Articolo pubblicato sul n. 155 di
MCmicrocomputer
(Edizioni
Technimedia Srl - Roma) nell'ottobre 1995
Digital
Imaging:
Pixel Parade
di
Andrea de Prisco
Si parla
spesso di immagini ad alta o a bassa risoluzione, ma molto
difficilmente si da' a questi due aggettivi una
quantificazione "assoluta". Quand'e' che un'immagine puo'
essere definita, realmente, ad alta definizione? Ovviamente
non esiste alcuno standard di misura riconosciuto e, quando
si dice "tutto e' relativo", nel nostro caso "alta" e
"bassa" non identificano caratteristiche assolute ma solo
una sorta di misurazione comparativa in relazione ad altre
immagini.
Volendo ricercare a tutti i costi un termine di paragone,
potremmo rivolgerci proprio al nostro originale fotografico
prima della digitalizzazione. Come noto le immagini di
questo tipo sono anch'esse formate da una sorta di pixel, i
granuli d'alogenuro d'argento, opportunamente colorati per
ottenere le sfumature cromatiche. A differenza, pero', di
un'immagine digitale, in questo caso i pixel (i granuli),
hanno dimensione variabile e una disposizione "casuale".
Ingrandendo un negativo 10 volte (stampando ad esempio un
fotogramma 24x36 mm su un foglio 24x36 cm), la grana
fotografica risulta visibile anche ad occhio nudo e ad
ingrandimenti ancora superiori comincia ad essere
addirittura fastidiosa.
Alla luce di questo non trascurabile "handicap naturale",
l'accanimento antitecnologico riguardante la presunta
perdita di dettaglio nel passaggio da immagine tradizionale
a file digitale puo' tranquillamente essere messo da parte.
E' sufficiente, infatti, digitalizzare le nostre immagini ad
una risoluzione maggiore o uguale a quella originaria
(dovuta alla presenza della grana) per dormire sonni
tranquilli. In quest'ottica potremmo allora definire ad alta
risoluzione un'immagine digitale che non ha subito perdita
di definizione durante la scannerizzazione e a bassa
risoluzione se alcuni particolari originari non sono piu'
riconoscibili. Ma rimaniamo sempre nel campo della
relativita', in quanto tutto dipende dall'originale
fotografico, dalla sua risoluzione e, naturalmente, dal suo
formato. Un conto e', infatti, digitalizzare un fotogramma
24x36 mm, ben altro e' la scannerizzazione di un formato
maggiore, come il 6x6 (cm) o 4x5 (pollici). Oltre a questo,
utilizzando pellicole ad alta sensibilita' la grana e' piu'
vistosa (e la risoluzione piu' bassa), mentre con le
pellicole da pochi ISO la grana e' molto piccola e la
risoluzione elevatissima.
Sembra un mondo, quello della risoluzione grafica,
apparentemente complicato e pieno zeppo di calcoli e
riporti. Fortunatamente le cose non stanno affatto cosi',
specialmente dopo aver chiarito alcuni concetti
fondamentali. Non dimentichiamo, infatti, che un computer e'
fatto per fare calcoli e non certo per lasciarli fare a noi.
Con le immagini digitali, poi, ci si puo' veramente
sbizzarrire. Oltre a poter (ovviamente) ridurre la
risoluzione delle immagini, diminuendo il numero di pixel di
cui questa e' formata, e' anche possibile "aumentarla". L'ho
scritto tra virgolette in quanto l'aumento e' (altrettanto
ovviamente) solo apparente, ma quanto basta per farci fessi,
felici e contenti. E' un altro goal a favore del digitale:
ingrandendo sempre piu' un'immagine tradizionale prima o poi
soffriremo dell'effetto grana, effettuando la stessa
operazione in digitale potremo mantenere la dimensione dei
pixel sotto la soglia di visibilita'. Provare per credere!
Pollici e pixel per pollice
Osservate attentamente il vostro pollice. Preferibilmente
quello della mano destra, piu' vigoroso (per i mancini il
sinistro). Provate a contare da quanti pixel e' composto...
Chiedo scusa per l'idiozia, ma oggi e' il 9 agosto e non
rispondo, dunque, delle mie azioni (lo SMAU al 21 settembre
ci sta massacrando: leggasi "niente ferie!!!"). Impostata "a
palla" l'aria condizionata qui in redazione, proviamo,
comunque, ad andare avanti.
Un'immagine digitale e' notoriamente formata da pixel
(acronimo, per chi non lo sapesse, di picture element). Piu'
pixel sono contenuti in un'immagine, piu' questa risulta
essere ad alta risoluzione: anche questo e' risaputo, anche
se... e' assolutamente FALSO! Cerchiamo di capire perche'.
