Articolo pubblicato sul n. 164 di
MCmicrocomputer
(Edizioni
Technimedia Srl - Roma) nel luglio 1996
Digital
Imaging:
Phase One PhotoPhase CB66
di Andrea de Prisco
Se fino
allo scorso mese vi abbiamo presentato e mostrato in queste
pagine apparecchi di fotografia digitale di livello consumer
o poco piu', questa volta... vogliamo proprio esagerare!
Il prodotto di cui stiamo per parlarvi e' rivolto
esclusivamente all'utenza professionale: costa qualche
decina di milioni, ma - lo possiamo anticipare - li vale
sicuramente tutti. E' un dorso digitale per fotocamere Hasselblad (ma e' disponibile presso diversi distributori
anche per altre fotocamere professionali, comprese quelle a
banco ottico da studio) che si installa in sostituzione
della comune pellicola fotografica per ottenere
immediatamente immagini digitali di altissima qualita'.
Talmente alta da poter competere senza mezzi termini con la
stessa qualita' della fotografia tradizionale e, a detta di
qualcuno (affermazione difficilmente dimostrabile, ndr)
superandola di larga misura per quel che riguarda
definizione, microcontrasto e resa cromatica globale.
Possiamo, allora, cominciare a dire addio alla cara,
vecchia, indimenticabile pellicola chimica a base di
alogenuro d'argento? No di certo, la pellicola fotografica
ci accompagnera' ancora per molto prima di scomparire del
tutto dalle nostre abitudini - difficile ammetterlo, ma
prima o poi succedera' - almeno fino a quando non saranno
risolti alcuni problemi che affliggono l'attuale tecnologia
digitale limitandone (costi a parte) l'ampia diffusione.
Innanzitutto i dorsi digitali per le fotocamere tradizionali
non sono apparecchi "portatili": per poter funzionare
necessitano del collegamento con un personal computer che
immagazzina le immagini riprese e ne controlla/comanda
l'intero processo di funzionamento. Qualcuno si e' anche
attrezzato di notebook per le riprese in esterno... ma non
e' proprio la stessa cosa rispetto ai comuni dorsi
portapellicola che avanzano fotogramma dopo fotogramma al
massimo grazie al giro di una manovellina.
Il secondo grosso problema riguarda l'esposizione. Esistono
attualmente due tipi di dorsi digitali per fotocamere
professionali: i dorsi a scansione dotati di un CCD lineare
o tri-lineare (come il Phase One provato in queste pagine) e
quelli dotati di un CCD bidimensionale monocromatico o a
colori. La differenza, all'atto della ripresa, e'
fondamentale. I primi, in grado di fornire risoluzioni
elevatissime (decine di milioni di pixel per immagine)
lavorano come uno scanner piano in miniatura. Al momento
dello scatto parte la testina di lettura (situata sul piano
di messa a fuoco) che percorre l'intera superficie di
scansione in pochi minuti. Durante questo tempo l'oggetto
ripreso deve rimanere assolutamente immobile ed e' quindi
impossibile immortalare in digitale, utilizzando questa
tecnologia, qualsiasi soggetto animato. Dimenticate, quindi,
fotomodelle, animali e... orologi "carichi".
I dorsi digitali basati su CCD superficiale risolvono
parzialmente il problema dell'esposizione prolungata ma
offrono una risoluzione inferiore e sono offerti a un costo
ben piu' elevato. Dico "parzialmente" in quanto, come detto
prima, questo tipo di sensori sono a loro volta divisi in
due ulteriori sottocategorie: i sensori monocromatici e
quelli a colori. I primi riprendono solo immagini a livello
di grigio e per riprodurre le sfumature cromatiche sono
utilizzati in abbinamento a filtri colorati RGB. In questo
caso e' necessario effettuare tre scatti per ogni ripresa
(uno per colore primario), limitando nuovamente il campo di
utilizzo ai soli soggetti immobili.
I sensori superficiali a colori in realta'... non esistono
in quanto non sono altro che sensori monocromatici ai quali
e' stata abbinata durante il processo produttivo una
maschera formata da tanti microfiltri quanti sono i pixel
disponibili. Il sensore riesce a decifrare anche il colore a
discapito della risoluzione dovendo impiegare tre pixel
adiacenti (differentemente filtrati RGB) per riconoscere un
unico punto colorato dell'immagine finale. E come se non
bastasse, c'e' ancora un altro problema: i particolari
estremamente piccoli della nostra immagine (ad esempio un
capello sollevato della nostra modella) possono interessare
singoli pixel sul sensore CCD superficiale invece che triadi
cromatiche. Si ottiene, in questo modo, una lettura errata,
che provoca una vera e propria distorsione del colore: un
(singolo) capello biondo puo' apparire a tratti blu, a
tratti rosso, a tratti verde. Ma non si tratta di una nuova
moda...
