Articolo pubblicato sul n. 166 di
MCmicrocomputer
(Edizioni
Technimedia Srl - Roma) nell'ottobre 1996
Digital
Imaging:
Polaroid PDC-2000
di Andrea de Prisco
Polaroid, da sempre impegnata nel campo della "fotografia
istantanea" (fu lo stesso Edwin Land, fondatore
dell'azienda, ad inventarla quasi cinquanta anni fa),
segue
con occhio attento e da lungo tempo anche la fotografia
digitale. Inizio' con i famosi "Palette", apparecchi
precursori degli attuali film recorder da tavolo, che
permettevano di riprodurre su
pellicola fotografica
(tradizionale o, naturalmente, a sviluppo istantaneo)
l'uscita video di un computer o di qualsiasi apparato di
"natura televisiva". La storia dei Polaroid Palette continua
tuttora: pochi mesi fa abbiamo provato in questa rubrica il
modello Pro 8000, specificatamente realizzato per ottenere
nelle riproduzioni la tanto attesa Qualita' Fotografica
(scritto in maiuscolo per dovuto rispetto). Nel corso dei
nostri test ha fornito risultati a dir poco eccellenti, ma
la cosa per la quale siamo rimasti maggiormente (nonche'
favorevolmente) sorpresi riguarda la facilita' d'uso e,
tanto per non smentir tradizione, la sua "immediatezza".
Colleghi l'apparecchio, installi il software, inserisci un
rullo di pellicola negativa o diapositiva e scatti: senza la
necessita' di effettuare alcuna noiosa taratura preventiva
(cosa comunque ampiamente prevista dall'apparecchio in caso
di necessita') e ottenendo subito risultati incredibilmente
fedeli.
Ma il vero cavallo di battaglia Polaroid, nel campo
digitale, e' stato senza ombra di dubbio lo SprintScan 35
(anch'esso provato tempo addietro sulle pagine di
MCmicrocomputer), uno scanner per pellicole formato 35mm,
campione di rapidita' (in Polaroid vanno sempre di corsa...)
che ha dato notevole filo da torcere sotto questo aspetto a
numerosi suoi concorrenti. La digitalizzazione di un
fotogramma negativo o di una diapositiva, grazie allo
SprintScan, non era piu' roba di minuti ma diventava
possibile in una manciata di secondi: venti, trenta, a
seconda della risoluzione utilizzabile, fino a 2700 punti
per pollice.
Poi, poco prima dell'estate, il vero e proprio "annuncio
bomba": Polaroid scende anche nel campo delle fotocamere
digitali e presenta, inoltre,
un nuovo scanner multiformato,
denominato SprintScan 45, che presto proveremo in queste
pagine. Tre i modelli di fotocamera digitale: basati sullo
stesso "corpo", si differenziano solo per la capacita' di
memorizzazione interna di immagini. Sessanta per il modello
piu' dotato, quaranta per quello intermedio, nessuna (!) per
il modello... cenerentola. Scherzi a parte, la versione
priva di memorizzazione interna nasce per le riprese in
studio, in collegamento diretto col personal computer,
tramite il quale possiamo comandare tutte le funzioni dei
tre apparecchi.
Per il resto, le Polaroid PDC-2000 (il prezzo al pubblico, a
seconda del modello, e' compreso tra i cinque e gli otto
milioni e mezzo) si posizionano ben piu' in alto rispetto
alle varie Chinon, Kodak DC-50, Apple QuickTake ecc. ecc.
Questo grazie all'utilizzo di un sensore CCD da ben un
milione di pixel con il quale si ottengono risultati di gran
lunga superiori. Certo, dal punto di vista strettamente
fotografico (come commenteremo meglio in seguito) avrebbero
potuto fare ancora meglio, ma un apparecchio come la
Polaroid PDC-2000 ci voleva proprio: il giusto punto
d'equilibrio, trait-d'union, tra la fotocamere digitali di
fascia bassa (a volte proposte dalle aziende meno
interessate piu' che altro per dire "ci siamo anche noi") e
le ultraprofessionali dal costo tuttora stratosferico e per
questo solo simbolicamente diffuse.
