Articolo pubblicato sul n. 170 di
MCmicrocomputer
(Edizioni
Technimedia Srl - Roma) nel febbraio 1997
Digital
Imaging:
Colore... COLORE!!!
(prima parte)
di Andrea de Prisco
Gira che ti rigira, quando si parla di fotografia digitale
le "dolenti note" sono sempre rappresentate dagli aspetti
cromatici delle immagini piu' che dalla loro risoluzione o,
in generale, dal loro trattamento numerico. In particolar
modo, l'utente meno esperto o chi si avvicina per la prima
volta a questo mondo,
si scoraggia facilmente quando nota
che, partendo da un originale su diapositiva o su carta, la
visualizzazione a video offre risultati completamente
inaspettati e l'eventuale stampa a colori, spesso,
addirittura disastrosi. Specialmente quando si e' lavorato
per ore a cercare quel determinato effetto cromatico
(intenzionale o di correzione dominante) per poi rendersi
conto di dover ricominciare tutto da capo una volta visto (e
disprezzato) il risultato su carta.
Il problema, come avrete modo di rendervene conto meglio
leggendo questa nuova collezione di articoli, e' tutt'altro
che banale... e viene normalmente considerato come la
"cenerentola" della situazione. Non si capisce perche', ma
all'utente "normale" (bisogna poi intendersi maggiormente
sul concetto di normalita', tutt'altro che definito) sembra
non sia concesso ottenere con facilita' risultati cromatici
soddisfacenti, a meno di non ricorrere a bizzarre peripezie
dalla ripetitivita' piu' o meno saltuaria. Certo,
l'esperienza serve in ogni campo, ma a voi sembra giusto che
sia cosi' difficile trasportare la giusta informazione
cromatica da un dispositivo all'altro senza provocare, in
ogni passaggio, nuove (spiacevoli) sorprese? L'utente alle
prime armi che deve fare? E quelli piu' esperti, come
dovranno comportarsi davanti ad un nuovo scanner, un nuovo
monitor, una nuova stampante a colori teste' installata?
Disponendo "in proprio" di tutti gli anelli della catena
fotodigitale i problemi non sono pochi, ma cosa succede se
ci appoggiamo, come spesso accade, a service esterni per la
digitalizzazione e/o per la stampa a colori o la
fotorestituzione?
Cercheremo di rispondere non solo a queste domande iniziali
e affronteremo in dettaglio l'argomento Colorimetria con una
serie di articoli «tecnici-ma-non-troppo» proposti per
qualche numero con cadenza quasi mensile. Il "quasi" non e'
dovuto a nostra incuria (ci mancherebbe altro!) ma al fatto
che siamo intenzionati a guidarvi in questo mondo
ipercolorato non soltanto attraverso indicazioni tecniche di
chiara derivazione (reinterpretazione?) teorica, ma
appoggiando di volta in volta il discorso sviluppato a
prodotti hardware e software dedicati al trattamento
cromatico. Solo con questi, si sa, e' possibile ottenere
risultati soddisfacenti, senza mezzi termini, con procedure
pressoche' automatiche. Parleremo di monitor, di stampanti a
colori, di software di calibrazione cromatica, alcuni anche
di difficile reperibilita' (certo non impossibile) e per
questo potremo avere qualche ritardo sulla tabella di
marcia. Ma non escluderemo certo l'utente hobbysta,
notoriamente dal budget limitato, in quanto saranno comunque
chiariti numerosi concetti chiave sull'argomento
(aiutandolo, quindi, a non fare determinati sbagli)
proponendogli anche alcune soluzioni, forse caserecce, ma
comunque di valido supporto per smettere di imprecare
malamente davanti all'oscenita' di una stampa
qualitativamente discutibile.