PhotoPhase & Studio Kit
La
soluzione di proporre un dorso digitale "meccanicamente
compatibile" con le normali fotocamere professionali da
studio, oltre a rappresentare una soluzione valida sotto il
profilo economico (corpi macchina e obiettivi non cambiano e
non e' quindi necessario riacquistarli per passare al
digitale) tranquillizza il fotografo professionista che non
deve familiarizzare piu' di tanto con le nuove
strumentazioni di lavoro, almeno per quanto riguarda gli
aspetti della ripresa. L'apparecchio utilizzato sara' la
"sua" fotocamera con i "suoi" obiettivi che ben conosce e
puo' continuare ad utilizzare come sempre. Che l'immagini si
crei su un sensore CCD piuttosto che sulla pellicola
chimica, per certi aspetti, puo' anche passare in secondo
piano. Addirittura il "fotografo vero e proprio" potrebbe al
limite non occuparsi affatto degli aspetti informatici
delegando le operazioni di questo tipo ad un fido assistente
di studio. Con questo non voglio assolutamente dire che il
passaggio al digitale sia difficoltoso, ma semplicemente che
volendo (e sottolineo volendo) e' possibile mantenere
separate le due cose: le tradizionali tecniche di ripresa in
studio e l'uscita direttamente in digitale, senza passare
dalla pellicola chimica.
Quel che cambia e' necessariamente l'illuminazione del set
di ripresa, non piu' basata sui potenti flash elettronici ma
su illuminatori a luce continua perfettamente stabilizzati.
Con i flash da studio il fotografo posiziona le varie
sorgenti luminose sfruttando la lampada pilota,
dall'illuminazione continua, che permette di regolare
perfettamente luci e ombre. Con gli illuminatori per la
fotografia digitale (simili, se vogliamo, a quelli
utilizzati in cinematografia) il comportamento del fotografo
non sara' molto diverso dovendo posizionare i vari
riflettori allo stesso modo, contando in questo caso sulla
luce reale e non semplicemente su una sorta di anteprima
della "flesciata" finale.
E' importante che l'illuminazione sia perfettamente
stabilizzata onde evitare che durante l'esposizione si
abbiano variazioni di luce che verrebbero prontamente
registrate dal sensore CCD durante il suo movimento. Phase
One fornisce, oltre al dorso digitale, anche degli appositi
illuminatori "flicker-free" (esenti da sfarfallamento),
caratterizzati da una temperatura colore prossima alla luce
diurna (5.300° K) e sufficienti per riprese in studio a
diaframma f/22.
I dorsi digitali Phase One per fotocamere Hasselblad
attualmente disponibili sono due: PhotoPhase CB66 e SK66. Il
primo, oggetto di questa prova, raggiunge i 16 milioni di
pixel per immagine (4000x4000) e genera file da quasi 46
megabyte. Il modello inferiore (offerto conseguentemente ad
un prezzo piu' basso) si ferma a quota quattro milioni di
pixel (2000x2000), comunque sufficienti per immagini
fotografiche da utilizzare tipograficamente in medio
formato, diciamo fino a 15-20 centimetri di base. Per
entrambi i modelli l'area di esposizione e' esattamente
uguale al formato fotogramma originario (lo stesso
normalmente non succede con i sensori CCD superficiali) con
ovvio vantaggio per le focali degli obiettivi utilizzati che
continueranno ad inquadrare come con la pellicola
tradizionale.
Il dorso a media risoluzione SK66 e' fornito con una scheda
NuBus da inserire all'interno di un Macintosh, il modello
CB66 si collega alla porta standard SCSI attraverso un
modulo esterno denominato Camera Computer. Quest'ultimo
contiene un microprocessore dedicato per l'elaborazione
digitale e produce immagini a colori a 24 bit (il dorso
lavora a 36 bit pixel) in formato TIFF 6.0. La velocita' di
acquisizione del dorso ad alta risoluzione e' di 11 megabyte
minuto quindi un'esposizione alla massima risoluzione dura
poco piu' di quattro minuti.
Come detto nell'introduzione, i dorsi digitali Phase One
sono disponibili (presso differenti distributori) anche per
fotocamere diverse dall'Hasselblad. Esistono per le Zenza
Bronica, per le Mamiya, per le fotocamere Fuji e per gli
apparecchi a banco ottico formato 4"x5". Per queste ultime
la Phase One ha approntato anche una versione "Plus"
accreditata di caratteristiche davvero eccezionali. E' in
grado di catturare immagini all'incredibile velocita' di 30
MB al minuto con una sensibilita' relativa pari a 800 ISO.