Estetica "diversa"
Non c'e' alcun dubbio, la Polaroid PDC-2000 e'
contraddistinta da una linea estetica molto particolare.
Disegnata a sviluppo orizzontale (dimensioni a parte,
ricorda le macchinette "pocket" formato 110 di qualche anno
fa) e' ricca di protuberanze, forme arrotondate, di incavi
per le dita per una corretta ed ergonomica impugnatura
dell'apparecchio. Costruita interamente in metallo, la
PDC-2000 e' un apparecchio molto solido e non poteva essere
diversamente visto il target sicuramente professionale cui
si rivolge.
Frontalmente troviamo l'obiettivo di ripresa
(intercambiabile), il flash elettronico integrato, il mirino
ottico e il sensore autofocus a ultrasuoni. Cominciamo dal
primo. La focale utilizzata e' di 11 millimetri
corrispondenti, nel formato fotografico 24x36 (o 135 che dir
si voglia), a un grandangolare moderato di 38 mm.
Opzionalmente e' possibile montare un tele (altrettanto
moderato) da 17 mm corrispondente alla focale 60 mm del
formato 135. Nel mirino (a dire il vero dalla visibilita'
non proprio eccellente) e' presente un riquadro interno
corrispondente al campo inquadrato dall'obiettivo di focale
maggiore. Con l'ottica standard l'intera immagine visibile
nel mirino (a meno del consueto errore di parallasse per le
riprese a distanza ravvicinata) verra' ripresa dal sensore
CCD. Il flash elettronico incorporato ha una potenza piu'
che sufficiente per ogni necessita' (funziona correttamente
fino a 4.6 metri di distanza dal soggetto), ma e'
assolutamente inspiegabile - se non per motivi tecnici
inimmaginabili - l'assenza di un contatto "syncro" per
collegare un flash esterno. Specialmente per il modello piu'
economico, privo di memorizzazione immagini e da utilizzare
esclusivamente in studio, l'unica alternativa al piccolo
flashettino integrato rimane l'illuminazione a luce continua
(come e' necessario fare per i dorsi digitali a scansione).
Non sappiamo, inoltre, se l'esposizione automatica col flash
viene regolata direttamente dal sensore CCD o dal diaframma
(o da entrambi), una volta nota la distanza del soggetto
grazie al dispositivo autofocus.
E veniamo a quest'ultimo. Come e' ormai tradizione Polaroid
il sensore e' a ultrasuoni: ha un funzionamento preciso ed
affidabile anche al buio assoluto (dove qualsiasi altro
dispositivo a regolazione del microcontrasto cesserebbe di
lavorare) ma non funziona correttamente riprendendo
attraverso un vetro o immagini riflesse allo specchio. In
questo caso il sistema mette a fuoco sulla prima superficie
rilevata non rendendosi conto che in realta' il soggetto e'
situato da tutt'altra parte. Se stiamo fotografando soggetti
posti a grande distanza (ad es. paesaggi attraverso una
finestra chiusa) non ci sono problemi: basta disattivare la
messa a fuoco automatica che si predispone per le riprese
"su infinito". Diverso e' il caso di soggetti riflessi allo
specchio o dietro un vetro a breve distanza (tipico il caso
dei "pesci in acquario"): la macchina mettera' correttamente
a fuoco il vetro, che per primo riflettera' gli ultrasuoni,
ma non e' del tutto da escludere che la foto venga comunque
perfettamente nitida grazie alla profondita' di campo
dell'obiettivo (che per una focale di 11 mm e' molto elevata
anche a breve distanza e utilizzando le aperture maggiori).
Sul lato superiore dell'apparecchio troviamo il pulsante di
scatto, il comando di compensazione esposizione per le
riprese in controluce (unica possibilita' di intervento
sull'esposizione concessa all'utente), il bilanciamento
(manuale) del bianco per le riprese a luce naturale, a luce
fluorescente (neon) o incandescente (lampadine). Sul manuale
e' giustamente indicato che utilizzando il flash la
temperatura colore deve essere regolata su "luce naturale"
(che poi e' quella di default), ma non si capisce perche' la
macchina non commuti automaticamente su tale taratura nel
momento stesso in cui sa di dover attivare il flash (o per
scelta sua o per scelta dell'utente).
