Articolo pubblicato sul n. 177 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) nell'ottobre 1997

MCmicrocomputer


Digital Imaging:
Fujix DS-300

di Andrea de Prisco

Eran trecento (mila), eran giovani e forti (si fa per dire...) e sono morti (tiè). Di ritorno da un lungo viaggio pan-europeo, non è la mia insolita vena patriottica a farmi esprimere in tal modo, ma la contentezza di avere tra le mani (non per la prima volta, ma le emozioni sono sempre emozioni) una fotocamera digitale dotata di un sensore CCD in grado di fornire una qualità immagine, sebbene ancora non propriamente "fotografica", quantomeno entusiasmante nell'attuale panorama di mercato. Risultati lontani anni luce, si badi bene, da quelli ottenibili con Copertina del numero di MCmicrocomputer contenente l'articolola stragrande maggioranza degli apparecchi digitali di fascia bassa - dal costo al pubblico spesso tutt'altro che consumer - notoriamente basati su dispositivi CCD di chiara derivazione videoamatoriale e accreditati di un numero di pixel compreso tra duecento e cinquecento mila (di solito trecentomila). Valori con i quali è possibile si e no ottenere immagini formato 320x240, sufficienti a mala pena per la pubblicazione in Internet, magicamente gonfiati a suon di interpolazioni software più o meno sofisticate fino a quota 640x480 se non addirittura 800x600. Come se la fotografia digitale non fosse anch'essa figlia delle basilari leggi della fisica antica e moderna in cui, notoriamente, nulla si crea e nulla si distrugge. Nella fattispecie, a distruggere (eliminare pixel) siamo tutti bravi passando da una risoluzione più alta ad una più bassa, ma come è possibile creare ulteriori dettagli immagine quando un sensore CCD offre solo poche centinaia di migliaia di elementi?

Il tutto SENZA MAI DIMENTICARE (scusate, se volete saltate a piè pari questo "comma", ma lo continuerò a ripeterlo - gridandolo se possibile a gran voce! - in ogni mio articolo riguardante apparecchi di questo tipo, almeno fintantoché non mi arrestino per... vilipendio dell'elettronica digitale), dicevo senza mai dimenticare che il numero di pixel di un'unità CCD - trecentomila, ottocentomila, seimilioni, sedicimilioni - si riferisce SEMPRE agli elementi monocromatici. Fino a quando non realizzeranno dispositivi di lettura in cui ogni singolo pixel è in grado di riconoscere anche le caratteristiche cromatiche (e non solo la luminosità), per ottenere una codifica a colori è necessario sovrapporre al sensore una rete di microfiltri RGB (rosso, verde, blu) che in un certo senso "sprecano" ben tre pixel adiacenti diversamente colorati secondo la sintesi additiva per conoscere le caratteristiche cromatiche di ogni singolo punto della nostra immagine digitale. E' vero che grazie ad alcuni artifici software si riesce ad ottimizzare al massimo la composizione dell'immagine finale a colori a partire dalla sovrapposizione di tre immagini RGB ottenute dalla microfiltratura (perdipiù leggermente sfasate tra loro proprio per la distribuzione dei microfiltri), ma non al punto tale da riuscire ad eguagliare la reale risoluzione monocromatica del sensore CCD alla risoluzione dell'immagine digitale a colori effettivamente ripresa. E quando dico "risoluzione", intendo dire proprio capacità di distinguere, risolvere, punti o linee del colore originario sull'immagine digitale. Intendo dire, in altre parole, che se una determinata fotocamera dichiara una risoluzione di 640x480 pixel DEVE essere possibile fotografare un tabellone formato da 640x480 punti di colore diverso per ritrovarli tali e quali (come avverrebbe utilizzando uno scanner) sull'immagine digitale ripresa. Allo stato attuale, invece, quel che otteniamo è una disgustosa marmellata di pixel (tendente al marrone... tanto per restare in tema!) avendo letteralmente messo in crisi il sensore CCD e con esso le vergognose falsità di chi vi ha promesso, buggerandovi, la luna digitale. Fidarsi è bene, verificare è meglio.