La teorica colorimetrica non e' materia banale, per secoli
scienziati ne hanno curato ogni possibile aspetto. Come e'
nostra consolidata abitudine (quasi sedici anni di
straonorato servizio... siamo proprio gli unici a potercene
vantare!), sviscereremo solo gli aspetti piu' interessanti,
trattandoli nella maniera piu' comprensibile: e' la "solita"
sfida che MC lancia senza tanti problemi.
Come direbbe, a questo punto, un abile imbonitore di folle
apprendista stregone?
A me gli occhi...
Per l'appunto
Non si puo' iniziare a parlare di colore senza una rapida
visita al nostro sofisticatissimo "biosensore optocromatico
stereoscopico autofocus" che proprio in questo momento si
frappone tra le righe che state leggendo e il vostro
cervello: l'apparato visivo umano.
Ma, puntini sospensivi!, prima ancora di tuffarci tra coni e
bastoncelli (in tempi piu' recenti, nell'era della
sponsorizzazione selvaggia, non avrebbero esitato a
chiamarli Cornetti e Bastoncini!), cristallini, cornea e
nervo ottico (stavo scrivendo "fibre ottiche"!!!) e'
necessaria la premessa delle premesse. Tanto per confondervi
subito le idee, cominciamo col dire che... i colori non
esistono: siamo noi che li vediamo tali, ne' nessuno potra'
mai garantirci che due individui differenti abbiano la
stessa percezione cromatica. Sappiamo che l'erba e' verde,
il cielo azzurro, la neve bianca, i pomodori rossi e siamo
ben in grado (a meno di non essere daltonici) di riconoscere
gli uni dagli altri. Ma come potremmo mai esser certi che le
altre persone vedano il verde, cosi' come gli altri colori,
nel nostro stesso modo? Potrebbe anche darsi che quello che
noi vediamo come giallo, agli occhi di un altro individuo
appaia come il nostro rosso (e viceversa), ma considerando
il fatto che da quando si nasce vediamo i colori in quel
modo non potremmo mai trovarci nulla di strano. Se non vi
convince il ragionamento, cercate di descrivere un colore
senza fare riferimento ad altri oggetti noti o ad altre
tinte. Naturalmente lo stesso ragionamento vale per i suoni,
i sapori, gli odori e... gli stati d'animo (lasciamo perdere
quest'ultimo aspetto se no il ragionamento rischia di
complicarsi inutilmente).
Non per fare inutile filosofia, ma i "sensi" esistono solo
in quanto percepiti da appositi "sensori" (occhi, naso,
orecchie, papille gustative, ecc.). Se gli esseri viventi
non avessero l'odorato... i fiori non sarebbero profumati,
la gente si laverebbe di meno e il primo deficiente a
costruire una fabbrica di deodoranti, fallirebbe miseramente
come merita!
Si potrebbe anche ipotizzare l'esistenza di nuovi sensori
per ulteriori capacita' percettive di noi poveri,
sprovveduti, esseri viventi. Senza esitazione alcuna avrei
chiamato "Minollo" (la citazione alla famosa scenetta della
Smorfia circa il diluvio universale e' d'obbligo) il
biosensore barometrico per capire la tendenza al buono o al
cattivo tempo, mentre sarebbe molto utile un "Lubranoide"
atto a fiutare (il riferimento all'olfatto e' puramente
casuale) i buoni, ma soprattutto, i cattivi affari. Dove
posizionarli sul corpo umano sarebbe un bel problema, ma
certo risolvibile (potrei istituire un concorso a premi...
o, meglio, una gara d'appalto!).
Fiat Lux (benzina e diesel)
Lasciamo da parte le mie (solite) idiozie e torniamo ai
colori. Comunque li vediamo grazie il nostro cervello,
possiamo star certi di una cosa: se siamo in grado di
distinguerli lo dobbiamo alla luce. Al buio assoluto,
infatti, non c'e' alcuna differenza tra una pallina rossa e
una verde, ma anche tra un lenzuolo teste' lavato col Dash e
un drappo nero abbandonato dal pirata di turno.
