Articolo pubblicato sul n. 167 di
MCmicrocomputer
(Edizioni
Technimedia Srl - Roma) nel novembre 1996
Digital
Imaging:
Colortron Color System
di Andrea de Prisco
Cosi' com'e' possibile misurare le lunghezze col metro, i
pesi con la bilancia, le velocita' coi tachimetri, esistono
strumenti piu' o meno sofisticati per "misurare" i colori,
con metodi diversi e in grado di fornire risultati piu' o
meno accurati. Partendo dal basso troviamo gli "analizzatori
colore" (o semplici colorimetri):
chi
si occupa di fotografia o, meglio, di camera oscura ha gia'
capito di cosa si tratta e - piu' o meno - come funzionano.
Si tratta di apparecchi fondamentalmente basati su un
elemento sensibile alla luminosita' (a larga banda, sulla
sua linearita' - purche' nota - puo' intervenire il software
di gestione per riequilibrare la "risposta"), utilizzano una
triade di filtri RGB montati su un supporto rotante e una
fonte di illuminazione bianca "stabile nel tempo" per la
lettura riflessiva di superfici colorate. Per analizzare un
colore si eseguono tre letture con i tre filtri
monocromatici per stabilire quanto Rosso, quanto Verde e
quanto Blu - scritti in maiuscolo per dovuto rispetto - sono
"contenuti" in quella determinata tinta. Se volete, pensate
pure ad uno scanner in grado di leggere accuratamente un
singolo pixel (bello grosso) per dirvi di che colore e'.
All'estremo opposto (massima accuratezza e prezzi riservati
al target "industriale") troviamo i cosiddetti "radiospettrofotometri",
ovviamente anch'essi "colorimetri" in quanto capaci di
"misurare" il colore. Dietro questo nome tanto affascinante
quanto difficile da pronunciare senza averne riempito a mano
e riletto velocemente almeno due o tre paginette di
quaderno, si nascondono sofisticate apparecchiature che
trattano, dall'alto della loro assolutezza, la luce
effettivamente per quello che e': una radiazione
elettromagnetica, con le sue belle frequenze, al pari delle
onde radio, delle microonde, dei raggi X o dei raggi gamma
(tutta roba elettromagnetica). E' simpatico notare che un
ipotetico radiotrasmettitore a banda "extra-extra-large"
collegato, come si conviene, alla sua antenna installata sul
tetto, emette tramite questa onde radio fintantoche' la
frequenza delle stesse rimane entro certi limiti. Man mano
che ruotiamo la manopolona verso le frequenze maggiori
(sempre ipoteticamente: a parte i non trascurabili problemi
connessi con l'impedenza dell'antenna, non e'
tecnologicamente possibile costruire un trasmettitore con
tali caratteristiche!) osserveremo ad un certo punto
un'emissione di luce rossa da parte dell'antenna, in grado
di illuminare - potenza permettendo - tutto il circondario.
Senza accorgercene, poco era toccato ai raggi infrarossi:
modulandoli opportunamente avremmo anche potuto cambiare
canale a tutti i televisori "visibili" dal luogo di
emissione. Continuando ad aumentare lentamente la frequenza,
la nostra instancabile antenna emettera' luce arancione, poi
gialla, blu... per passare subito dopo gli ultravioletti (in
questo caso sterilizzando le palazzine circostanti!),
invisibili anch'essi, come noto, al pari degli infrarossi.
Ancora una "ruotata" e potremmo emettere anche i pericolosi
raggi X, "radiografando" gratuitamente tutto il vicinato
che, casualmente, stesse maneggiando materiale
fotosensibile.
Tornando a bomba - il riferimento ai successivi raggi gamma
e' puramente casuale - e senza voler a tutti i costi
complicare le cose (almeno il sottoscritto non e' certo
solito andare in quella direzione, ndr), possiamo dire che
un radiospettrofotometro tratta la luce cosi' come un
analizzatore audio (avete presente quegli "arnesi" pieni di
lucette che salgono e scendono, normalmente abbinati agli
equalizzatori per impianti domestici?) tratta un segnale
sonoro. Quello che otteniamo e', in un certo senso, la
"radiografia" (sarebbe meglio dire la TAC) del colore, la
sua "ricetta cromatica". Tinte calde (tendenti al rosso)
saranno caratterizzate da abbondanza di frequenze basse, le
tinte piu' fredde (tendenti al blu-violetto) avranno quelle
alte. Proprio come accade in un assolo di contrabbasso, dove
abbondano le frequenze minori (lunghezza d'onda maggiore), e
nel tintinnio di un triangolo, dove troviamo solo frequenze
molto elevate (lunghezza d'onda minore).