Parola di MC!

 

Fujix DS-300

 

La fotocamera digitale in prova questo mese è prodotta dal colosso giapponese Fuji, è dedicata prevalentemente all'utenza professionale pur essendo offerta ad un prezzo di vendita alto, si', ma non stratosferico. A seconda della configurazione (accessori, memoria, interfacciamento col computer) ha un prezzo di vendita compreso tra i cinque e i sette milioni più IVA. Ben al di sopra, dunque, di molti altri prodotti oggi in commercio, proprio come le sue caratteristiche tecniche e i risultati fotografici oggettivamente ottenibili.

Il sensore CCD utilizzato è da due terzi di pollice e conta un milione e trecentomila pixel: probabilmente è lo stesso utilizzato nella versione reflex ad ottica intercambiabile prodotta in joint venture con Nikon (tanto di cappello). Circa un anno fa abbiamo recensito, sempre nelle pagine della rubrica Digital Imaging, il modello E2s (per gentile concessione della Nital di Torino, importatore ufficiale di tutti i prodotti fotografici e fotodigitali Nikon) analogo all'apparecchio prodotto dalla Fuji, distribuito dalla ONCEAS di Milano e marchiato DS-515.

La DS-300, ad un costo che è circa un terzo della versione reflex, dal punto di vista digitale promette e mantiene risultati eccellenti e del tutto paragonabili a quelli ottenibili con quest'ultima. In più ha dimensioni molto compatte (se paragonate a quelle della DS-515/E2s) è ancor più facile da utilizzare, integra un piccolo flash elettronico automatico, dispone di un obiettivo zoom la cui escursione focale ha effetto anche nel mirino ottico a prisma di Porro.

Certo, l'ottica non intercambiabile limita un po' le applicazioni professionali più spinte: niente tubi di prolunga o soffietti per riprese in macrofotografia, né è offerta la possibilità di utilizzare potenti teleobiettivi o ottiche supergrandangolari. Insomma la DS-300 è una bella "compattona", automatica o completamente manuale alla bisogna (esposizione, messa a fuoco, bilanciamento cromatico del bianco), con la quale - ringraziando Iddio! - è lasciato al fotografo, a sua discrezione, il completo controllo delle numerose funzionalità dell'apparecchio. E da questo punto di vista, la DS-300 si becca un meritatissimo dieci e lode senza tante storie.

Il sensore CCD ha una sensibilità equivalente di 100 ISO (come una pellicola "normale") ma, in condizioni di illuminazione ridotta, può essere aumentata a 400 ISO attivando un circuito analogico di amplificazione. Naturalmente non fa miracoli e a maggior sensibilità corrisponde anche un maggior disturbo (rumore) nelle zone d'ombra: da utilizzare solo quando è proprio strettamente necessario.

L'ottica zoom conta nove lenti in nove gruppi, ha un'escursione focale 3x variabile tra 9 e 27 mm, corrispondente, nel tipico formato fotografico tradizionale (135) a un obiettivo 35-105 mm. La luminosità massima varia da f/3.5 in posizione grandangolare a f/5.6 in quella tele. Il diaframma minimo utilizzabile è rispettivamente f/11 e f/19 (in funzione sempre della focale), mentre il range dei tempi di esposizione varia da 1/4 a 1/1000 di secondo (su tutti i valori è possibile la sincronizzazione flash). La misura dell'esposizione è TTL (avviene attraverso l'ottica, tenendo così effettivamente conto della focale utilizzata), multizona (su nove aree, con commutazione automatica tra lettura media e spot), mentre potrebbe sembrare un po' limitata la sensibilità dell'esposimetro, in grado di funzionare solo tra EV 5.5 ed EV 17. In realta' tale range è comunque sufficiente per operare correttamente tra 1/4 di secondo a f/3.5 (massimo tempo d'esposizione e massimo diaframma) e 1/1000 di secondo a f/11, minimi valori utilizzabili, quindi semmai la critica va mossa all'otturatore che, direi inspiegabilmente, non è in grado di rimanere aperto più a lungo (né è prevista la posa B). La lettura esposimetrica può essere compensata manualmente dall'utente tra -0.9 e +1.8 EV, operazione necessaria per la corretta ripresa di soggetti in controluce o su fondo scuro.