Ma la luce, in definitiva, che cos'e'?
Semplice (si fa per dire...): e' una radiazione di natura
elettromagnetica al pari delle onde radio, degli infrarossi,
degli ultravioletti, dei pericolosi raggi X e dei micidiali
raggi gamma. Quel che cambia e' la lunghezza d'onda e,
conseguentemente, l'energia posseduta. A frequenze maggiori
(lunghezza d'onda minore) aumenta l'energia e viceversa, se
vogliamo questo e' uno dei motivi per cui le onde radio sono
assolutamente innocue (specialmente alle frequenze minori)
mentre i raggi X attraversano agevolmente i materiali non
pesanti (lasciando spesso il segno) e quelli gamma sono
sprigionati dalle reazioni atomiche (Hiroshima docet...).
Lo spettro visibile della luce - come "vedete" c'e' di mezzo
la capacita' percettiva dei nostri occhi - e' compreso,
estremi esclusi!, tra l'infrarosso e l'ultravioletto. In
basso troviamo le tinte piu' calde, rosse, in alto (in
frequenza) quelle piu' fredde blu-violetto.
La luce bianca comprende l'intero spettro visibile o, se
vogliamo, e' la somma di tutte le frequenze corrispondenti
ai colori dell'iride. Sfruttando la rifrazione ottica e'
possibile suddividere un raggio di luce bianca nelle sue
componenti spettrali (utilizzando un prisma cristallino) e
lo stesso e' possibile all'inverso, prelevando i vari colori
generati in questo modo e ottenendo nuovamente un raggio di
luce bianca all'uscita di un secondo prisma disposto
simmetricamente al primo.
Da evidenziare, a questo punto del nostro viaggio colorato,
che un oggetto qualsiasi illuminato da luce bianca riflette
le componenti cromatiche di quest'ultima simili al suo
colore e assorbe piu' o meno totalmente quelle
complementari. Tenuto conto, ad esempio, che il colore
complementare del blu e' il giallo, illuminando con una luce
bianca una pallina gialla, la vedremo di questo colore
"solo" perche' l'oggetto provvedera' ad assorbire piu' o
meno tutto il blu che fa parte dell'illuminazione
originaria. Da segnalare, en passant, che se provassimo ad
illuminare con una luce blu una pallina gialla questa ci
apparirebbe praticamente nera e lo stesso accadrebbe nel
caso opposto (pallina blu con luce gialla).
Questi "giochetti" erano il passatempo preferito di molti
scienziati nei secoli scorsi e non staremo certo qui a
studiarli nuovamente non essendo questo un corso scolastico
medio-inferiore. E' importante, pero', non dimenticare
questi concetti base, che tanto ci saranno utili per meglio
comprendere gli aspetti base della colorimetria. Ma andiamo
avanti.
Ci vuole occhio!
Siamo partiti dall'occhio o, meglio, dal nostro apparato
visivo e siamo finiti per descrivere, molto
approssimativamente, la luce. E' ovvio che senza luce
l'occhio non avrebbe alcuna ragion d'essere ma e' pressoche'
casuale (chiedete eventuali chiarimenti al riguardo al Buon
Dio) il fatto che siamo sensibili solo alle radiazioni
comprese tra la luce rossa e quella violetta.
L'occhio e', praticamente, una telecamera a colori molto
compatta, autofocus e con diaframma automatico. L'obiettivo
e' formato dalla cornea e dal cristallino, la sua capacita'
di messa a fuoco e' dovuta al potere diottrico variabile di
quest'ultimo: gonfiandosi o stringendosi permette la messa a
fuoco corretta di oggetti vicini e lontani. Gli anziani
hanno difficolta' a vedere nitidi gli oggetti vicini proprio
perche' il loro cristallino ha perso elasticita' e non
raggiunge il potere diottrico sufficiente per la messa a
fuoco a distanza ravvicinata: un paio di occhiali e... ti
passa la paura.
