Articolo pubblicato sul n. 154 di
MCmicrocomputer
(Edizioni
Technimedia Srl - Roma) nel settembre 1995
Digital
Imaging:
Colore... stupore!
di
Andrea de Prisco
Dopo la
pausa del mese scorso, nella quale ci siamo occupati del
mondo digitale di Kodak e della recensione di una stampante
a sublimazione dal costo contenuto (la Fargo Primera Pro),
da questo numero riprendiamo a parlare di teorie e tecniche
del trattamento digitale delle immagini. L’argomento di
questo mese, come “strilla” il titolo dell’articolo,
riguarda l’aspetto cromatico. Non tanto dal punto di vista implementativo (di pixel, palette, numero di colori,
bit-plane & Co. ne abbiamo gia’ parlato in precedenza) ma
dal punto di vista dell’elaborazione digitale vera e
propria. Come intervenire, in altre parole, sulle nostre
immagini per correggere o modificare il colore alla ricerca
del risultato voluto. Che potra’ essere una “semplice”
eliminazione di una dominante cromatica, ma anche un vero e
proprio intervento selettivo sui colori per ridare vita ad
immagini “fiacche” o per modificare o scambiare, tutto
sommato con facilita’, i colori di cui e’ formata la nostra
foto.
Naturalmente anche in questo caso sara’ necessaria una breve
introduzione tecnica per essere certi che i procedimenti
illustrati in seguito siano chiari non solo per l’effetto
visivo che producono ma anche in relazione agli effetti
digitali sulla nostra immagine. Il colore, infatti, e’ uno
degli argomenti piu’ importanti della fotografia digitale e
gli interventi relativi a quest’aspetto non sono certo dei
piu’ facili.
Problemi
di sintesi
La sigla
RGB, probabilmente sara’ nota a molti dei nostri lettori.
Sono le iniziali di Red, Green e Blue (rosso, verde, blu), i
tre colori primari utilizzati, ad esempio, dai monitor e dai
televisori a colori. Per quanto possa apparentemente
sembrare strano con questi tre soli colori “primari” e’,
almeno teoricamente, possibile creare qualsiasi altro
colore, dal fucsia al giallo, dal viola al marrone e,
addirittura, dal bianco al nero. Tutti, proprio tutti, i
colori esistenti in natura possono essere codificati
(sintetizzati) attraverso una determinata terna di quantita’
di colore primario. Ad esempio con un blu al 60% e un verde
al 40% otteniamo un tenue azzurrino, se questo aggiungiamo
un 80% di rosso trasformiamo la nostra tinta in uno
splendido “rosa big-bubble”. Il bianco e’ rappresentato,
banalmente, dal 100% di rosso, il 100% di verde e il 100% di
blu mentre per il nero gli stessi valori sono posti a zero.
Impostando per i tre livelli valori intermedi uguali tra
loro otteniamo le varie sfumature di grigio. Sempre ad
esempio, con 50% di rosso, 50% di verde e 50% di blu
otteniamo un grigio 50% o, se preferite, grigio medio ne’
troppo chiaro ne’ troppo scuro.
Questa tecnica di codifica dei colori si chiama sintesi
additiva perche’ parte dal nero e aggiunge colori primari
per ottenere le varie sfumature cromatiche fino ad arrivare
al bianco... che piu’ bianco non si puo’.
Nel “pallogramma” della sintesi additiva mostrato nella
pagina a lato possiamo vedere come si combinano tra loro i
tre colori primari per ottenere le tinte composte. Nello
schema sono utilizzate le percentuali massime per ottenere
comunque colori al 100%. Rosso piu’ blu fa magenta, rosso
piu’ verde fa giallo, verde piu’ blu fa ciano. Infine rosso
piu’ verde piu’ blu fa bianco (mostrato al centro).