Accanto al pulsante di scatto troviamo un piccolo display a
cristalli liquidi e altri due pulsanti per disattivare
rispettivamente la messa a fuoco automatica o il flash
(quest'ultimo, sempre col medesimo tastino, puo' essere
"forzato" ad attivarsi anche in condizioni di luce
sufficienti per la ripresa).
Il display a cristalli liquidi mostra numerose informazioni
quali la data e l'ora attuale (nonche' quella memorizzata
con le immagini durante gli scatti), il numero di fotogrammi
gia' esposti, lo stato di carica delle batterie, le
indicazioni per la messa a fuoco automatica (disattivandola,
come detto, focheggia "su infinito"), per il flash integrato
e per il bilanciamento del bianco. Peccato, per
quest'ultimo, che non sia presente un piccolo sensore
esterno (come avviene anche sulle telecamere piu'
economiche) per la regolazione automatica: in ogni caso, va
segnalato, che dovendo scegliere tra sola regolazione
manuale e sola regolazione automatica e' meglio la prima
soluzione, cosi' come offerta da Polaroid per la sua
PDC-2000.
Sul medesimo display appaiono anche i messaggi alfanumerici
- da 10 caratteri - abbinabili alle immagini e le
segnalazioni di errore (come la mancanza di luce quando e'
disattivo il flash) accompagnate da un beep di preallarme
(disattivabile solo via software) e dal lampeggio nel mirino
di un LED rosso.
Sul retro dell'apparecchio troviamo il pulsante di
accensione/spegnimento, un comando a bilanciere per scorrere
le immagini registrate (in modalita' Index), un tastino per
"azzerare" la memoria interna (in blocco o riguardo singole
riprese) e uno per abbinare i gia' citati messaggi
alfanumerici - label - alle immagini. Non manca, inoltre,
l'attacco per il treppiedi: e' situato sul fondo della
fotocamera in corrispondenza dell'asse ottico
dell'obiettivo.
Sul lato sinistro sono presenti le connessioni col mondo
esterno: una porta SCSI-2 "terminata", l'annesso selettore
per impostare l'indirizzo di periferica, l'ingresso per
l'alimentatore caricabatterie.
Due osservazioni. La prima riguarda la connessione al
computer: come SCSI insegna, va effettuata rigorosamente a
dispositivi spenti, pena il rischio (chiamatela pure
certezza) di causare pericolosi malfunzionamenti ai
rimanenti componenti della catena. Se si tratta di hard disk
(come nel caso dei Macintosh) equivale alla possibilita' di
perdere i dati in essi registrati. Nel caso in cui abbiamo
la necessita' di scaricare al volo un'immagine (ad es. per
testare il risultato prima di proseguire con le riprese in
altro luogo) e' necessario spegnere il computer, collegare
la macchina fotografica, riavviare il computer, effettuare
il trasferimento, soddisfatti o meno del risultato ottenuto
dobbiamo nuovamente spegnere tutto, scollegare i due
apparecchi (eventualmente terminando opportunamente la
catena se erano presenti altri dispositivi) e proseguire in
questo modo: una palla!
Sarebbe stato molto meglio predisporre una sorta di "base",
costantemente attaccata alla catena SCSI col suo bravo
indirizzo di periferica, sulla quale poter agganciare al
volo l'apparecchio per le operazioni di trasferimento:
proprio come un alloggiamento per hard disk removibili che
consideri tale la fotocamera Polaroid.
La seconda osservazione riguarda la ricarica delle batterie
che, nelle intenzioni del costruttore, andrebbe effettuata
lasciandole all'interno dell'apparecchio previo collegamento
di quest'ultimo all'alimentatore esterno. Siamo impazziti?
Cosi' per ore ed ore l'apparecchio rimane inutilizzabile,
almeno nella sua essenza di dispositivo portatile. All'uopo
e' fortemente consigliato l'acquisto di economico (oltreche'
sacrosanto) caricabatterie separato - magari rapido - col
quale ricaricare le comunissime quattro stilo NiCd usate
dalla PCD-2000. Possibilmente... avendo l'accortezza di non
dimenticare un "quartetto" di riserva: le batterie al Nichel
Cadmio sono molto utili per numerose applicazioni, ma hanno
lo stramaledettissimo vizio di "mollarti" sul piu' bello con
pochi, brevissimi, rantoli di preavviso.