L'immagine davanti a noi viene proiettata, grazie
all'obiettivo-cristallino, capovolta sulla retina
(posizionata sul fondo dell'occhio): questa e' rivestita di
coni e bastoncelli, elementi fotorecettori. Dall'occhio
parte poi il nervo ottico che collega il tutto al cervello
(regia della gran parte delle attivita' fisiologiche).
I coni sono sensibili ai colori ed entrano in funzione in
presenza di luminosita' medio-alta, i bastoncelli sono
responsabili della visione in condizione di scarsa
visibilita' e lavorano praticamente in bianco e nero. Una
piccola zona centrale della retina, la fovea, e'
caratterizzata da massima concentrazione di coni e assenza
pressoche' totale di bastoncelli: e' la porzione del nostro
campo visivo che offre la maggior "risoluzione" in luce
ambiente ma e' praticamente cieca in condizioni di bassa
visibilita' (evete mai notato la notte che alcune stelle di
minor intensita' sono visibili solo se non le fissiamo?).
Da studi effettuati sin dallo scorso secolo dal medico
inglese Thomas Young, fu ipotizzato che esistessero tre
diversi tipi di coni, sensibili ad altrettanti colori, non a
caso definiti primari. Abbiamo coni sensibili al verde
(pistacchio), coni sensibili al rosso (amarena), coni
sensibili al blu (hanno inventato perfino il gusto "puffo",
secondo me l'hanno fatto solo per simmetria cromatica). La
luce bianca (panna), omnicomprensiva come detto di tutti i
colori dell'iride (fa ingrassare come tutti i gusti gelato
messi insieme), stimolera' in egual misura tutt'e tre i
fotorecettori; una luce gialla quelli del verde e del rosso,
mentre una luce blu si limitera' a stimolare solo quelli
sensibili a tale colore primario.
Sempre in maniera piuttosto empirica, fu mostrato come fosse
possibile generare la maggior parte dei colori presenti in
natura come somma dei tre colori primari e per far questo fu
messa a punto una speciale macchina colorimetrica basata su
tre fasci luminosi monocromatici rosso, verde, blu che
sovrapponevano le loro emissioni su un unico schermo.
Accanto a quest'ultimo veniva proiettato il generico colore
da simulare e ai partecipanti all'esperimento veniva chiesto
di trovare la terna di colori primari, regolando
singolarmente le intensita', che riproduceva la medesima
tinta. I daltonici fornirono risultati allucinanti ("Per
favore, se ne vada!"... scherzo ovviamente, la stessa
macchina fu utilizzata proprio per studiare questo disturbo
visivo), mentre gli individui "normali" fornirono risultati,
nella maggioranza dei casi, piuttosto coerenti. Per alcune
tinte fu accertata l'impossibilita' di trovare la terna
giusta, difficolta' che veniva meno aggiungendo
successivamente un colore primario alla tinta da ricercare.
E fu ipotizzato che la risposta dei nostri fotorecettori per
alcune frequenze dello spettro avesse un andamento negativo.
Insomma, un bel pasticcio... ma eravamo agli inizi della
colorimetria moderna. Pensate che allo stato attuale, il
diagramma di cromaticita' della CIE (Commission
Internationale de l'Eclairage) universalmente riconosciuto
come standard - per il quale vi stressero' nei prossimi mesi
- e' basato su tre "primari" immaginari (non visibili),
freddamente battezzati X, Y e Z. Miscelandoli
opportunamente, come i classici RGB (si veda oltre), e'
finalmente possibile restituire TUTTI i colori visibili (e,
incidentalmente, infiniti colori non visibili) e non solo un
ristretto sottoinsieme.
Sintesi cromatica
Quando emissioni di luce colorata vengono sovrapposte per
generare nuove tinte si parla di sintesi cromatica additiva.