Esiste un’altra codifica cromatica denominata sintesi
sottrattiva la cui sigla e’ CMY. In questo caso le iniziali
riguardano i colori, poco prima citati, ciano, magenta e
giallo (yellow per gli anglosassoni). La sintesi
sottrattiva, rispetto alla tecnica precedentemente mostrata,
funziona esattamente al contrario. Invece di partire dal
nero aggiungendo colori primari, si parte dal bianco (che
come abbiamo visto e’ la somma di rosso, verde e blu nelle
loro massime percentuali) sottraendo a questo i colori
primari complementari (detti anche secondari) ciano, magenta
e giallo. La sintesi sottrattiva e’ quella utilizzata per la
stampa a colori (a getto di inchiostro, a sublimazione,
laser a colori, ma anche per quella tipografica) dove,
notoriamente, si parte dal bianco, il colore della carta,
aggiungendo a questa pigmenti colorati traslucidi in grado
di assorbire parte dello spettro cromatico. Anche in questo
caso si ottengono tutte (o quasi...) le sfumature cromatiche
combinando tra loro percentuali diverse dei colori
secondari. Per il nero, continuando a ragionare in maniera
opposta, e’ sufficiente utilizzare il 100% di giallo, il
100% di magenta e il 100% di ciano. In realta’, per ragioni
piu’ di carattere tecnologico che teorico, ai tre colori
secondari ne viene aggiunto un quarto, il nero, per
rafforzare le tinte intermedie e per evitare che il “nero
pieno” sia in realta’ un marroncino scurissimo ottenuto per
sottrazioni cromatiche non proprio perfette (la perfezione,
come noto, non appartiene certo al mondo tipografico!).
Esistono altri sistemi di codifica cromatica, come il metodo
L*a*b e il metodo HSB che si basano sulla cosiddetta “ruota
dei colori” (mostrata in alto a destra in questa pagina) che
raccoglie in pratica tutti i colori primari e secondari e il
loro livello di saturazione. Al centro della ruota c’e’ il
bianco, sul perimetro esterno equidistanti tra loro i tre
colori primari e in mezzo a questi i colori secondari
ottenuti per somma dei colori primari adiacenti. In mezzo vi
sono tutte le possibili combinazioni di colori primari e
secondari. Il metodo L*a*b codifica i colori indicando il
livello di luminosita’ “L” e due componenti cromatiche “a” e
“b” che indicano rispettivamente la variazione da verde a
rosso e da blu a giallo.
La codifica HSB (la sigla sta per Hue, Saturation,
Brigthness, tinta, saturazione, luminosita’) si basa
sull’indicazione, per ogni colore rappresentato, della sua
tinta (angolo sul perimetro della ruota del colore), sulla
sua saturazione (distanza dal centro della ruota) e sulla
sua luminosita’.
Comunque rappresentiamo le varie tinte, la nostra immagine a
colori rimane... la nostra immagine a colori e, problemi
tecnologici a parte (che pero’ non possiamo sottovalutare!),
possiamo intervenire su questa in vari modi per correggerla
o modificarla. Vedremo ora alcuni metodi messi a
disposizione da Photoshop 3.0 per il trattamento cromatico
delle nostre immagini, partendo dal piu’ spettacolare: la
funzione...
Variazioni
Se a
questo punto vi e’ chiaro il meccanismo delle sintesi
additiva e sottrattiva (riassunte, se vogliamo, nella gia
citata “ruota del colore”) dovrebbe essere altrettanto
immediato l’utilizzo della finestra “Variazioni” messa a
disposizione da Photoshop. All’interno di questa, in alto a
sinistra, sono mostrate l’immagine di partenza e l’immagine
modificata. Ovviamente all’inizio sono uguali non avendo
ancora effettuato alcuna modifica. Alla loro destra troviamo
selettore a pulsanti e un cursore. I pulsanti selezionano il
tipo di intervento sulle alte luci, sui mezzitoni, sulle
ombre o sulla saturazione cromatica. Il cursore sottostante
regola il livello di intervento.
Nella parte inferiore della finestra troviamo un vero e
proprio “navigatore cromatico” rappresentato da sette
miniature. Quella al centro riproduce l’immagine man mano
modificata, mentre le sei intorno rappresentano una rosa di
altrettante possibilita’ di variazione relative ai tre
colori primari e ai tre colori secondari. Ogni volta che
clicchiamo su una di queste immagini periferiche, la nostra
scelta vera’ posizionata al centro e proposta una nuova rosa
di possibilita’.
Se ad esempio la nostra foto e’ affetta da una dominante blu
dovremo cercare il giusto equilibrio cromatico nella
direzione opposta a quella del blu, ovvero verso il giallo.
Se cliccando una prima volta su questo colore non otteniamo
l’effetto desiderato possiamo continuare a muoverci in
quella direzione, tornare indietro o prendere eventualmente
un’altra strada. La nostra immagine, ad esempio potrebbe
essere affetta da una forte dominante blu e una meno
evidente dominante rossa. Magari quest’ultima si manifesta
solo dopo aver aggiunto tutto il giallo necessario: solo a
questo punto ci muoveremo verso il ciano (complementare del
rosso) continuando a cercare in questa direzione
l’equilibrio ottimale. Con analogo meccanismo possiamo
modificare la luminosita’ generale agendo sulle due
miniature “piu’ chiaro” e “piu’ scuro” mostrate a destra.
