Articolo pubblicato sul n. 172 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) nell'aprile 1997
Digital
Imaging:
Siamo giunti al nostro terzo ed ultimo "appuntamento
teorico" di Colore...COLORE, la breve carrellata di articoli
di Digital Imaging dedicati alla colorimetria. Questo mese
illustreremo e commenteremo brevemente il diagramma di
cromaticita' CIE, col quale e' possibile codificare tutti i
colori visibili utilizzando
in sintesi additiva tre
primari... invisibili. Puo' sembrare un terribile scherzo
della natura ma e' proprio cosi': il nostro apparato visivo
e' talmente tanto complicato (o lo conosciamo ancora troppo
poco, oserei dire!) che per rappresentare tutte le possibili
sfumature cromatiche dobbiamo miscelare tra loro colori
primari che, singolarmente e alla loro massima saturazione,
non riusciremmo a riconoscere o a distinguere da altri. Colori e spettro
Come andiamo ripetendo da mesi, la luce altro non e' che una
radiazione di natura elettromagnetica al pari delle onde
radio, le microonde, i raggi X e i raggi gamma. Cio' che
differenzia tutte queste radiazioni elettromagnetiche non e'
la loro natura fisica ma essenzialmente la lunghezza d'onda
(o, se preferite, la frequenza, inversamente proporzionale
alla prima) e il loro comportamento nei confronti della
materia. Le onde radio, da quelle emesse dai
radiotrasmettitori ad onde lunghe fino alle microonde,
occupano la parte bassa dello spettro elettromagnetico. In
alto troviamo i raggi X e, ancora piu' su, i pericolosi
raggi gamma. Piu' o meno a meta' strada, tra la zona degli
infrarossi e la regione degli ultravioletti, e' situato lo
spettro visibile mostrato in figura 1. L'unita' di misura
normalmente utilizzata e' il "nanometro" (miliardesimo di
metro) e si indica con "nm": a lunghezze d'onda inferiori -
minori di 500 nm - corrispondono i colori piu' freddi
(violetto-blu); a lunghezze d'onda maggiori - al di sopra
dei 600 nm - troviamo i colori piu' caldi (arancione-rosso).
En passant aggiungiamo che la temperatura colore delle tinte
e' in realta' inversamente proporzionale... ai nostri modi
di dire: le tinte generalmente indicate come "fredde"
corrispondono a temperature colore elevate e viceversa. Ma
questo, ad onor del vero, esula terribilmente dal rimanente
contesto. Il diagramma CIE
Nel 1931 la Commission Internationale de l'Eclairage
(Commissione Internazionale per l'Illuminazione) ha definito
un diagramma di cromaticita' standard che comprende tutte le
tinte visibili dall'occhio umano. Si basa, come altre
codifiche di cui abbiamo parlato in precedenza,
sull'utilizzo tre colori primari che, opportunamente
miscelati tra loro in sintesi additiva, permettono di
ottenere tutti i colori esistenti in natura. A differenza,
pero', dei metodi RGB o CMY (sintesi additiva e
sottrattiva), il diagramma di cromaticita' proposto dalla
CIE non dipende dal comportamento di questo o quel
dispositivo di visualizzazione o stampa in quanto e' basato
sul concetto, al limite del filosofico-esistenziale, di
"Osservatore Standard". L'Osservatore Standard e' definito a
partire dalle proprieta' del nostro sistema visivo e si basa
su analisi sistematiche effettuate su un vasto campione di
osservatori umani. E da numerosi studi effettuati nel primo
dopoguerra, fu notata l'impossibilita' di riuscire a
riprodurre per sintesi additiva tutti i colori comunque si
scegliesse la terna di primari reali da miscelare. Solo
aggiungendo un colore primario alla tinta da codificare era
possibile individuare una terna cromatica che la
riproducesse fedelmente: fu ipotizzato cosi' che la risposta
dei nostri fotorecettori retinici (i coni) avesse un
andamento negativo per alcune frequenze dello spettro
visibile. Buttiamo una dimensione
Per non ricorrere ad un diagramma tridimensionale e'
possibile "normalizzare" le tinte facendo in modo che la
loro somma sia sempre pari ad uno. Se X, Y, e Z sono i tre
valori che identificano un colore, X+Y+Z la loro somma, e
noi poniamo: Prima di proseguire...
... e' d'obbligo una doverosa premessa. Tutti i diagrammi
cromatici che vedete pubblicati in queste pagine hanno un
"leggero" difetto: non hanno nulla a che spartire con la
realta'. Questo semplicemente perche' sono stampati su carta
con tradizionali tecniche tipografiche e, proprio per questo
motivo, sono riprodotti utilizzando lo spazio cromatico
(assai ridotto) delle tinte riproducibili con tali mezzi. L'illuminante CIE
Piu' o meno al centro del diagramma CIE e' presente un punto
(un colore), come vedremo tra breve, di importanza
strategica, indicato con la lettera "C". E' il cosiddetto
"Illuminante CIE", assunto come riferimento e corrispondente
alla radiazione emessa da una superficie bianca illuminata
da luce diurna media. Lungo il perimetro curvo della campana
si trovano tutte le tinte spettrali alla loro massima
saturazione: i circoletti grigi e i valori indicati
segnalano le lunghezze d'onda corrispondenti. Nella parte
alta del diagramma "vivono" le famiglie dei verdi; in basso
a sinistra i blu, in basso a destra i rossi. Sul segmento
rettilineo che congiunge i due vertici inferiori della
campana si trovano i colori non spettrali (o porpore) alla
loro massima saturazione. Tutti i colori non spettrali,
dalla saturazione via via decrescente, sono situati nel
triangolo delimitato in basso dal segmento delle porpore e
avente come vertice il punto C (vedi figura 4). Lo stesso
vale per i colori spettrali, situati nella rimanente parte
del diagramma: man mano che ci si avvicina all'illuminante C
i colori sono sempre meno saturi. Da CIExy a CIElab
Affascinante o indifferente, bello o brutto, utile o inutile
che sia (se siete del secondo avviso probabilmente gia' non
state piu' leggendo queste righe) il diagramma di
cromaticita' CIExy finora mostrato ha, ma non per colpa sua,
un solo "difetto". Non e' "linearmente compatibile" - mi si
conceda tale maccheronica espressione - con la nostra
percezione visiva delle differenze tra colori (eccheppalle!!!).