E con la luce bianca, cosa succede? Colpo di scena: sullo
schermo del nostro radiospettrofotometro potremmo constatare
un'uguale quantita' di frequenze lungo tutto lo spettro,
proprio come accade col "rumore bianco" in campo audio.
Corsi e ricorsi... fisici!.
Piccolo & nero
Il Colortron in prova in queste pagine (prodotto dalla
californiana Light Source) non e', ovviamente, un
radiospettrofotometro... ma gli assomiglia un bel po'.
Utilizzando tecniche di rifrazione ottica, suddivide
"meccanicamente" lo spettro visibile in trentadue sottobande
e per ognuna di esse esegue una lettura quantitativa. In
questo modo ricostruisce (con un'approssimazione piu' che
sufficiente per le applicazioni "umane") la distribuzione
spettrale del campione misurato, fornendo una lettura
intrinsecamente piu' accurata di quanto possibile con un
semplice analizzatore colore.
Il Colortron puo' essere utilizzato sia per misurare
sorgenti emissive (fotocolor retroilluminati, ma anche
monitor da tarare), sia superfici riflessive. Per queste
ultime, addirittura, distingue tra riflessione assoluta
(oggetti colorati, superfici smaltate, tinte piatte) e
riflessione relativa (colori stampati su carta). Nel primo
caso il "bianco" e' rappresentato da una quantita' nota e
ben precisa (fornita a corredo con l'apparecchio sotto forma
di colore campione rilasciato appositamente, con tanto di
numero di serie riportato, per l'esemplare in nostro
possesso), nel secondo caso il bianco e' il colore della
carta sulla quale sono stampate le tinte da misurare ed e'
su questo che lo strumento si tara prima della lettura. Vi
sembra esagerata tanta sofisticazione? Continuate a leggere,
se avete coraggio...
Colore... dolore?
Se c'e' un argomento che, normalmente, fa disperare chi si
occupa di fotografia digitale, questo riguarda senza ombra
di dubbio la "fedelta' cromatica", intesa in questo caso
come corrispondenza colore tra originale ripreso,
visualizzazione a monitor e... - mani nei capelli, please! -
risultato "tangibile" dopo fotorestituzione su pellicola o
piu' semplice stampa su carta con tutte le tecnologie
attualmente disponibili.
Il problema, come gia' anticipato altre volte, riguarda
essenzialmente il capitolo "Calibrazione" non riferito pero'
al singolo dispositivo, ma a tutti gli anelli dell'intera
catena di acquisizione-trattamento-fruizione dell'immagine
digitale.
Con i colori, infatti, e' possibile fare molti giochetti. Ma
si puo' giocare a vincere o giocare a perdere, dipende dai
casi.
Partiamo, ad esempio, da una foto a colori o una diapositiva
e inseriamola nel nostro scanner. Un apposito programma di
acquisizione pilotera' il dispositivo e scarichera' sul
nostro hard disk l'immagine digitale (presumibilmente) in
formato RGB (Red, Green, Blue). Ovviamente, per il noto
ritornello "tutto e' soggettivo", il file conterra' i valori
che lo scanner ha interpretato con i "suoi" occhi (sensore
CCD opportunamente filtrato RGB), eventualmente utilizzando
anche la sua "mente" (tutta la rimanente elettronica prima
dell'interfaccia verso il computer). Digitalizzando la
stessa immagine con un differente dispositivo e'
praticamente certo che otterremo una lettura diversa. Ma di
questo, al momento, non preoccupiamoci piu' di tanto: ci
sono ancora problemi piu' gravi.