Il flash incorporato, anch'esso zoom (la sua copertura varia in funzione della focale utilizzata), ha un numero guida massimo variabile tra 11.5 e 14.8 sufficiente per illuminare in automatico soggetti compresi tra 40 cm e 3.3 metri. Per distanze maggiori, o per esigenze più specifiche, è possibile utilizzare un normalissimo flash elettronico automatico installato sulla slitta standard esterna: peccato non sia possibile la misurazione TTL anche della luce lampo, né sia presente un contatto sincro per cavetto (per un collegamento di questo tipo, ad esempio per utilizzare un flash a torcia, è necessario ricorrere ad un comune adattatore da installare sulla slitta porta accessori). Ovviamente il piccolo flash integrato può essere sia attivato sia disattivato manualmente, indipendentemente dalle condizioni di illuminazione rilevate dal sofisticato controllo esposimetrico della DS-300.

La messa a fuoco automatica, da 40 cm all'infinito, come si conviene alle più sofisticate telecamere a telemetro elettronico, è di tipo ibrido attivo/passivo. In condizioni di illuminazione favorevole la massima nitidezza è riconosciuta attraverso la ricerca del massimo microcontrasto (in tal caso la misurazione è impropriamente detta passiva), quando la luce a disposizione risulta insufficiente, si attiva automaticamente un invisibile servo illuminatore a raggi infrarossi che schiarisce le idee al dispositivo di misurazione della distanza. Il blocco della messa a fuoco, contestualmente alla memorizzazione della lettura esposimetrica corrente, avviene premendo a metà corsa il pulsante di scatto: più che sufficiente la sensibilità del sistema autofocus, in grado di funzionare da LV (Light Value) 0 a LV 17. In tutte le condizioni maggiormente critiche, la messa a fuoco può essere operata anche manualmente e, commutando la funzionalità di ripresa macro (da 20 a 40 cm), è possibile verificarla in diretta su monitor esterno, utilizzando l'apposita uscita videocomposita disponibile lateralmente. L'apparecchio in prova in queste pagine è un prototipo della versione giapponese, in grado di fornire esclusivamente un'uscita video NTSC (visualizzazione in bianco e nero sui TV color nostrani, comunque utilizzabile per il controllo della messa a fuoco) ma le macchine in vendita nel nostro paese saranno ovviamente dotate anche di uscita videocomposita in standard PAL, utilizzabile per visualizzare a colori le immagini riprese prima ancora di trasferirle, in digitale, sul computer.

L'alimentazione è fornita da una batteria ricaricabile agli ioni di litio, in un formato già visto per alcune telecamere di recente produzione (semplificando notevolmente la reperibilità di tali elementi), la tensione è di 7.2 V, capacità dichiarata di 1.250 mA/h con la quale è possibile riprendere da 200 a 800 immagini a seconda dell'impiego del flash elettronico integrato. E' ovviamente possibile anche l'alimentazione esterna, utilizzando come alimentatore lo stesso caricabatterie fornito a corredo con l'apparecchio. Al mantenimento di data e ora dell'orologio interno, memorizzate assieme agli altri dati di ripresa assieme ad ogni immagine, provvede una piccola batteria al litio CR2025 (anche questa piuttosto diffusa) da sostituire una volta l'anno.