Solo quando diamo l’OK le modifiche apportate sulle
miniature verranno eseguite sull’immagine reale, il cui
tempo di esecuzione (da qualche secondo ad alcune decine di
secondi) varia in proporzione alle dimensioni di
quest’ultima.
Possiamo anche salvare il percorso effettuato per applicarlo
successivamente anche ad altre immagini: tale
automatizzazione della procedura e’ molto comoda quando
dobbiamo correggere una serie di immagini tutte affette dai
medesimi problemi cromatici (ad esempio se sono state tutte
digitalizzate con uno scanner non tarato).
Istogrammi e livelli
Prima di
agire cromaticamente su un’immagine digitale e’ opportuno
dare una controllatina all’equilibrio tonale della stessa.
Questo puo’ essere fatto visualizzando l’istogramma della
distribuzione della luminosita’ dei pixel di cui e’ composta
la nostra immagine. A colpo d’occhio possiamo, in questo
modo, capire subito se la nostra immagine ha una
distribuzione tonale equilibrata o e’ contraddistinta da una
maggiore presenza di pixel di alto o di basso livello di
luminosita’. Naturalmente un’immagine puo’ essere di per se’
piuttosto chiara o piuttosto scura, ma utilizzando la
funzione “Livelli” possiamo intervenire sulla stessa per
aumentare o diminuire il contrasto, la luminosita’ o, piu’
in generale, “rimappare” i livelli luminosi disponibili
sull’intero arco dei 256 valori possibili.
In un’immagine poco contrastata, ad esempio quella di figura
5, e’ possibile notare come siano presenti pixel solo in un
intervallo centrale dell’intera gamma disponibile (occhio
all’istogramma e alla lunghezza dell’asse sul quale e’
poggiato). Manca una zona iniziale (dal triangolino nero
all’inizio dell’istogramma) e una zona finale (dalla fine
dell’istogramma al triangolino bianco). Tale asse
rappresenta i livelli in input ovvero la nostra immagine
prima della trasformazione. Poco sotto a questo e’ presente
una barra graduata dal nero a bianco che rappresenta i
livelli in output. Muovendo i cursori (i triangolini) sulle
due barre possiamo “mappare” differentemente i livelli della
nostra immagine e quindi modificare l’equilibrio tonale.
Spostando ad esempio il triangolino nero superiore
all’inizio dell’istogramma e quello bianco alla fine (come
mostrato in figura 6) ridistribuiamo sull’intero intervallo
la luminosita’ dei pixel aumentando, di fatto, il contrasto
dell’immagine. Oltre ad intervenire sulle ombre (estremita’
sinistra dell’istogramma) e sulle luci (estremita’ destra)
e’ possibile modificare anche i toni medi, tramite il
triangolino centrale grigio. Spostandolo verso sinistra
(figura 7) l’immagine apparira’ piu’ chiara, spostandolo
verso destra (figura 8) apparira’ piu’ scura.
L’operazione di “rimappatura” dei livelli puo’,
analogamente, avvenire anche nel verso opposto, provocando
una diminuzione del contrasto. Sara’ sufficiente, in questo
caso, agire sui livelli di output utilizzando un intervallo
piu’ piccolo, spostando il triangolino nero e il triangolino
bianco lungo la barra inferiore. Puo’ essere utile, ad
esempio, per evitare di utilizzare il “bianco pieno”
corrispondente alla totale assenza di inchiostro di stampa
in alcuni punti della nostra immagine: i risultati migliori
si ottengono (seppur con una minima perdita di contrasto)
abbassando di qualche punto il livello di uscita massimo,
portandolo ad esempio da 255 a 250, evitando in questo modo
di lasciare zone di carta completamente vergini. Meglio un
“bianco meno bianco” che un bianco percettibilmente diverso,
non solo nel senso cromatico del termine, dalle altre zone
colorate della nostra immagine stampata.