Utilizzo immediato
"Poind-and-shot": cosi' chiamano gli anglosassoni le
fotocamere con le quali non e' necessario far altro che
inquadrare e scattare. La Polaroid PDC-2000, pur trattandosi
di un prodotto di sicuro utilizzo professionale, appartiene
a questa categorie di apparecchi. E' sufficiente che le
batterie siano cariche, che la memoria interna non sia
"piena", per inquadrare e scattare le nostre immagini, cosi'
come faremmo con una macchinetta automatica tuttofare.
L'unica accortezza (sembra un'idiozia, ma il rischio esiste
e come!) riguarda il tappo davanti all'obiettivo: se
dimentichiamo di toglierlo non potremo certo apprezzare
risultati interessanti. La fotocamera scatta, inutilmente,
anche in tale situazione anomala: digitale per digitale, che
gli costava alla Polaroid prevedere un segnale di attenzione
quando l'immagine appena salvata e' completamente nera?
Invece corriamo il reale rischio di lasciare aldila' del
tappo tutte le nostre riprese accorgendoci del vero e
proprio disastro solo quando riverseremo sul computer
l'intero servizio fotografico. Il titolo sara' "Vid'o tappo
quant'e' bello, 'spira tanto sentimento..." di odio!
Risoluzione virtuale?
I risultati ottenibili con la Polaroid PCD-2000 sono,
premettiamo, eccellenti: la fotocamera registra le immagini
senza compressione alcuna... ma anche in questo caso
riscontriamo una certa leggerezza da parte del costruttore
nel dichiarare la risoluzione reale della fotocamera. Una
volta trasferite su computer otteniamo immagini da 800x600 o
1200x1600 punti, ma con un sensore CCD da un milione di
pixel si tratta in entrambi i casi di risoluzioni
interpolate: appena un po' la prima, in maniera
significativa la seconda. La matematica, come noto, non e'
un'opinione ne' puo' essere considerata tale la fisica: se
vogliamo riprendere a colori con un sensore CCD (per sua
natura, allo stato attuale, sensibile solo alle variazioni
di luminosita') questo dovra' essere rivestito da un filtro
RGB che utilizza - in un certo senso "spreca" - tre pixel
adiacenti, singolarmente filtrati rosso-verde-blu, per
riconoscere un singolo punto a colori dell'immagine ripresa.
Un milione diviso tre fa poco piu' di trecentotrentatremila
pixel (tralascio l'appendice periodica della divisione) che
rappresenta il numero effettivo di punti colorati che un CCD
di questo tipo e' in grado di distinguere e restituire.
Quindi la risoluzione reale e' di poco superiore a 650x500
pixel, interpolata dal software di gestione o al massimo dal
firmware dell'apparecchio, prima del trasferimento, ai due
valori dichiarati. E se non vi fidate ciecamente della
matematica (in questo caso mera aritmetica elementare) e'
possibile rendersi conto del piccolo inghippo - gia' notato
su altre fotocamere digitali provate - osservando
attentamente sul monitor (non e' possibile mostrare
quest'aspetto tramite stampa tipografica) le immagini appena
scaricate su computer. Appaiono leggermente impastate, non
perfettamente nitide, proprio come avviene quando di esegue
un ricampionamento dei pixel. Nulla di grave, in realta':
basta applicare ad esempio il filtro digitale "Maschera di
contrasto" di Photoshop per restituire all'immagine tutta la
nitidezza (almeno apparente) desiderata.
Il software di gestione
Immediatezza e massima semplicita' d'uso la ritroviamo anche
nel completo software di gestione fornito a corredo con la
PDC-2000. Si puo' utilizzare sia come modulo aggiuntivo di
Photoshop, sia come programma a se' stante, da richiamare
senza bisogno di scomodare applicativi di fotoelaborazione
digitale.
E' organizzato in tre finestre principali, qualche menu'
pop-up, alcuni bottoni e poche finestre secondarie.