Il bianco, tanto per citare il solito esempio, vien fuori
dalla sovrapposizione di una luce blu, una luce rossa e una
luce verde. Ma non e', naturalmente, l'unico sistema per
generare i colori. Un secondo metodo, usato in particolar
modo in tipografica e piu' in generare nelle arti grafiche
(pittura compresa!) e' detto sintesi sottrattiva e riproduce
le tinte sottraendo al bianco i colori primari prima
elencati. Per generare il giallo - come gia' anticipato -
sottrarremo alla luce bianca il blu, sottraendo il rosso
otterremo l'azzurro ciano, mentre facendo lo stesso col il
verde avremo rosso magenta. Questo, come i vari
rosso-porpora, non e' un colore spettrale: per quanto
giocheremo col nostro prisma, non riusciremo mai ad
estrarlo!. Lo possiamo pero' ottenere dalla somma del rosso
e del blu (fiiiuuu!!!).
E come funziona un filtro sottrattore? Semplice: e'
realizzato con un materiale semitrasparente del colore
complementare a quello da filtrare. Un filtro giallo spazza
via il blu, un filtro magenta fa fuori il verde, un filtro
azzurro ciano ce l'ha a morte col rosso (ogni riferimento
agli azzurri di Forza Italia, contrapposti ai rossi di
Rifondazione e del PDS, e' puramente casuale. Forse!).
Disponendo dunque di filtri colorati giallo, magenta, ciano,
(o meglio di tre serie di filtri di tali colori nelle varie
intensita'), possiamo divertirci a "creare" qualsiasi colore
sovrapponendo filtri di diversa tinta e intensita' ad una
fonte luminosa bianca.
Sul medesimo principio, sintesi sottrattiva (detta anche CMY,
da Cyan, Magenta, Yellow), si basa la pittura, la stampa
tipografica e, a ben vedere, anche quella fotografica.
Sovrapponendo su un fondo bianco pigmenti colorati che
assorbono (sottraggono) determinate bande cromatiche e'
possibile la stampa a colori. La modulazione dell'intensita'
si ottiene col noto meccanismo della retinatura, con la
quale le tinte piu' tenui sono realizzate dall'accostamento
rado di puntini di piccolissima dimensione mentre quelle
piu' forti vedono ingrandire i punti di stampa fino a
toccarsi nel caso della copertura piena (colori al 100%).
Poi, per ragioni piu' di natura tecnologia che fisica, ai
tre colori CMY ne viene aggiunto un quarto, il nero (e
diventa CMYK), in quanto con gli inchiostri e le tecnologie
attualmente disponibili proprio quest'ultimo non-colore ha
notevoli problemi di resa. Cari ciano, magenta e giallo,
visto che non siete capaci di generare un nero degno di
questo nome, lo stampiamo a parte e non ne parliamo piu'.
Nacque cosi' la quadricromia...
Triadi e fosfori
I monitor a colori sono, invece, dispositivi che utilizzano
la sintesi additiva (RGB, acronimo di Red, Green, Blu,
rosso, verde, blu) per generare le varie tinte
visualizzabili. Dal piu' sofisticato monitor ad alta
risoluzione per arti grafiche al piu' scadente TVcolor
domestico di madre ignota, se prendiamo una lente
d'ingrandimento (ben potente nel primo caso, probabilmente
superflua ne secondo) potremo notare che una schermata
completamente bianca in realta' e' formata dal susseguisi di
microscopiche triadi di puntini colorati RGB, detti fosfori.