La "pellicola" è rappresentata da una scheda di memoria estraibile in standard PCMCIA (ATA o SmartMedia), disponibile in tagli da 2,5,10, 15 e 40 megabyte. A seconda del fattore di compressione impostato (Hi, Fine, Normal, Basic) e del formato immagine utilizzato (la DS-300 offre sia il 1280x1000 che un più moderato 640x480) in dieci megabyte di RAM è possibile immagazzinare da un minimo di 4 ad un massimo di 227 immagini. Utilizzando il formato di compressione Fine, il più indicato per non impegnare troppa memoria e, al contempo, non massacrare l'immagine ripresa, ogni scatto occupa approssimativamente 640 KB alla massima risoluzione e 167 KB a 640x480. In tal caso in una memory card da 10 megabyte si riescono a memorizzare rispettivamente 16 o 64 immagini (o una quantità intermedia utilizzando ora l'uno ora l'altro formato). Utilizzando la modalità Hi, i file sono salvati in formato TIFF non compresso, per Fine, Normal e Basic è utilizzato il consueto JPEG a fattori di compressione/decadimento qualità via via crescenti.

Non manca, infine, un autoscatto elettronico con ritardo fisso di 10 secondi.

 

Funzioni e comandi

 

Per quel che riguarda l'estetica, come già anticipato e come è ben visibile nelle immagini che accompagnano quest'articolo, la Fujix DS-300 ha proprio le sembianze di una fotocamera tradizionale compatta... ma non troppo. Più che una 35mm ricorda una "medio formato" d'altri tempi: naturalmente il display LCD sul lato superiore, il flash integrato e la presenza di comandi logici in luogo di pulsanti e ghiere meccaniche dichiarano marcatamente la sua natura tecnologicamente avanzata, già prima di lasciar intendere (a chi la osserva solo di sfuggita) che si tratta di un apparecchio assolutamente digitale, che mai ha conosciuto né mai incontrerà sulla sua strada alcun tipo di pellicola fotografica.

Il fatto di avere un look assolutamente tradizionale (per alcuni anche troppo) è comunque un fatto apprezzabilissimo. Si usa come una macchina fotografica tradizionale, con le sue ghiere, il suo pulsante di scatto, tutti i comandi situati al posto giusto dove chi fotografa da tempo già sa di trovare. Insomma, si vede che la DS-300 è costruita da chi di fotocamere (tradizionali) se ne intende, ed è già abituato ad assecondare ogni esigenza ergonomica dei fotografi.

Tra gli accessori opzionali troviamo addirittura "un motore" da installare sul fondello. Ovviamente di meccanico ha ben poco, ma proprio come i winder o di motor driver delle fotocamere tradizionali permette di riprendere immagini in rapida sequenza: fino a 12 scatti alla ragguardevole velocità di 4.5 fotogrammi al secondo. Probabilmente contiene una cospicua quantità di memoria tampone nella quale le immagini vengono rapidamente memorizzate senza operare alcuna compressione sulle stesse, operazione che viene compiuta solo al termine della "raffica" impegnando per alcuni secondi l'intero apparecchio (non utilizzabile in questa fase). Sul medesimo accessorio, non a caso denominato Extension Unit, troviamo anche una porta SCSI che consente il collegamento ad alta velocità col computer per il trasferimento delle immagini. Alternativamente è possibile utilizzare la porta seriale presente sull'apparecchio, oppure leggere direttamente le schede di memoria PCMCIA attraverso un apposito lettore di card, come quelli ormai disponibili su tutti i computer portatili (perfino sui palmtop Windows CE).

Una critica possiamo muoverla solo riguardo il mirino, attraverso il quale l'immagine appare di dimensioni piuttosto ridotte. Inoltre, se non centriamo bene l'oculare con l'occhio (possiamo utilizzare indifferente sia il destro che il sinistro) l'immagine si scurisce lateralmente fino a scomparire completamente dalla vista.