Fermo restando che, come gia' ampiamente dichiarato, i
diagrammi pubblicati in queste pagine sono lontani alcuni
anni luce dai diagrammi reali (a causa dei ben noti -
speriamo! - limiti cromatici della stampa tipografica) prese
alcune coppie di colori (distanti tra loro, in termini
metrici, una determinata quantita' prefissata per tutte le
coppie) in punti diversi dei diagramma potremo notare che
alcuni di essi ci sembreranno piu' simili o piu' differenti
tra loro di altri. Facciamo un esempio (sempre teorico,
vista l'impossibilita' di verificarlo realmente sulle mappe
pubblicate in queste pagine): ipotizziamo di avere un
diagramma CIExy grande dieci centimetri. Prendiamo coppie di
colori, in vari punti del diagramma, distanti tra solo -
sempre ad esempio - tre millimetri e uniamole da un segmento
di pari lunghezza. Potremmo agilmente verificare che in
alcune zone del diagramma i colori agli estremi dei segmenti
sono assai simili tra loro, in altre zone (sempre a tre
millimetri di distanza gli uni dagli altri) sono
percettibilmente molto diversi. La stampa di MC
Per la stampa di MCmicrocomputer (cosi' come per MC-digest,
AudioReview, ACS-audiocarstereo, Orologi e per le nostre
pubblicazioni annuali) ci appoggiamo ad una tipografia
industriale situata nei pressi di Roma (Grafiche P.F.G., di
Ariccia) che utilizza macchine rotative per la stampa in
quadricromia (ma guarda un po'...) capaci di produrre
finanche 25.000 copie l'ora. La velocita' di stampa,
infatti, puo' essere anche aumentata (a discapito della
qualita' e/o quando si ha particolare fretta) o diminuita
per produrre risultati ai massimi livelli o con tipi di
carta particolare: per MCmicrocomputer la velocita'
utilizzata e' di circa 20.000 copie l'ora. Ogni foglio di
stampa, a seconda della macchina utilizzata, puo' contenere
16 o 32 pagine della rivista (i cosiddetti "sedicesimi" o
"trentaduesimi") e dalle "bobinone" di carta che alimentano
tutto il megadispositivo si ottiene in uscita il
fascicoletto di pagine gia' ripiegato su se stesso pronto
per la rilegatura (allestimento). Il primo colore stampato
e' il ciano, segue il magenta, il giallo e infine il nero.
All'uscita dell'ultima unita' di stampa, la carta (ancora
non tagliata) passa prima in un forno di essiccazione per
asciugare i colori, poi su rulli di raffreddamento per
abbassare la temperatura e, prima dell'operazione di taglio
in sedicesimi o trentaduesimi viene applicato uno strato di
silicone per ottenere una resa piu' brillante dei colori. Il
tutto avviene ad una velocita' incredibile: non si capisce
come fa a non bloccarsi tutto durante la lavorazione. Al
volo viene finanche sostituita la bobina di carta senza mai
fermare per un solo attimo la stampa: poco prima che si
esaurisca completamente una delle due bobine viene
accumulato in un apposito buffer meccanico una quantita' di
carta sufficiente ad assicurare, in alimentazione, alcuni
secondi di autonomia per effettuare, sempre automaticamente,
la giuntura dei due rotoloni. Il ∆E di MC
Grazie alla squisita disponibilita' e collaborazione dei
responsabili e dei tecnici di Grafiche P.F.G. sono stati
prelevati alcuni campioni di stampa ad intervalli regolari,
per la precisione ogni 10.000 copie in uscita. Ovviamente,
come riferimento e' stato preso il "sedicesimo" contenente
il precedente articolo di Digital Imaging (pubblicato su
MCmicrocomputer di marzo) nel quale, come avete avuto modo
di notare, abbiamo inserito la tabella cromatica del
pacchetto PrintOpen ICC della Linotype Hell (distribuito
dalla Modo di Reggio Emilia). Con questo e col cromalin
corrispondente a quelle pagine, abbiamo effettuato due
distinte misurazioni, utilizzando lo spettrofotometro
Colortron della Light Source. La prima ha riguardato la
misurazione dello spazio cromatico della stampa tipografica
di MCmicrocomputer e la costruzione (sempre grazie a
PrintOpen) del profilo ColorSync corrispondente. Questo ci
servira', in futuro, per avere uscite calibrate con il reale
processo di stampa. Articolo pubblicato su www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni clicca qui |