L'immagine e' su hard disk e decidiamo di visualizzarla sul
nostro monitor: con la piu' semplice delle operazioni,
l'affare gia' si complica a dismisura. In assenza di un
sistema di calibrazione cromatica, innanzitutto il computer
non sa che monitor stiamo utilizzando, ne' come questo sia
in grado di riprodurre i colori, ne' tantomeno come questo
sia regolato dall'utente per quel che riguarda i controlli
manuali di luminosita' e contrasto. Inutile dirvi che ogni
monitor "non calibrato" visualizza a modo suo, anche se
prendiamo in considerazione due modelli identici appena
usciti di fabbrica. Bel casino vero? No, il tragico deve
ancora arrivare: forse non ve ne siete mai accorti, ma il
"vostro" monitor appena acceso rende i colori in un modo e
nel corso della giornata, a seconda finanche delle
variazioni di temperatura e umidita' ambientale, non fa
altro che "navigare" nell'immenso oceano del suo spazio
cromatico. Ora tende al rosso, poi al verde, diventa piu'
scuro, piu' chiaro: va proprio dove gli pare!
Ma... non abbiamo per nulla terminato! Un ulteriore problema
nella visualizzazione a video lo riscontriamo perfino
nell'illuminazione ambientale che, a meno di non avere il
computer in cantina o in cella d'isolamento, varia nell'arco
della giornata (quelli che lavorano solo di notte, tanto non
e' vero!, sono pregati di non fare gli spiritosi!) e incide
sulla resa complessiva.
Colore... senza stupore!
Lo sappiamo, gia' non ne potete piu' e vi sta passando la
voglia: calma e gesso! Anche perche' prima o poi la vostra
foto la vorrete pure stampare su carta, vero? Magari dopo
aver combattuto per intere ore a correggere quella brutta
dominante, a riequilibrare a vostro piacere l'andamento
tonale, o ricercando lungamente quell'effetto cromatico che
vi soddisfa fino in fondo (al vostro video...).
Tralasciando di ripetere la medesima pappardella (e' ovvio
che anche le stampanti a colori soffrono di problemi
ambientali: temperatura, umidita' e perfino illuminazione
per quel che riguarda l'osservazione dei risultati)
l'utente, ottenuto il suo risultato fotodigitale, prende e
manda in stampa.
Una prima stampata a colori, una prima bestemmia. Modifica
l'immagine in base all'effettiva resa su carta ed effettua
una seconda uscita: seconda bestemmia (sembra la barzelletta
del ginecologo e delle foglie di alloro: non posso
raccontarla in questa sede, mandatemi una e-mail al mio
indirizzo "adp@mclink.it" e, giuro!, ve la rigiro via
Internet, ndr). Rimodifica i colori e... terza stampata,
terza bestemmia (fino ad esaurimento calendario!).
Chi ha gia' utilizzato quest'approccio (la maggior parte di
noi...) riconoscera' bene i problemi, chi non si e' ancora
cimentato nelle esperienze fotodigitali (ma leggendo questa
rubrica e' sicuramente interessato) non deve scoraggiarsi:
con piu' di quindici anni di storia informatica alle nostre
spalle, non e' certo questo il nostro intento.
Innanzitutto "Calibrare si puo'" (si deve...). Almeno con i
sistemi piu' evoluti, come i Macintosh/Power Macintosh, e
(finanche!) "sotto" Windows 95. Gia', non e' solo una
questione di hardware e software aggiuntivo: per poter
lavorare "senza sorprese" e' assolutamente indispensabile
l'apporto (per nulla marginale) del sistema operativo. In
altre parole, per poter dire la sua al riguardo, il sistema
operativo della nostra macchina deve avere una propria
"coscienza cromatica". Deve sapere, ad esempio, che quel
monitor e/o quella scheda video ha (o almeno dovrebbe avere)
un certo tipo di comportamento e questo non puo' essere
assolutamente ignorato.
Discorso analogo per l'acquisizione e la stampa anche se, in
questo caso, e' possibile demandare la reinterpretazione
cromatica ai driver dei dispositivi forniti dai rispettivi
costruttori.
Attraverso, ad esempio, ColorSync 2 di Apple (ma il discorso
vale anche per gli altri sistemi di "trasporto colore"),
utilizzando periferiche e programmi compatibili con questo
sistema possiamo dormire sonni tranquilli. Se non chiediamo
ai vari dispositivi piu' di quello che "fisicamente" sono in
grado di darci, le immagini a video saranno identiche
(considerando sempre una minima tolleranza... tollerabile!)
ai nostri originali prima della scansione e mandandole in
stampa otterremo nuovamente i colori di partenza. O quasi.
Perche' "quasi" ?
