessi una regola per ottenere un determinato "frullaggio". La mappa di spostamento e' in pratica un'immagine secondaria che determina la distorsione dell'immagine principale. Photoshop legge un valore dalla mappa di spostamento e lo utilizza per spostare un pixel nell'immagine da trattare. Poi passa al pixel successivo, che sara' spostato leggendo un secondo valore e cosi' via per tutta l'immagine utilizzando ciclicamente, a mo' di pattern, la mappa di spostamento. Un valore pari a 0 comporta il massimo spostamento negativo, 255 corrisponde ad uno spostamento positivo massimo mentre con 128 non si ha spostamento alcuno. Se la mappa e' monocromatica (utilizza un solo canale, un solo byte per pixel) la direzione di spostamento e' definita dalla diagonale della mappa stessa, se comprende almeno due canali il primo riguardera' gli spostamenti orizzontali, il secondo quelli verticali. Nelle figure 10, 11 e 12 sono mostrati tre esempi di utilizzo di mappe di spostamento sull'immagine originale mostrata in figura 9. Su ogni immagine e' stata sovrapposta anche la mappa utilizzata, scelta tra quelle gia' disponibili all'interno di Photoshop. Visto che l'argomento e' piuttosto complesso e non puo' essere esaurito in poche righe, considerate quest'ultimo paragrafo dell'articolo come una rapida anticipazione di questa tecnica che tratteremo piu' approfonditamente in seguito. Per ora vi do appuntamento al prossimo mese, dove parleremo ancora dei filtri digitali, mostrandovi come sempre diversi esempi di utilizzo. Piu' si scava in questo argomento, piu' si scopre un universo dalle dimensioni spaventosamente illimitate.


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