In compenso troviamo, all'interno dell'oculare, numerosi segnali in sovraimpressione (tecnologia LCD) che appaiono solo quando necessario. Si va dalla ricarica del flash agli stati di sovra o sotto esposizione, dalla corretta o impossibile messa a fuoco alla distanza di ripresa (schematizzata da una fila più o meno lunga di trattini), dalla cornice del duplicatore di focale (viene ripresa, a più bassa risoluzione, solo la parte centrale dell'immagine inquadrata) alle cornici supplementari per le riprese a distanza ravvicinata (sono due: a seconda della vicinanza del soggetto compare solo quella necessaria alla corretta inquadratura) per compensare il ben noto errore di parallasse dovuto alla distanza tra il mirino e l'obiettivo di ripresa. Esternamente al mirino, ma sempre visibile durante le inquadrature, troviamo due LED colorati: quello verde segnala l'avvenuta messa a fuoco e lo stato di pronto a scattare, quello rosso un'eventuale condizione di errore.

Il lato superiore della DS-300, come in ogni fotocamera di impostazione tradizionale, è quello più ricco di particolari interessanti. Ovviamente troviamo il pulsante di scatto: premuto per metà attiva, come di consueto, la messa a fuoco e la lettura esposimetrica. Accanto a questo una prima ghiera si utilizza per selezionare ne diverse funzioni. Possiamo scegliere l'esposizione manuale, automatica a priorità dei tempi, a priorità dei diaframmi, programmata (la fotocamera seleziona automaticamente entrambi i parametri di ripresa), attivare il setup della macchina, il collegamento al PC, la riproduzione a video delle immagini in memoria, spegnere l'apparecchio. La posizione di OFF è l'unica protetta da azionamenti involontari tramite un piccolo pulsante di sblocco situato lì vicino. Una seconda ghiera, di dimensioni leggermente più ridotte e priva di qualsiasi indicazione, si utilizza per effettuare la quasi totalità delle regolazioni della macchina e la sua funzione è diversa a seconda della posizione della ghiera principale. Ad esempio in riproduzione seleziona l'immagine da visualizzare, nell'automatismo a priorità dei diaframmi regola quest'ultimo parametro, seleziona la voce del setup e, azionata insieme al pulsante SET posto accanto all'oculare regola ulteriori parametri. Altri pulsantini li troviamo a fianco al display: con questi possiamo effettuare le riprese a distanza ravvicinata, attivare o disattivare il flash integrato, cancellare l'ultima immagine ripresa o procedere all'inizializzazione (cancellazione) completa di una scheda di memoria. Infine, accanto alla ghiera di regolazione, troviamo il comando per lo zoom elettrico, sempre a portata di dito pollice.

 

Setup dell'apparecchio

 

Le funzioni svolte dalla fotocamera, nonostante il ridotto numero di pulsanti, sono davvero tantissime ma di facile ed immediato utilizzo. Posizionando la ghiera principale sulla voce SETUP abbiamo la possibilità di regolare o selezionare numerosi parametri di funzionamento.

Possiamo, ad esempio, impostare una compensazione manuale dell'esposizione, passare da messa a fuoco automatica a manuale (o viceversa), effettuare il bilanciamento manuale del bianco. Quest'ultima operazione è necessaria in condizioni di illuminazione particolare, ad esempio utilizzando normali lampade ad incandescenza (la luce flash, come noto, offre la medesima temperatura colore di quella solare e dunque non necessita di alcuna taratura specifica). Come per le telecamere a colori, il bilanciamento manuale del bianco si effettua inquadrando un foglio di carta illuminato dalla luce disponibile nell'ambiente di ripresa e agendo su un apposito comando. Da non dimenticare attivato quando si passa alle condizioni di ripresa standard.