Curve
Per
modificare in maniera piu’ dettagliata i livelli di ingresso
e di uscita della nostra immagine e’ possibile utilizzare la
funzione “Curve” che mostra graficamente una look-up table
(per gli amici LUT) completamente definibile dall’utente. A
differenza del metodo precedente, col quale possiamo
soltanto agire sulle luci, sulle ombre e sui mezzi toni,
richiamando la finestra “Curve” possiamo agire su qualsiasi
punto dell’intervallo tonale, impostando a nostro piacimento
una qualsiasi “rimappatura” di quest’ultimo. In figura 9 e’
mostrata il grafico di una LUT “identita’” che non effettua
alcuna trasformazione: e’ la “curva” che compare all’inizio
non appena richiamiamo la funzione. Possiamo a questo punto
“agganciare” uno o piu’ punti di questa (come mostrato in
figura 10) per modificarne la forma o tracciarne una ex-novo
(figura 11) con lo strumento matita presente nella medesima
finestra. Il significato della curva e’ piuttosto semplice.
L’asse X rappresenta i livelli di input l’asse Y i livelli
in output: la curva (modificata o tracciata ex-novo)
rappresenta la funzione di trasformazione che “mappa” i
livelli in ingresso in quelli in uscita. Una retta a 45
gradi (figura 9) non effettua alcuna trasformazione in
quanto “mappa” ogni possibile valore in ingresso nel
medesimo valore in uscita. Una retta con angolazione
maggiore provoca un aumento di contrasto, con angolazione
minore una diminuzione. La stessa retta traslata verso
l’alto schiarisce l’immagine, traslata verso il basso la
scurisce. Utilizzando una curva generica (come quelle delle
figg. 10, 11, 12) e’ possibile agire diversamente riguardo
la diminuzione o l’aumento di luminosita’ e contrasto in
ogni punto dell’intervallo tonale.
La figura 12, infine, mostra un intervento effettuato non su
tutti i colori ma relativo alla sola componente rossa.
Abbassando in quel modo la curva corrispondente a questo
colore, l’immagine assume una forte dominante ciano.
Cambiare
colore
Tutto
cio’ premesso, corretta cromaticamente e dal punto di vista
tonale la nostra immagine, proviamo ora a giocare un po’ coi
colori per vedere cosa si puo’ effettivamente fare.
Photoshop 3, nella sua infinita bonta’, mette a disposizione
alcuni strumenti molto potenti per intervenire
cromaticamente non sull’intera immagine ma selettivamente,
se lo desideriamo, solo su alcune tinte. La prima funzione
che mostreremo (ahime’, brevemente) si chiama “Sostituisci
colore” e mette ben in evidenza le sue intenzioni e
potenzialita’. Una volta richiamata la finestra di controllo
(mostrata in figura 13, in alto a sinistra) ci viene
proposta una miniatura della nostra immagine. Con lo
strumento contagocce possiamo prelevare una qualsiasi
“goccia” di colore dall’immagine originale che verra’
mostrata nel quadratino “Campione”. Gli altri due contagocce
contrassegnati da un segno “+” e un segno “-” servono per
aggiungere o togliere tinte da trattare.
A questo punto possiamo regolare la tonalita’, la
saturazione e la luminosita’ di tutti i punti della nostra
immagine che, cromaticamente parlando, rientrano nella
tolleranza indicata nella parte alta della finestra. In
figura 14 abbiamo modificato in verde l’azzurro selezionato
(si notino i diversi colori dei palloni) con una tolleranza
di intervento piuttosto ampia (il valore impostato in alto
e’ a quota 160). In figura 15, prelevando una goccia di
rosso dalla tuta del pupazzo in alto a sinistra e impostando
una tolleranza inferiore (in questo caso il valore e’ 66),
lo abbiamo “vestito” in azzurro. Anche in questo caso, come
negli esempi precedenti e in quelli che seguono, e’
possibile salvare la trasformazione operata per applicarla
automaticamente ad immagini successive.
Ad esempio potremmo voler cambiare colore d’abito ad una
persona ripresa in una serie di fotografie: messa a punto la
trasformazione sulla prima, possiamo riapplicarla
immediatamente anche alle altre.
Nel tempo di un click. Provare per credere!
Correzione selettiva del colore
Per i
“perfezionisti incontentabili” (come il sottoscritto)
Photoshop mette a disposizione anche uno strumento molto
potente che permette di agire selettivamente sui colori
primari, ma anche sui “neri” sui “bianchi” e sui “neutri”
per effettuare correzioni molto mirate. Per ognuno di essi
possiamo cambiare completamente le carte in tavola,
indicando le variazioni di ciano, magenta, giallo e nero
senza che queste interessino le altre tinte presenti nella
nostra immagine.