Un'altra cosa che probabilmente avrete notato, almeno in
passato, era la moda di alcune reti televisive (compresa
mamma RAI) di trasmettere durante le ore mattutine o la
notte il cosiddetto monoscopio o piu' semplicemente le otto
bande colorate verticali durante le prove tecniche di
trasmissione. Otto colori, dal nero al bianco, con in mezzo
il rosso, il verde, il blu, il ciano, il magenta e il giallo
che corrispondevano esattamente alle otto possibili
eccitazioni delle triadi alla massima intensita'. Il nero,
come facilmente intuibile, corrisponde ai "cannoni" spenti:
nessun fosforo viene stimolato e il colore risultante e'
quello dello schermo spento. Da questo la lotta, alcuni anni
fa, a chi ce l'aveva piu' nero: uscirono i TVcolor "UltraBlack",
"MicroBlack", "Black-Black", "Torna a casa Lessie", ma
nessuno capiva perche' fosse cosi' importante questo
non-colore. Magari la gente pensava ad esigenze estetiche:
nero e' bello!
All'estremo opposto... della prova tecnica di trasmissione,
trovavamo il bianco: come detto tale tinta e' realizzata
accendendo contemporaneamente tutte le triadi, alla massima
intensita'. In mezzo le rimanenti sei possibili combinazioni
di uno o due fosfori eccitati. I colori primari, banalmente,
venivano fuori stimolando soltanto i fosfori corrispondenti
(rosso per il rosso, verde per il verde, blu per il blu...
sono stato abbastanza chiaro?). Le rimanenti tre bande,
giallo, ciano, magenta, si ottengono stimolando a due a due
i tre fosfori disponibili: rosso+verde da' il giallo,
verde+blu da' il ciano, blu+rosso da' il magenta.
Gli otto colori fondamentali si ottengono, su un monitor RGB,
proprio in questo modo, tutte le infinite tinte intermedie
vengon fuori regolando opportunamente lo stimolo dei singoli
fosfori. Banalmente un grigio 50% e' ottenuto stimolando in
tale percentuale tutti i fosfori, un acceso arancio e'
formato (ad esempio) dal 100% di rosso e dal 50% di verde e
se a questa tinta aggiungiamo un 75% di blu, abbiamo
probabilmente fatto fuori la pantera rosa.
Difficolta' di stampa
La causa principale per cui sicuramente vi arrabbiate ogni
volta che provate a stampare a colori una vostra foto
digitale risiede soprattutto nel fatto che lo spazio
cromatico CMYK (quello della quadricromia) e' diverso dallo
spazio cromatico RGB. Moltissimi colori visualizzabili sul
vostro monitor non sono proprio fisicamente stampabili,
quindi ogni imprecazione e' assolutamente fuori luogo. Se
puo' aver senso registrare e trattare le immagini in formato
RGB (meglio sarebbe utilizzare un formato device-indepentent
come il CIE-lab), sappiate che prima di mandarle in stampa
e' assolutamente necessario trasformarle in CMYK per
verificare quali tinte state per perdere. Potremmo decidere,
ad esempio, di effettuare ulteriori ritocchi cromatici prima
dell'uscita su carta. Un dispositivo RGB, qual e' il vostro
monitor, e' in grado di simulare con una buona
approssimazione il risultato su carta a condizione che il
software utilizzato sia capace di effettuare la
trasformazione nella maniera piu' opportuna. Torneremo
naturalmente sull'argomento in una delle prossime puntate,
intanto non disperate...
Ci fermiamo qui
Devo confessarvi una cosa. Quando iniziato a scrivere questa
prima puntata di "Colore... COLORE!!!", speravo di riuscire
a parlarvi un po' anche dei principali sistemi di codifica
cromatica oltre i canonici RGB, CMY, CMYK. Sara',
probabilmente, l'argomento della puntata successiva, in onda
sul numero di marzo di MCmicrocomputer. Intanto riflettete
su quanto avete letto questo mese e pazientate ancora un
po'. Vi garantiamo, gia' dal prossimo numero, un bagno
nell'acqua piu' colorata che c'e'.
Non perdetevi, nelle pagine successive, la prima prova su
strada di un paio di prodotti specificatamente realizzati
nell'assoluto rispetto cromatico. Ce n'e' proprio bisogno...
Articolo pubblicato
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