Sempre con la ghiera principale sulla posizione SETUP possiamo scegliere la sensibilità equivalente del CCD, impostare la compressione delle immagini (e, conseguentemente, la loro qualità finale), la risoluzione utilizzata. Possiamo, ancora, impostare la ripresa monocromatica, inserire il moltiplicatore di focale digitale, utilizzare la ripresa con preview che ci permette di visualizzare a monitor l'immagine "scattata" prima di procedere alla sua compressione e registrazione in memoria. La modalità di ripresa in bianco e nero si utilizza per riprendere oggetti monocromatici (ad esempio testi) sfruttando la massima risoluzione offerta dal CCD e senza disturbi cromatici indesiderabili (pseudocolori).

 

A spasso con la DS-300

 

Un altro dei vantaggi di disporre di una fotocamera digitale di dimensioni e forma più o meno tradizionali, consiste nel fatto di riuscire a effettuare riprese fotografiche finanche in mezzo alla gente e senza attirare troppa attenzione (con la versione reflex, precedentemente provata, era un "tantino" più difficile). Così, fotocamera a tracolla, pantaloncini corti, zoccoli olandesi, camicia hawaiana e collana di fiori, mi sono mimetizzato tra folla dei turisti di Fontana di Trevi, passando al massimo per profugo albanese in cerca di guai.

Fatto sta che la Fujix DS-300 funziona proprio bene, il suo sistema esposimetrico non fallisce mai un colpo, grazie anche all'eccezionale latitudine di posa (la tolleranza entro la quale si riescono a compensare eventuali variazioni di esposizione) del sensore CCD che permette di riprendere correttamente, nella stessa immagine, sia soggetti in ombra che ben illuminati dal sole. Con una pellicola fotografica tradizionale, nelle medesime condizioni, non dico che sia impossibile riuscire a fotografare, ma quantomeno i risultati sono discutibili.

Buona la risoluzione: con un 1.300.000 pixel si comincia davvero a ragionare. Certo, se fossero ancora di più non ci dispiacerebbe affatto, ma come potete osservare dalle immagini pubblicate in queste pagine non ci possiamo proprio lamentare (una volta tanto!). Ovviamente non è possibile spingersi a dimensioni maggiori, diciamo oltre i 10-12 cm di base, se non vogliamo accontentarci di una risoluzione finale modesta. Questo per quanto riguarda la stampa tipografica, notoriamente "sintonizzata" sui 300 punti per pollice. Se stampiamo a getto di inchiostro, complice la minore risoluzione reale (non quella dichiarata, s'intende!) della maggior parte delle periferiche di questo tipo, possiamo ottenere "uscite" ancora decenti spingendoci fino al formato A5 (15x21 cm circa) ed oltre.

Ottima, infine, la resa del piccolo flash integrato, in grado di schiarire correttamente le ombre in luce esterna e di illuminare perfettamente soggetti posti a breve distanza o comunque ripresi in ambienti di ridotte dimensioni. In tutti gli altri casi ci viene in aiuto la slitta porta accessori sul quale montare un flash separato di qualsivoglia potenza. Brava Fujifilm!

 

In conclusione

 

Terminiamo quest'articolo sulla Fujix DS-300 con il consueto sguardo al listino prezzi. La macchina "nuda e cruda" costa poco più di cinque milioni, ma non dispone né del caricabatterie né dell'indispensabile scheda di memoria per memorizzare le immagini. In questo stato può essere acquistata solo da chi dispone di altre fotocamere digitali della stessa marca, con le quali condividere gli accessori fondamentali. Il prezzo di listino da prendere in considerazione è quello del kit completo (poco meno di sette milioni, oltre l'IVA), nel quale troviamo la fotocamera, una scheda di memoria da 15 megabyte, software e cavetti per l'interfacciamento attraverso la porta seriale. A parte, poi, è possibile acquistare l'extension unit da 3 o 12 scatti in sequenza rispettivamente con un sovrapprezzo di 1.760.000 o 2.400.000 lire.
Certo, come già anticipato in introduzione, non si tratta di prezzi "popolari": la Fujix DS-300 non si propone affatto come fotocamera per utilizzo consumer, ma è rivolta a chi ha esigenze professionali non troppo spinte. A chi può comodamente far a meno dell'ottica intercambiabile e del mirino reflex ed è interessato principalmente ad una fotocamera di dimensioni compatte in grado di fornire risultati di tutto rispetto.