Utilizzando "Take Picture" possiamo controllare da computer
la fotocamera, compresa l'inquadratura (molto importante)
che ci apparira' in anteprima, in bianco e nero, in un
apposito riquadro. Possiamo anche impostare il formato
orizzontale o verticale dell'inquadratura (ovviamente
ruotando corrispondentemente l'apparecchio fotografico),
attivare o disattivare l'autofocus e il flash, selezionare
la temperatura colore (bilanciamento del bianco) e la
compensazione d'esposizione per le riprese in controluce.
Quando siamo pronti possiamo scattare la foto (con o senza
autoscatto), ricevendola subito sul computer sotto forma di
file o di immagine gia' aperta. L'unica stranezza riguarda
il fatto che alcune funzioni, come l'autoscatto o la
regolazione della data e dell'ora della fotocamera, sono
possibili solo collegando quest'ultima al computer:
specialmente per la prima sarebbe stato utile poterla
utilizzare anche senza cordone ombelicale SCSI.
Nella finestra "Set Preferences" possiamo dare un nome alla
fotocamera, impostare la label di default per le immagini,
sincronizzare data ed ora dell'apparecchio con quella del
computer collegato, controllare lo stato di carica delle
batterie, impostare il timeout per la visualizzazione
dell'inquadratura in anteprima e lo spegnimento automatico
della fotocamera dopo tot minuti di inattivita', selezionare
la risoluzione di uscita desiderata (800x600 o 1600x1200),
attivare o disattivare il beep di servizio piu' alcune
funzioni riguardanti il trasferimento dei file o delle icone
di anteprima.
La terza finestra "Transfer Picture" ci mostra, come tante
diapositive, tutte le riprese memorizzate nella fotocamera,
permette il loro trasferimento sul computer, offre la
possibilita' di cancellare una o piu' foto e di richiamare
le "info" relative alle singole immagini. Qui possiamo
leggere data e ora dello scatto, la distanza di ripresa (cosi'
come rilevato dal sistema autofocus), le quattro possibili
regolazioni impostate dall'utente in quel momento: tipo
luce, flash, autofocus e controluce.
Concludendo
Al termine di questa, speriamo piacevole, passeggiata in
casa Polaroid siamo giunti al nostro consueto "vil-denaro-test".
Come gia' anticipato nell'introduzione le fotocamere
PCD-2000 non costano poco (il prezzo, a seconda del modello,
oscilla tra poco piu' di cinque e gli otto milioni e mezzo
di lire, oltre l'IVA), molto meno degli attuali prodotti
professionali disponibili sul mercato, molto piu' dei
modelli di fascia bassa, i quali pero' nulla hanno da
spartire con la qualita' offerta dalle PCD-2000. Il miglior
rapporto prezzo/prestazioni e' raggiunto dal modello
intermedio, la PCD-2000/40, che e' offerto a 6.600.000 lire
ed e' in grado di memorizzare 40 scatti. Il modello
maggiore, provato in queste pagine, offre solo venti
immagini in piu' con una differenza di prezzo di quasi due
milioni (centomila a foto, prendere o lasciare!).
Riguardo le prestazioni, con le Polaroid si ottengono
immagini digitali di qualita' eccellente e le uniche note
negative (evidenziate in questa prova) riguardano solo
alcune scelte di progetto, discutibili piu' sotto il profilo
fotografico che tecnologico. Il prodotto e' perfetto per chi
non sa usare una macchina fotografica, un po' troppo
limitato nelle mani di chi - essendo in grado di farlo -
vuole avere il controllo completo della situazione.
In conclusione, una fotocamera per riprese digitali di alta
qualita', con un prezzo di vendita forse ancora un po'
elevato, ma correttamente posizionato nella realta' di
mercato attuale. Brava Polaroid!