La risoluzione di un'immagine digitale si misura in pixel
per pollice. Naturalmente e' anche possibile misurarla in
pixel per centimetro o pixel per millimetro, ma la prima
(per merito o demerito dei soliti anglosassoni prepotenti!)
e' certamente la piu' diffusa ed universalmente
riconosciuta.
Per fare qualche esempio, la risoluzione tipica di una
stampante laser e' di 300 o 600 punti per pollice (per
brevita' dpi), un monitor a colori si ferma di solito a
quota 72, mentre un procedimento di stampa diretto su
pellicola fotografica - la fotorestituzione - puo'
tranquillamente raggiungere anche lo stimatissimo valore di
2000 o 4000 dpi.
Conoscendo la risoluzione di un'immagine espressa -
preferibilmente - in dpi (punti per pollice) e la sua
dimensione e' possibile calcolare da quanti pixel questa e'
composta. Sapendo che un pollice e' pari a 2.54 cm (per
semplicita' arrotonderemo tale valore a due centimetri e
mezzo), di quanti pixel e' formata un'immagine 10x15 cm
digitalizzata a 300 dpi? Facciamo un conteggio approssimato:
se un pollice e' pari a due centimetri e mezzo, la nostra
immagine da 10x15 cm misurata col sistema anglosassone ha le
dimensioni di 4x6 pollici (all'incirca). Dato che la
risoluzione e' di 300 dpi, in 4 pollici "ci stanno" 1200
(300x4) pixel e in 6 pollici 1800 (300x6). Banalmente la
nostra immagine sara' formata da 1200x1800 punti pari alla
ragguardevole cifra (un attimo che prendo la calcolatrice
per non sbagliare...) di 2.160.000 pixel.
Un'immagine di dimensioni doppie (nel nostro esempio 20x30
cm) conterra' una quadrupla quantita' di pixel in quanto
quest'ultimi sono direttamente proporzionali all'area della
nostra immagine. Per gli appassionati di matematica possiamo
anche aggiungere che il numero di pixel di un'immagine e'
proporzionale al quadrato delle sue dimensioni lineari,
quindi un'immagine di dimensioni triple conterra' un numero
di pixel nove volte maggiore. Per verificare il procedimento
- qualora ne esista il bisogno - proviamo a fare altri due
conticini.
Partiamo da un'immagine tre volte piu' grande, 30x45 cm, e
riapplichiamo il procedimento di prima. La risoluzione e'
ancora, per semplicita', di 300 dpi e continuiamo a
considerare un pollice pari a due centimetri e mezzo. Trenta
centimetri sono approssimativamente 12 pollici e
quarantacinque centimetri sono, sempre approssimativamente
18 pollici. Dodici per trecento fa 3.600 e diciotto per
trecento fa 5400. La nostra megaimmagine sara' composta
dalla bellezza di 3.600x5.400 pixel pari all'astronomica
cifra di 19.440.000 punti. Esattamente nove volte di piu'
del precedente esempio (dimensione immagine 10x15 cm) e non
poteva essere diversamente visto che questi ultimi calcoli
sono stati fatti per un'immagine di dimensioni triple (tre
al quadrato fa nove). Prima smentita: ad un numero maggiore
di pixel non corrisponde una maggiore risoluzione se aumenta
proporzionalmente anche l'area dell'immagine.
Proviamo a questo punto a muoverci diversamente: lasciamo
invariate le dimensioni e modifichiamo la risoluzione.
Invece di 300 punti per pollice proviamo con il triplo: 900
dpi. Visto che continuiamo a considerare la misura
anglosassone pari a due centimetri e mezzo, partendo da
10x15 cm ci ritroviamo ancora una volta 4x6 pollici. Questa
volta li dobbiamo moltiplicare per 900, ottenendo come
dimensioni rispettivamente 3.600 (4x900) e 5.400 (6x900)
pixel. Moltiplicando questi due valori otteniamo, come
sempre, la quantita' totale di punti di cui e' formata la
nostra immagine: 19.440.000 pixel. In questo caso ad un
aumento del numero di pixel corrisponde anche una maggiore
risoluzione visto che le dimensioni sono rimaste invariate
(siamo passati, come visto, da 300 a 900 dpi).