Ancora una volta non possiamo e non vogliamo scendere troppo
in dettagli tecnici (ma non e' escluso che potremmo
"partire" con una nuova sezione, interna alla rubrica
Digital Imaging, dedicata alla colorimetria) ma qualcosa la
dobbiamo pur scrivere per poter andare avanti.
Dicevamo prima che gli scanner digitalizzano in RGB tramite
filtri colorati Rosso, Verde, Blu anteposti al sensore CCD
utilizzato durante la lettura. Anche il monitor e'
della stessa razza, visualizzando le immagini ancora una
volta tramite sintesi additiva: il nero e' rappresentato
dall'assenza di componenti monocromatiche, il bianco dalla
contemporaneita' delle stesse alla massima luminosita',
tutte le altre tinte visualizzabili sono combinazioni dei
tre colori primari regolando indipendentemente le intensita'
per ognuna di esse (per inciso anche nei grigi, come nel
bianco, troviamo pari intensita', ma si utilizzano livelli
inferiori).
La stampa no. Non utilizza la consueta codifica RGB ma,
sfruttando la carta stessa per "emettere" il bianco (previa
corretta illuminazione, s'intende!), restituisce le tinte
intermedie attraverso la sintesi sottrattiva (complementare
alla precedente). I colori si ottengono sottraendo al bianco
(che li "contiene" tutti) quelli che "non servono"
attraverso filtri (sotto forma di inchiostri di stampa)
complementari ai colori primari: il giallo non fa passare il
blu, il magenta aggredisce il verde, il ciano sbarra la
strada al rosso. Per regolare le quantita' da filtrare non
si utilizzano ovviamente infiniti inchiostri per le infinite
possibilita' ma si applica il procedimento della retinatura
con la quale tanti puntini piccoli colorati, equamente o
diffusamente distanziati, filtrano tanto colore quanto e' il
rapporto tra superficie coperta e superficie non stampata.
Ricapitolando, se vogliamo stampare in blu, non dobbiamo
usare inchiostro giallo (che lo ammazzerebbe senza tanti
scrupoli) ma dobbiamo togliere dal bianco il rosso (con
l'inchiostro ciano) e il verde (utilizzando il magenta). Per
meglio comprendere il ragionamento, tenete a mente queste
semplici formulette:
Rosso+Verde+Blu = Bianco
da cui:
Rosso = Bianco-Verde-Blu
equivalente a:
Rosso = Bianco+Magenta+Giallo
inoltre:
Verde = Bianco-Rosso-Blu
equivalente a:
Verde = Bianco+Ciano+Giallo
e ancora:
Blu = Bianco-Rosso-Verde
equivalente a:
Blu = Bianco+Ciano+Magenta
Infine:
Bianco+Ciano+Magenta+Giallo = Nero (o quasi!)
Di nuovo "quasi'?
Si', non vi arrabbiate! Le formulette di cui sopra sono
esatte nella teoria colorimetrica, ma per motivi di natura
strettamente tecnologica c'e' ancora qualche problema.
Questo perche' non esiste una carta su cui stampare
perfettamente bianca, i colori utilizzati fanno bene il loro
lavoro - filtrare - ma non sono, come tutte le cose del
mondo, assolutamente infallibili (ad esempio il giallo che
dovrebbe sbarrare il passaggio al blu non ci riesce al cento
per cento e lo stesso discorso vale per gli altri
inchiostri). Due, le fregature. La prima riguarda il nero:
osservato che l'ultima formuletta va riscritta (per cause
tecnologiche, lo ripetiamo!) nel seguente modo:
Bianco+Ciano+Magenta+Giallo = Marrone scuro
e' indispensabile utilizzare un quarto inchiostro, il nero,
se almeno questo lo vogliamo rendere al cento per cento.
Pensate che schifo se MC avesse tutti i testi degli articoli
stampati in "marronacchio" per di piu' col rischio di vedere
dappertutto sbavature di colore attorno ai singoli
caratteri. Cosi' la sintesi sottrattiva, in ambito stampa,
diventa quadricromia e gli inchiostri utilizzati sono
quattro: Ciano, Magenta, Giallo e Nero (in codice CMYK).