Questa caratteristica, unita alla possibilita' di "scattare"
con un tempo d'esposizione virtuale di 1/15 di secondo (e'
il tempo di esposizione relativo alla singola linea
"catturata") e alla nuova tecnologia Phase One di Flicker
Suppression (l'eliminazione, ad opera del dorso digitale,
dello sfarfallio delle lampade) permette di scattare
immagini digitali anche utilizzando le normali lampade
pilota da 250 watt dei flash professionali da studio. La
risoluzione raggiunta dal PhotoPhase Plus e' di ben
5000x7200 pixel che corrisponde ad un file immagine di oltre
100 megabyte (gli incontentabili... sono accontentati!).
Incorpora due distinti microprocessori che si occupano di
gestire tutte le funzionalita' del dorso, compresa
l'interpolazione cromatica che genera file a 24 bit/pixel
partendo dalla conversione A/D di 36 bit/pixel (12 bit per
colore primario).
Il
software di gestione
Il
PhotoPhase e' composto da un modulo di alimentazione, dal
dorso vero e proprio (da agganciare alla fotocamera) e dal
Camera Computer che si interpone tra il modulo
d'acquisizione e il Macintosh che ne pilotera' le varie
funzioni di acquisizione immagine. Queste sono gestite
attraverso un apposito software del tutto simile a quelli
normalmente utilizzati dagli scanner tradizionali da tavolo.
Chi gia' ha avuto a che fare con apparecchi simili non
trovera' nessuna difficolta' nel pilotare anche il
PhotoPhase, chi e' completamente a digiuno di informatica
non fatichera' poi molto, visto che le varie funzionalita'
sono state semplificate al massimo da un'interfaccia utente
particolarmente semplice e immediata.
Tramite il software di gestione e' possibile visualizzare il
preview delle immagini prima della ripresa vera e propria,
regolare e correggere le dominanti cromatiche (nonche' il
contrasto e la luminosita'), selezionare le zone e i colori
delle alte luci e delle ombre, effettuare la "maschera di
contrasto" automatica (aumento della nitidezza apparente
tramite regolazione del microcontrasto). L'immagine ripresa
e' esportata automaticamente in Adobe Photoshop o in
qualsiasi altra applicazione in grado di leggere immagini
TIFF: il software di gestione include Agfa ColorTag e dieci
Agfa ColorLinks per la calibrazione e la selezione rapida in
quadricromia.
Posizionate le lampade, installato il dorso, gli altri
componenti hardware e lanciato il software di gestione, la
prima operazione da compiere sara' il bilanciamento
cromatico. Finanche questa delicata operazione si effettua
in pochi attimi ed e' sufficiente disporre di un cartoncino
grigio neutro (certificato tale, non un grigiolino qualsiasi
pescato chissa' dove!) da inquadrare e riprendere col dorso
digitale. Non importa quale sia la percentuale di nero
utilizzata, l'importante e' che la gradazione utilizzata sia
assolutamente neutra, caratterizzata cioe' da una pari
percentuale delle tre componenti cromatiche. In questo modo
il dorso si tara sull'effettiva illuminazione presente in
quel momento e compensa eventuali oscillazioni di risposta
(del tutto legittime in verita') dovute alla temperatura
ambiente, all'umidita' relativa e perfino allo stato di
utilizzo delle lampade o del sensore CCD (ammesso finanche
che si abbia una qualsiasi variazione cromatica dopo un uso
intensivo dell'intero sistema di ripresa).
La finestra principale del software di gestione (del tutto
simile, come detto, a quello di un comune scanner da tavolo)
mostra sul lato sinistro il preview dell'immagine. Sul lato
destro troviamo i controlli principali relativi alla
risoluzione utilizzata, all'esposizione, piu' alcuni
strumenti per individuare ombre e alte luci, regolare la
gradazione tonale, selezionare la zona immagine da
catturare.
Le operazioni di preview e di scansione sono richiamabili
anche dal dorso senza la necessita', per il fotografo, di
spostarsi dal luogo di ripresa per ogni immagine: se c'e'
una cosa di cui possiamo star certi e' che il dorso
PhotoPhase e' stato progettato e realizzato pensando piu' al
fotografo che al computer. E i risultati ottenibili non
fanno che confermare tale proposito: chi utilizza le
immagini per scopi professionali puo' essere disposto ad
accettare qualsiasi compromesso, purche' non riguardi la
qualita'. E' questa l'unica strada che puo' portare al
digitale. Un investimento iniziale elevato, col tempo, si
ammortizza: ma chi potrebbe mai accettare immagini
qualitativamente inferiori a quelle finora prodotte?
Probabilmente nessuno; e questo, in Phase One, lo sanno
proprio bene.
Phase One PhotoPhase
Produttore:
Phase One Denmark A/S
Roskildevej 39
DK - 2000 Frederiksberg - Danimarca.
Distributore:
Fowa Professional SpA
Via Tabacchi, 29
10132 Torino - Tel. 011/81441
Articolo pubblicato
su
www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni
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