Non so se avete notato, il valore teste' calcolato e'
esattamente pari a quello che abbiamo ottenuto partendo da
un'immagine di dimensioni triple (30x45 cm) ad una
risoluzione tre volte inferiore (300 dpi in luogo di 900
dpi). In altre parole, dal punto di vista del computer
(generalmente cieco e anche particolarmente tonto) le due
immagini hanno esattamente la stessa dimensione, anche se la
prima e' un'immagine grande ad una risoluzione piu' o meno
normale, mentre la seconda e' un'immagine piccola a
risoluzione molto elevata (900 dpi sono veramente una bella
cifra!).
Il problema della risoluzione espressa in dpi e delle
dimensioni espresse in pollici e' in un certo senso
"estraneo" al computer. Si presenta, in altre parole, solo
quando la nostra immagine "esce" - da quei meandri - per
essere stampata o riprodotta su qualsiasi tipo di supporto.
E' chiaro che su un foglio di carta (o su una pellicola) tra
un'immagine di 10x15 cm a 900 dpi ed una a di 30x45 cm a 300
dpi la differenza e' ben evidente! Non foss'altro perche'
nel secondo caso la nostra stampa avra' i lati tre volte
piu' grandi e una superficie nove volte maggiore. Poi
possiamo anche notare, se vogliamo, che nel primo caso la
risoluzione e' maggiore, ma credo che la differenza piu'
evidente sia proprio la dimensione esterna. Da questo
comunque si evince che due immagini formate dallo stesso
numero di pixel, avendo dimensioni differenti, hanno anche
differenti risoluzioni. Considerare quindi quest'ultima in
qualche modo collegata o proporzionale al numero di pixel e'
un errore. Non grave, ma comunque e' un errore.
Dimensioni e risoluzione
Dimensioni e risoluzione, come abbiamo visto, vanno
generalmente a braccetto. Per tagliare la testa al toro e
cercare di semplificare ulteriormente le cose si usa
identificare la quantita' di informazione contenuta in
un'immagine digitale direttamente con la sua occupazione in
memoria. Molto spesso si sente dire - per fare un esempio -
che un determinato scanner "produce" file da 20 o 30
megabyte piuttosto che specificare la risoluzione in punti
per pollice e l'area effettivamente scannerizzata.
Tale forma di semplificazione - tecnicamente, se vogliamo,
un po' troppo maccheronica - ha la sua ragion d'essere
considerato il fatto che quasi tutti i sistemi di
digitalizzazione, trattamento, memorizzazione e stampa di
immagini digitali lavorano a 24 bit/pixel per garantire i
canonici 16.7 milioni di colori della codifica "true color".
Questo anche quando internamente operano con una maggiore
definizione cromatica (anche trenta bit/pixel o piu') per
manipolare le immagini piu' finemente e produrre file in
uscita sempre a 24 bit/pixel. Visto che 24 bit sono pari a 3
byte, per passare dall'occupazione in memoria al numero
effettivo di pixel sara' sufficiente dividere per tre le
dimensioni in megabyte (si spera!) della nostra immagine. Un
file da 30 mega equivale ad un'immagine composta da circa
dieci milioni di pixel, ma nulla possiamo asserire riguardo
le sue dimensioni e la sua effettiva risoluzione in punti
per pollice. Se questo non e' un problema dal punto di vista
del (tonto) computer - come abbiamo visto prima a "lui" poco
importa di quest'aspetto - potrebbe esserlo per una
stampante o un qualsiasi altro dispositivo di uscita. Non
possiamo dire alla nostra periferica di stampare... questi
dieci milioni di pixel, perche' comunque gli stessi vanno
visti con giusto metro, conoscendo anche le dimensioni
dell'immagine o la sua risoluzione in punti per pollice.
Detto in altre parole, un'immagine digitale non e' formata
solo da una distesa di pixel "nudi e crudi", ma questi sono
sempre accompagnati dalla risoluzione e dalle dimensioni
della stessa.
Nelle figure 3A e 3B sono mostrate le finestre di Photoshop
che consente sia di conoscere risoluzione, dimensioni e
occupazione in memoria della nostra immagine, sia di variare
uno o piu' parametri in maniera "collegata" o "libera".
Possiamo cambiare la risoluzione senza modificare
l'occupazione in memoria della nostra immagine o variarla a
nostro piacere. Nel primo caso, visto che il numero di pixel
non cambia, aumentando la risoluzione diminuiscono le
dimensioni e viceversa. Se un'immagine da 10x15 cm ha una
risoluzione di 300 punti per pollice, portando quest'ultima
a 600 senza cambiare la quantita' totale di pixel le sue
dimensioni si dimezzeranno: diventera' 5x7.5 cm.