Economicamente parlando, per quanto a prima vista possa
sembrare strano, questo e' un vantaggio: dipende solo dal
fatto che l'inchiostro nero costa molto meno degli
inchiostri a colori. Per questo motivo, i programmi che si
occupano di convertire le immagini da RGB a CMYK hanno la
possibilita' di utilizzare anche il nero - e in quantita'
"regolabile" - per generare le tinte, in modo da minimizzare
l'uso degli inchiostri a colori.
La seconda fregatura riguarda il fatto che l'infallibilitą'
filtrante dei pigmenti disponibili si ripercuote anche
sull'impossibilita' di riprodurre in stampa tutti, proprio
tutti, i colori riproducibili a monitor e/o correttamente
riconosciuti dallo scanner (o dalla fotocamera digitale, e'
uguale). Tecnicamente parlando si usa dire che lo spazio
cromatico RGB e' piu' ampio di quello CMYK o, capovolgendo
il concetto e semplificando la terminologia, i colori
riproducibili in CMYK sono in numero inferiore rispetto a
quelli permessi dalla codifica Rosso-Verde-Blu.
Se avessimo, a questo punto, voluto distruggervi
psicocromaticamente una volta e per tutte avremmo aggiunto
che anche lo spazio RGB non e' "completo" in quanto esistono
in natura colori non riproducibili nemmeno con questo
sistema. Ma facciamo finta di non averlo detto,
promettendovi di svelare l'arcano quando (eventualmente)
approfondiremo l'argomento colorimetria in questa rubrica.
E il Colortron?
Qua, scrivendo, scrivendo, abbiamo gia' superato le
sedicimila battute (per l'esattezza, accenti compresi,
16.888) senza ancora entrare - piu' di tanto - nel merito
dell'apparecchio provato. Il Colortron, dicevamo (tanto,
tanto tempo fa...), e' un dispositivo in grado di analizzare
i colori fornendo per essi la corrispondente "ricetta
cromatica". Gia' con il software fornito a corredo, oltre ad
svelare i segreti di qualsiasi colore (e a compiere con esso
molti "giochetti" divertenti, come vedremo) permette di
calibrare il proprio monitor generando il corrispondente
profilo ColorSync da posizionare nella cartella sistema.
Abbinato ad alcuni programmi di acquisizione e/o stampa,
permette (sempre molto agevolmente) di calibrare anche i
dispositivi di ingresso e uscita (generando altrettanti
profili colore) per ottenere una completa catena di
acquisizione-visualizzazione-fruizione perfettamente
allineata... con le nostre aspettative.
L'apparecchio, di ridotte dimensioni, si collega alla porta
ADB tra tastiera e computer ed e' fornito con due
adattatori. Il primo serve per analizzare colori stampati o
tinte piatte, il secondo (dotato di ventose) si utilizza per
la calibrazione del monitor.
Al primo utilizzo dello strumento (e dopo determinate
scadenze fissabili dall'utente) e' necessario effettuare "la
sua" calibrazione. Per effettuarla si ricorre al gia' citato
"colore campione" per il bianco e ad una stupenda "black
trap box" (per brevita' BTB) per la calibrazione del nero.
La BTB non e' altro che un cubo, interamente realizzato in
cartoncino opaco nero, al cui interno e' inserita una
piramide (anch'essa nera). Al centro del lato superiore e'
presente un'apertura rettangolare attraverso la quale -
almeno nelle intenzioni del costruttore - la luce viene
completamente "intrappolata" e assorbita (praticamente... un
buco nero!). Sul manuale e' ben evidenziato di non tentare
la calibrazione del nero utilizzando una comune superficie
di questo (non)colore, in quanto comunque sarebbe dotata di
un minimo potere riflettente. A dirla tutta, non si capisce
bene perche' all'interno della BTB il nero, magicamente,
diventa... cosi' nero che piu' nero non si puo'. Fidiamoci
(ciecamente...).
Comunque, effettuate le due calibrazioni (quella del bianco
e' facoltativa se non dobbiamo leggere tinte piatte
colorate, smaltate, verniciate, ecc.) possiamo eseguire il
test diagnostico per verificare il corretto funzionamento
dell'apparecchio. Sempre sulla tavola dei colori campione,
accanto al bianco di cui sopra, possiamo trovare anche un
magenta, un ciano, un giallo, un nero, un grigio e un
generico "bianco carta" (da non utilizzare come bianco
assoluto: si vede anche ad occhio nudo che e' ben diverso).