Produttore e distributore:
Polaroid Italia SpA
Via Piave, 11 - Arcisate (VA)
Tel. 0332/470031
Prezzi al pubblico (IVA esclusa):
Polaroid PCD-2000/T - utilizzo tramite PC/Mac L. 5.300.000
Polaroid PCD-2000/40 - memoria per 40 immagini L. 6.600.000
Polaroid PCD-2000/60 - memoria per 60 immagini L. 8.500.000
Caratteristiche tecniche
Risoluzione sensore: CCD Polaroid da 1 milione di pixel
Risoluzione in uscita: 800x600 - 24 bit/pixel (high
resolution)
1600x1200 - 24 bit/pixel (super high resolution)
Capacita' memoria: PDC-2000/60 : 60 immagini
PDC-2000/40 : 40 immagini
PDC-2000/T : utilizzo tramite computer
Interfacciamento: SCSI-2
Obiettivo standard: 11 mm f/2.8 (eq. 38mm nel formato 135)
Obiettivo opzionale: 17 mm f/2.8 (eq. 60mm nel formato 135)
Messa a fuoco automatica: da 26 cm a infinito (ob. standard
11 mm)
da 60 cm a infinito (ob. opzionale 60 mm)
Sensibilita equivalente: 100 ISO
Otturatore: Controllato da microprocessore
tempi da 1/25 a 1/500 di secondo
Apertura: Diaframma automatico da f/2.8 a f/11
Flash elettronico: Interno, utilizzabile fino a 4.6 metri
Tempo minimo tra gli scatti: 12 secondi utilizzando il flash
7 secondi senza l'utilizzo del flash
Alimentazione: 4 batterie ricaricabili NiCd formato "AA"
(stilo)
Dimensioni (cm): 20.1 x 16 x 5.6
Peso (con batterie): 900 g
(Riquadro)
Grazie Polaroid
di
Andrea de Prisco
Dicevo nell'introduzione che un apparecchio come la PDC-2000
ci voleva proprio. Altrettanto pensai a suo tempo quando
nacque lo SprintScan 35: finiva l'era delle digitalizzazioni
esasperatamente lente. E cosi' fu: da quel momento in poi,
per ogni nuovo film-scanner da tavolo apparso sul mercato,
nelle caratteristiche tecniche si passo' finalmente dai
minuti alle poche decine di secondi parlando di tempi di
attesa per ogni fotogramma digitalizzato.
Con la nuova Polaroid PDC-2000 possiamo finalmente dare il
benvenuto alla fotografia digitale di qualita' ad un costo
non dico contenuto, ma almeno ragionevole. Certo, anche una
decina abbondante di milioni non sono pochi, ma vuoi mettere
che almeno otteniamo delle fotografie di qualita'
(finalmente) accettabile senza bisogno di accendere un
mutuo?
Fosse per me, dedicherei alla fotocamera digitale Polaroid
un monumento. Nonostante le poche, ma significative, lacune
"fotografiche" di cui e' affetto l'apparecchio (come
descritto nell'articolo), rappresenta senza ombra di dubbio
una pietra miliare nella storia dell'imaging digitale. E' la
madre di tutte le fotocamere digitali che potranno
finalmente soddisfare l'utente sotto il profilo qualitativo
senza sfondare, letteralmente, anche il piu' resistente
portafoglio acquisti. E' la dimostrazione - mi si conceda il
termine - "vivente" che una fotocamera digitale puo' offrire
ottimi risultati anche quando e' travestita da "macchinetta"
amatoriale, con ben poche possibilita' di controllo offerte
all'utente.
Ora provate ad immaginare (si chiamera' PDC-3000 o arrivera'
da un altro produttore?) una fotocamera con il medesimo
sensore CCD del modello attuale, ma dotata di mirino reflex,
ottica zoom (naturalmente intercambiabile), messa a fuoco
automatica e manuale, controllo completo dell'esposizione da
parte dell'utente, presa per flash esterno e, volendo,
nient'altro. Cosa desiderare di piu'? Sicuramente un
ulteriore abbattimento del prezzo di vendita (cosa comunque
destinata ad accadere se si vuole conquistare numericamente
il mercato) fino ai livelli delle fotocamere tradizionali di
fascia alta. Quattro, cinque, massimo sei milioni: al di
sopra di questa cifra (sufficientemente elevata per fornire
comunque grossi guadagni alle aziende) molto interesse da
parte degli utenti ma poco, pochissimo, business.
Possibile che non lo capiscono?
Articolo pubblicato
su
www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni
clicca qui
|