Cambiare le dimensioni o la risoluzione di un immagine in
maniera "collegata" (come nel caso precedente) non comporta
alcuna trasformazione sui pixel. Il computer si limitera'
semplicemente a cambiare le informazioni di dimensione e
risoluzione secondo la nuova impostazione. Le modifiche
effettuate in maniera "libera" (o "scollegata") provocano
una trasformazione sui pixel che possono aumentare o
diminuire secondo le nostre impostazioni. Se passiamo, ad
esempio, da un'immagine 10x15 cm a 300 punti per pollice ad
una di pari dimensioni ma a risoluzione doppia (600 dpi) il
computer dovra' creare la nuova immagine - composta, come
abbiamo visto, da un numero quattro volte maggiore di pixel
- partendo dalla prima e generando secondo un preciso
algoritmo i punti mancanti. Punti che possono essere
"brutalmente" generati duplicando i pixel adiacenti
(ottenendo un risultato banale e deludente) o lavorando
opportunamente su sottoinsiemi dell'immagine cercando una
giusta interpolazione dei punti mancanti.
Cosi' una linea curva (vedi figure 1 e 2) non solo rimarra'
tale (ci mancherebbe altro!) ma addirittura sfuttera' la
maggiore risoluzione per apparire con una minore
scalettatura dovuta ai pixel. La figura 1 infatti,
rappresenta un particolare di un'immagine a bassa
risoluzione, 100 punti per pollice. In figura 2, la stessa
immagine e' stata portata a 200 punti per pollice lasciando
invariate le dimensioni. Secondo il ragionamento prima
fatto, raddoppiando la risoluzione si quadruplica il numero
di pixel di cui l'immagine e' formata. I pixel in piu'
vengono utilizzati per "migliorare" la risoluzione apparente
dell'immagine. Se osservate da una distanza via via
crescente le sue immagini noterete come quella di destra
nasconda la scalettatura dei pixel prima dell'altra grazie
al numero maggiore di punti sapientemente utilizzati dal
programma durante l'aumento di risoluzione.
E con le
immagini fotografiche?
La
domanda, tutto sommato e' piu' che legittima. Un conto e',
infatti, una linea curva, diverso potrebbe essere il
discorso per le immagini fotografiche. Nelle figure 4, 5 e 6
e' mostrato un secondo esempio prendendo come riferimento
un'immagine reale. E' un particolare ingrandito di un occhio
di una bambina digitalizzato prima a 1200 punti per pollice
(figura 5, in alto), poi a 600 dpi e infine e' stata presa
l'immagine a risoluzione piu' bassa e portata alla
risoluzione maggiore con l'algoritmo di interpolazione messo
a disposizione da Photoshop. Tra la prima e la terza
immagine (entrambe a 1200 punti per pollice) c'e' una bella
differenza, senza dubbio: la prima, infatti, e' ben piu'
definita. Ma provate a confrontare la seconda con la terza.
Non ritenete anche voi che quest'ultima sia "migliore" di
quella centrale? Eppure l'immagine di partenza e' sempre la
stessa: 600 punti per pollice, nel primo caso lasciati tali,
nel secondo magistralmente moltiplicati dall'algoritmo di
interpolazione utilizzato.
Photoshop mette a disposizione tre tipi di algoritmo per
modificare la risoluzione di un'immagine. Attraverso la
finestra "Preferenze generali" (figura 8) possiamo scegliere
tra l'interpolazione "Vicino piu' prossimo", "Bilineare" e "Bicubica".
La prima, semplice e veloce, e' il procedimento che effettua
il minor numero di calcoli per generare l'immagine
destinazione a partire dall'immagine sorgente. Il risultato
ottenibile con tale procedimento non e' certo esaltante.
L'interpolazione "Bicubica" offre i risultati migliori (e'
il procedimento di default nonche' quello utilizzato negli
esempi di quest'articolo), ma impegna maggiormente il
computer per la complessita' delle operazioni da svolgere.
L'algoritmo "Bilineare" si pone tra i due offrendo risultati
intermedi in tempi, comunque, ragionevoli. Tutto dipende
(come al solito) dalle dimensioni del file da trattare e
dalla potenza di calcolo offerta dal nostro sistema.
L'accanimento digitale
Esistono
alcuni casi in cui puo' essere assolutamente inutile
aumentare a dismisura la risoluzione utilizzata in
un'immagine digitale. Abbiamo detto nell'introduzione di
quest'articolo che la risoluzione dell'immagine fotografica
originale puo' essere utilizzato come parametro per
stabilire una risoluzione grafica che non implichi perdite
di dettaglio. Se, tanto per fare un esempio, a 1000 punti
per pollice i pixel della nostra immagine digitale sono piu'
piccoli della grana fotografica (che, in un certo senso,
determina la risoluzione dell'originale) e' inutile
digitalizzare a 2000 punti per pollice in quanto non
otterremo un maggior dettaglio rispetto al caso precedente.