Dopo questi rapidi preparativi, il nostro Colortron e'
pronto per funzionare. Lanciato il software di gestione (e'
lo stesso che permette la calibrazione dell'apparecchio e il
test diagnostico) possiamo divertirci a "giocare" con i
colori. Le funzioni implementate sono davvero molte e vi
rimandiamo alle schermate e alle didascalie presenti in
queste pagine per conoscerle in dettaglio. Qui anticiperemo
soltanto che ogni tinta analizzata puo' essere inserita in
apposite palette, singolarmente salvabili su hard disk e
altrettanto facilmente richiamabili. Oltre a conoscere
"tutto" sulle letture cromatiche eseguite (dalle componenti
di colore primario, alla sua distribuzione spettrale)
possiamo generare automaticamente altri colori. Ad esempio
tinte intermedie partendo da colori noti (specificando il "ratio"
desiderato), ma anche abbinamenti cromatici gradevoli.
Partendo da un colore (letto con lo strumento o impostato
manualmente) possiamo chiedere al software di generare
abbinamenti cromatici di due-tre o anche sei tinte ben
armonizzate tra loro. Sembra strano, ma con i colori e'
possibile anche fare ragionamenti matematici che non
offendono affatto il gusto di noi (poveri) umani. Nella
"ruota dei colori", le tinte sono gradevolmente abbinabili
quando sono equidistanti tra loro - o comunque disposte
secondo simmetrie ben precise - ovvero, sommandole
cromaticamente si ottiene un grigio neutro (l'algoritmo di
"Color Harmony" si basa sulle teorie dello svizzero Johannes
Itten, 1888-1967). Banalmente, 'LA' tinta meglio abbinabile
con il campione di partenza e' quella diametralmente opposta
(complementare). Con tre tinte si prende di base un
triangolo equilatero (120 gradi di rotazione tra un colore e
il successivo), ma e' possibile allargare o stringere la
base, spaziando nell'infinito campo dei triangoli isosceli,
per ottenere sempre terzetti - attenzione: nel loro insieme,
non se consideriamo singole coppie - armonicamente
equilibrati. E cosi' via per il caso delle quadruple, delle
quintuple o delle sestuple. A che serve tutto questo? Anche
a produrre tessuti (united color of...), oggetti
d'arredamento variopinti, abbinamenti di display
differentemente retroilluminati (avete presente le
"autoradio a colori") o carte da parato di sicuro successo.
La moda passa, la matematica resta...
Colortron Calibrator
Per chi si occupa di fotografia digitale, l'aspetto piu'
appetibile del Colortron e' quasi certamente la calibrazione
del proprio monitor. Se non disponete di un'unita' video
stabilizzata (come lo splendido Barco Reference Calibrator o
il piu' accessibile Personal Calibrator in prova presto su
MC) non fatevi pero' troppe illusioni. Il problema della
navigazione cromatica del vostro schermo nel corso della
giornata rimane, ma almeno potete "buttare l'ancora" nel
punto giusto e per di piu' dove l'acqua e' piuttosto bassa
(in modo tale che le "correntI" spostino il vostro monitor
il meno possibile).
Per calibrare il monitor e' necessario installare la
"protesi appiccicosa" al Colortron. Al posto del piedino
"normale" si inserisce l'adattatore dotato di ventose col
quale e' possibile far aderire lo strumento allo schermo.
Prima e' necessario regolare opportunamente i controlli di
luminosita' e contrasto (fissandoli subito dopo con pezzi di
nastro adesivo affinche' ne' noi ne' nessun altro si azzardi
a spostarli: i monitor Barco di cui sopra hanno,
sapientemente, i controlli protetti da password!). Per
questa prima regolazione "ad occhio", e' lo stesso software
di calibrazione a venirci in aiuto mostrandoci alcuni grigi
campione che, a taratura manuale effettuata, devono essere
tutti ben visibili e ben distinguibili tra loro.
Nient'altro.
Subito parte la calibrazione automatica che consiste nel
sottoporre al Colortron le capacita' di visualizzazione
colore del monitor. Vedremo scorrere i tre colori primari in
varie intensita', ma anche il bianco e il nero per i
consueti riferimenti di massima e minima luminosita'.
L'operazione complessivamente non dura piu' di qualche
decina di secondi e al termine il software genera il
"prezioso" profilo di calibrazione del NOSTRO monitor.