Altrimenti, una bella DS-515 o una Nikon E2s non gliela nega proprio nessuno...


Fujix DS-300

Produttore:

Fuji Photo Film Co.
Tokyo (Japan)

Distributore:

ONCEAS SpA
Via De Sanctis, 41
20141 Milano
Tel. 02/89582241
Fax 02/8464121

Prezzo al pubblico (IVA esclusa)

Fujix DS-300 L. 5.200.000
Fujix DS-300 + RAM 15 MB + kit seriale + alimentatore L. 6.970.000
Extension Unit SCSI - 3 scatti in sequenza L. 1.760.000
Extension Unit SCSI - 12 scatti in sequenza L. 2.400.000
 


 

Aspettando il futuro

 

di Andrea de Prisco

 

Volendo, anche utilizzando sensori CCD da cinquecentomila pixel potrebbe essere possibile ottenere immagini digitali di qualità "quasi" accettabile. Bisognerebbe però utilizzarne tre in ogni apparecchio, ognuno filtrato secondo la sintesi cromatica additiva RGB: un apposito prisma ottico - come già accade in molte telecamere professionali e in alcune amatoriali di fascia altissima - grazie alle sue superfici semiriflettenti triplicherebbe l'immagine inquadrata spedendone una al sensore CCD del rosso, una a quello sensibile al verde, una verso l'elemento recettore del blu. Otterremmo, così, cinquecentomila pixel veri a colori, con i quali è possibile ottenere un'ottima immagine SVGA 800x600, eccellentemente stampabile in formato 10x15 cm a 130-140 punti per pollice, risoluzione reale ben gestita da qualsiasi stampante a getto d'inchiostro di recente produzione. Per ottenere un dignitoso A4 (21x29.7 cm) ognuno dei tre sensori CCD dovrebbe avere quasi due milioni di pixel, generando in tal modo file immagine da quasi sei megabyte (di verità, non di bugie!), sempre nell'ipotesi di riservare "solo" 24 bit per ogni pixel.

A dirla tutta, con la moderna tecnologia dei cristalli liquidi è già possibile utilizzare un solo sensore CCD e ottenere ugualmente, in uscita, un numero di pixel a colori esattamente pari al numero di elementi monocromatici di cui è formato il dispositivo senza effettuare alcuna alchimia di interpolazione matematica. Non si tratta di fantascienza, la Dicomed l'ha già adottato per il suo eccezionale dorso digitale BigShot da sedici milioni di pixel: è un filtro in grado di commutare immediatamente il suo colore tra il rosso, il verde e il blu, lasciando passare a seconda dello stimolo elettrico ricevuto, ora l'una, ora l'altra, ora l'altra ancora componente cromatica. La fotocamera, in questo caso, riprenderebbe in rapida sequenza tre esposizioni successive (il tutto in pochi millesimi di secondo) commutando per ognuna di esse il colore del filtro LCD posto davanti al sensore CCD o davanti all'obiettivo.

Ora, provate ad immaginare un filtro di questo tipo all'interno di una fotocamera in tutto e per tutto simile alla Fujix DS-300, utilizzando il medesimo sensore CCD da 1.3 milioni di pixel in versione assolutamente monocromatica (privo, cioè, della microfiltratura RGB). Vinceremmo, in un sol colpo, una risoluzione tre volte maggiore, con la quale generare immagini a colori tre volte più nitide o, se preferite, tra volte più grandi a parità di qualità.

Futuro, fai presto!


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