Sarebbe costruire una casa "vera" con mattoni formato
"Lego", quando i comuni "foratini" sono piu' che sufficienti
per qualsiasi tipo di edificazione.
Un altro esempio di "accanimento digitale" riguarda uno dei
tanti utilizzi reali delle immagini in formato numerico. E'
il caso della stampa tipografica delle immagini, proprio
come quelle che avete davanti ai vostri occhi in questo
momento. Le macchine attuali di stampa non offrono
risoluzioni elevatissime, tant'e' che e' facile vedere anche
ad occhio nudo il retino necessario per ottenere le mezze
tinte. Se la tipografia, ad esempio, riesce a stampare solo
a 200 punti per pollice, e' inutile fornire loro immagini a
risoluzioni maggiori visto che non ne trarremmo alcun
beneficio tangibile.
Per mostrare questo, osservate l'esempio mostrato a pagina
274 riguardante le tre immagini del bellissimo orologio Paul
Picot. L'immagine di partenza (figure 9 e 10) e' stata
digitalizzata a 200 punti per pollice. La figura 9
rappresenta un particolare ingrandito della figura 10. La
scalettatura delle ore e della marca dell'orologio (in
figura 9) e' ben evidente, ma e' praticamente invisibile
nell'immagine totale (figura 10). Anche utilizzando una
potente lente di ingrandimento, non vedremo la scalettatura,
ma al massimo il retino dovuto al tipo di stampa.
Proviamo, ora, ad aumentare la risoluzione dell'immagine di
partenza, portandola a 400 punti per pollice. Il risultato
e' mostrato nelle figure 11 e 12, come nel caso precedente
la prima immagine e' un particolare ingrandito della
seconda. Notate come la scalettatura (o, se preferite, la
dimensione dei pixel) sia meno visibile: la differenza,
pero', la potete notare solo nel particolare ingrandito.
Confrontando, infatti, la figura 10 con la figura 12 (a 200
e 400 dpi rispettivamente) non dovreste notare alcuna
differenza. Cio' e' dovuto al fatto che la maggiore
risoluzione della seconda immagine viene "cancellata" dalla
risoluzione offerta dalla stampa tipografica che nel nostro
esempio non va oltre i 200 dpi. Diverso e' il caso mostrato
nelle figure 13 e 14, dove la risoluzione e' stata
volutamente portata sotto il livello tipografico, a 100
punti per pollice. Nel particolare ingrandito (figura 14) la
differenza e' proprio macroscopica (confrontatela con i
particolari precedenti) ma e' comunque ben visibile anche
nell'immagine totale (figura 13).
In
conclusione
Giunti
al termine di questa breve carrellata sul mondo dei pixel e
della risoluzione grafica, dedichiamo ancora qualche riga
per alcune considerazioni finali. La qualita' di un'immagine
fotografica digitale, come abbiamo visto, non dipende solo
dal numero di pixel di cui questa e' formata ma dalla
risoluzione originaria determinata al momento della
digitalizzazione vera e propria. Partendo da un originale
fotografico, se impostiamo lo scanner a 300 punti per
pollice e sull'immagine cosi' ottenuta aumentiamo via
software la risoluzione a 600 dpi non otteniamo lo stesso
livello qualitativo di una digitalizzazione effettuata alla
risoluzione maggiore. Allo stesso tempo, pero', un'immagine
la cui risoluzione e' stata aumentata via software appare
(ai nostri occhi) qualitativamente migliore proprio per il
numero maggiore di punti, sapientemente interpolati
dall'algoritmo utilizzato dal programma.
Nella fotografia tradizionale, invece, il numero di pixel (i
granuli di alogenuro d'argento) e' determinato
esclusivamente dalla pellicola - negativa o positiva che sia
- e non esiste alcun modo per diminuire la dimensione della
grana al fine di renderla meno visibile dopo ad un forte
ingrandimento fotografico.
Cio' che non bisogna mai dimenticare e' che l'aumento di
risoluzione grafica, sebbene numericamente parlando
ineccepibile, e' solo apparente. Non e' possibile, infatti,
"creare" nuovi dettagli non gia' presenti nel file digitale
originario, ma solo "addolcire" le scalettature delle linee
curve o degli stessi particolari precedentemente visibili.
Tutto questo fino a quando i computer non verranno abilitati
a fare anche i miracoli...
Articolo pubblicato
su
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