Inutile ripetere che se avete piu' computer con piu' monitor
e' NECESSARIO ripetere la calibrazione per ognuno di essi.
Concludendo
Per concludere, qualora ne esista la necessita' (non
crediamo...) e' ancora una volta il caso di ricordare che la
calibrazione monitor e' solo uno dei passaggi chiave per non
avere brutte sorprese sui risultati finali. Anche in questo
il Colortron, abbinato ad altri software di taratura delle
periferiche, puo' darci una preziosa mano per calibrare il
nostro scanner o la nostra stampante a colori, ma anche a
"sintonizzarci" con un fornitore esterno (laboratorio
digitalmente attrezzato ma anche la nostra tipografia
abituale, per chi lavora in questo campo) purche'
quest'ultimo non cambi le carte in tavola senza avvisarci.
Torneremo presto, sempre piu' dettagliatamente,
sull'argomento: "stiamo lavorando per voi!". Come sempre!
(Riquadro)
Stampa in RGB?
(e dormi!)
di
Andrea de Prisco
Diciamolo francamente: la notte, normalmente, non porta
consiglio. Fa soltanto fare sogni, belli o brutti che siano,
a condizione di riuscire a dormire. Il problema e' proprio
questo: ogni tanto non dormo e, se non dormo, in quanto
esisto... penso!
Qualche notte fa ho fantasticato sulla possibilita' di
implementare la stampa RGB in luogo della comune
quadricromia utilizzata ormai da svariati decenni. Non alla
ricerca della benche' minima utilita' pratica, ma proprio
come pura e semplice elucubrazione mentale da (momentanea)
insonnia.
Per attuarla, come facilmente intuibile, e' necessario
capovolgere tutti i ruoli per tentare di venirne a capo. La
carta, ovviamente, non puo' piu' essere bianca ma deve
necessariamente essere nera. Tre gli inchiostri utilizzati,
Rosso-Verde-Blu, ai quali, se vogliamo proprio esagerare,
possiamo aggiungere un quarto inchiostro Bianco per non
avere problemi (almeno) su questa tinta. Mica avrete
qualcosa in contrario, vero? Se l'hanno fatto per la sintesi
sottrattiva, inventando la quadricromia appunto per
ottimizzare il nero, perche' non potrei farlo anch'io con la
stampa RGB per ottimizzare il bianco?
In ogni caso i pigmenti colorati dovrebbero essi stessi
riflettere la luce che ricevono (e non filtrarla come accade
in quadricromia) non potendo contare sulla riflessione della
carta utilizzata (nel nostro caso nera).
Tutto cio' premesso, resta sempre un problema: modulando la
dimensione dei punti (come avviene con la normale retinatura)
si ha una corrispondente resa variabile delle singole
componenti cromatiche depositate su un supporto di questo
tipo?
Sinceramene... non lo so proprio. Aspetto la prossima notte
insonne per continuare a pensare. Buonanotte... click!
(Riquadro)
"ADP homepage"
Avviso a tutti i (w.w.w.)naviganti: Siete tutti invitati a
visitare la mia "personal page", interamente dedicata alla
fotografia digitale, all'indirizzo:
http://www.mclink.it/personal/MC0258
Ancora in fase di ultimazione nel momento in cui andiamo in
stampa, ce la mettero' tutta affinche' sia completa (ma non
per questo definitiva) quando leggerete, a novembre, queste
righe. All'interno della "ADP homepage" troverete alcune
fotoelaborazioni digitali, tutti i testi dei precedenti
articoli della rubrica Digital Imaging, in onda su
MCmicrocomputer da ormai due anni, i link con le pagine Web
delle principali aziende interessate alla fotografia
digitale, una sezione dedicata alle novita' in campo
fotodigitale piu' alcune anticipazioni... sul futuro della
rubrica. Mi raccomando, se venite a farmi visita, firmate il
Registro Ospiti: oltre a lasciare una graditissima traccia
della vostra visita, potrete inviarmi altrettanto preziosi
consigli e/o suggerimenti sui futuri sviluppi di questo
'sito'.
Se, infine, siete anche un po' curiosi, potrete divertirvi
(spero!) a leggere la pagina "ADPstory... ware(!)". Provate
ad prevedere il terribile contenuto!
Articolo pubblicato
su
www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni
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