Ad esempio per rendere piu’ azzurri gli occhi di una bella
ragazza possiamo aumentare le componenti ciano e magenta dei
blu, ma allo stesso modo, per trasformare gli occhi azzurri
in occhi verdi, sara’ sufficiente togliere completamente il
magenta e aumentare il ciano e il giallo, sempre e solo
dalle tinte blu.
Piu’ interessante appare la possibilita’ di “ripulire” i
soli bianchi e/o i soli neri evventualmente caratterizzate
da impurita’ cromatiche quali possono essere le leggere
dominanti. Utilizzando la correzione selettiva del colore,
se ad esempio le parti bianche sono affette da un colorito
lievemente rossastro possiamo togliere tale dominante solo
dai bianchi senza diminuire la quantita’ di rosso nelle
altre parti colorate della nostra immagine. La potenza non
e’ acqua...
Altri
interventi
Le
regolazioni di tonalita’, saturazione e luminosita’ possono
essere applicate anche all’intera immagine (o ad una
specifica selezione), come mostrato nelle figure 16, 17 e 18
presenti in questa pagina. Con la funzione
“Tonalita’/Saturazione” possiamo agire sull’intero spettro
cromatico o solo sulle componenti primarie e secondarie. Nel
primo caso selezioneremo il pulsante accanto alla scritta
“Composito”, altrimenti possiamo scegliere il colore da
modificare indicato e visualizzato sotto a questo. Cliccando
su un punto qualsiasi della nostra immagine, trasferiremo
una “goccia” di colore nella casella “Campione” per
verificare l’effetto della trasformazione su quella tinta
(anche se le modifiche riguardano comunque tutta l’immagine
o la sola parte eventualmente selezionata).
Grazie alla possibilita’ di attivare l’anteprima si puo’
costantemente controllare a video l’effetto fino a quel
momento raggiunto. Come per le altre regolazioni mostrate
precedentemente, la trasformazione sull’immagine reale
avviene dopo l’OK, per un tempo variabile in funzione delle
dimensioni di quest’ultima.
Cliccando, infine, sul bottone “Colora” (come mostrato in
figura 18) possiamo effettuare una sorta di viraggio
cromatico, nel nostro caso verde, ma possibile per tutte le
tinte. La tonalita’ e’ sempre espressa in gradi angolari (da
-180 a +180) e... per non perdere la bussola e’ sempre
conveniente tenere sottocchio, o quanto meno a mente, la
ruota dei colori mostrata a pagina 285. Solo cosi’ potremo
verificare che dopo il giallo c’e’ il verde, seguito dal
ciano, dal blu, dal magenta e dal rosso... a sua volta
seguito dal giallo, dal verde, dal ciano... (se no, che
ruota e’?).
Buon divertimento!
(Riquadro)
Calibrare, calibrare, calibrare!
Per non
avere brutte sorprese la cosa piu’ importante e’, senza
dubbio, la calibrazione del sistema scanner, computer,
monitor, stampante. Ovviamente il primo e l’ultimo elemento
della catena digitale possono anche differire da quelli
indicati: un’immagine da trattare digitalmente, infatti, non
sempre viene acquisita tramite scanner, ma puo’ ad esempio
essere letta gia’ in formato numerico da un supporto
magnetico o ottico (ad esempio il Photo CD della Kodak).
Analogamente la stampante non e’ detto che sia la nostra
periferica a colori collegata al computer ma puo’ essere
qualsiasi altro apparato che accetta in ingresso file in
formato digitale per produrre “uscite” di vario tipo.
Compreso, ad esempio, le Lynotronic atte a produrre
selezioni in quadricromia su pellicola (per la successiva
stampa tipografica) o un film recorder che restituisce su
pellicola fotografica tradizionale la nostra immagine
digitale elaborata e corretta.
A tutto questo va comunque aggiunto che la “assoluta”
corrispondenza cromatica tra quanto visualizzato su monitor
e quel che effettivamente vedremo al termine della catena
digitale rimane, a mio avviso, un sogno irrealizzabile. Non
foss’altro perche’ un monitor e’ comunque un oggetto che
emette “luce propria” mentre una stampa su carta mostra la
sua immagine per riflessione. Quindi, se da una parte e’
necessario calibrare il proprio sistema comunque nel
migliore dei modi, e’ altrettanto vero che per raggiungere
risultati tecnicamente perfetti l’occhio e la nostra
esperienza non possono certo essere messi da parte.
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