Articolo pubblicato sul n. 186 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) del luglio 1998
Prove prodotti: Da MC n. 173, del maggio 1997: "La tecnologia, si sa, avanza. Tutto (o quasi tutto...) quel che solo una manciata di anni fa sembrava appartenere rigorosamente al capitolo fantascienza si è magicamente, e in tempi anche più rapidi delle migliori aspettative, trasformato in realtà. Una realtà ricca di contenuti tecnologici, ai quali diviene sempre più difficile star dietro: i tempi sono cambiati, si usa dire, ma forse oggi sarebbe meglio convincersi che... i tempi cambiano continuamente." Risale a poco più di un anno fa la nostra precedente prova a confronto interamente dedicata alle stampanti a getto di inchiostro, per la quale è stata messa a punto da MCmicrocomputer un'apposita metodologia di test per provare e verificare fin in fondo le caratteristiche tecniche dichiarate e le prestazioni raggiungibili dai vari modelli. Come forse i lettori più attenti ricorderanno, la nostra metodologia di prova per le stampanti a getto d'inchiostro prevede numerosi test prestazionali, tutti di spiccata vocazione "user-oriented" (velocità di stampa, durata inchiostri, resa fotografica, ecc. ecc.), sconfinando per certi versi anche nelle capacità più "intime" delle macchine in prova, prime tra tutte la misura della risoluzione effettiva di stampa. Ed è proprio in questo campo, come già accaduto lo scorso anno, che in verità abbiamo riscontrato maggiori sorprese. I costruttori, infatti, fanno notoriamente la gara a chi... la spara più grossa, specialmente quando si tratta di dati dichiarati difficilmente contestabili dall'acquirente. Si sente parlare sempre più di risoluzioni grafiche da capogiro, mille e passa punti per pollice nei casi più "disperati", ma quanto questi valori rispecchiano effettivamente la realtà? Oppure: preso atto che spesso e volentieri ci troviamo davanti a valori dichiarati anche due o tre volte superiori alle effettive capacità della macchina, mi si conceda il seguente, retorico, interrogativo: "mille, mille e due o millequattrocento punti per pollice... in che senso?". Se la matematica non è un'opinione, anche la fisica non è da meno, e fino a prova contraria dichiarare di riuscire a stampare (ad esempio) a 600 punti per pollice DEVE voler dire che se stampo, in un quadrato di 2.54 cm di lato (un pollice, per l'appunto) seicento linee alternate bianche e nere (o di qualsivoglia colore) DEVE essere possibile vederle come tali sul foglio di carta stampato e non sotto forma di "pastrocchio" informe multicolore.
Un pastrocchio?
E, già, succede proprio questo. Non abbiano ancora incontrato, sul nostro impervio cammino, una (dicesi UNA) sola stampante a getto di inchiostro in grado di mantenere, anche solo lontanamente, le promesse date per quel che riguarda la risoluzione. Per quanto siamo stati attenti nella scelta della modalità di stampa più appropriata, nell'utilizzo della migliore carta disponibile sul mercato, i risultati "reali" ottenuti si discostano sempre troppo dalle nostre attese, che poi (ne siamo assolutamente convinti) sono assai simili a quelle dell'utente tipico di una stampante di questo tipo. Utente che, molto probabilmente, dovendo il più delle volte scegliere il modello da acquistare basandosi solo sulle caratteristiche dichiarate, è facile che tenga conto più del dovuto del valore risoluzione indicato dal costruttore. Sull'evidente differenza tra risoluzione dichiarata e risoluzione rilevata attraverso i nostri test (si veda il riquadro a pag. XXX per i dettagli sulla metodologia di prova) è necessario spendere ancora qualche parola al riguardo. Le stampanti a colori, e in particolare quelle a getto di inchiostro con ambizioni digital-fotografiche, non nascono per stampare sottili liniette "cerca-dpi" ma per creare sfumature di colore per le nostre immagini. Più le gocce di inchiostro sono piccole, più sono sottili gli ugelli delle testine di stampa, più si riesce a creare tinte intermedie utilizzando retini di piccole dimensioni. Più il retino è compatto, più sparisce alla nostra vista simulando un comportamento di resa a tono continuo, qual è la realtà ed è attualmente ottenibile in stampa soltanto dalle macchine a sublimazione (e loro derivazioni). In altre parole, indipendentemente dalla capacità oggettiva di rendere visibili linee più o meno sottili, le stampanti con maggiore risoluzione dichiarata offrono comunque risultati migliori sotto il profilo fotografico, proprio perché riescono ad utilizzare un retino più fine e meno visibile. Come in una buona fotografia, nitida e, di certo, non "sgranata".
A proposito di qualità
Fortuna nostra (e per certi versi anche delle aziende "implicate"), la qualità complessiva di una stampante non si misura solo in punti per pollice (così come non è corretto giudicare nel complesso un'autovettura tenendo conto solo della velocità massima o della bruta accelerazione 0-100 Km/h). Riguarda, come facilmente immaginabile, anche ben altri valori. Alcuni, ancora una volta, facilmente misurabili e quantificabili numericamente (come la velocità di stampa o la durata inchiostri per le cartucce colore), altri ben al di fuori della mera misurabilità da laboratorio. Prendiamo, ad esempio, la resa cromatica. Anche qui, tanto per cambiare, i fattori in gioco sono proprio innumerevoli. La prima distinzione da fare riguarda il tipo di stampa che stiamo effettuando. Un conto, infatti, è parlare di output di immagini fotografiche, ben altra cosa sono i grafici a colori o, più in generale, i tratti a tinta piena. Un consiglio: nella valutazione, se vogliamo, soggettiva della resa fotografica di una stampante a colori, diffidate sempre dalle prove di stampa fornite a titolo d'esempio dai costruttori, spesso fin troppo curate sotto il profilo "volevamo stupirvi con effetti speciali...", dai colori sgargianti e spesso ipersaturi al solo fine di far colpo sul malcapitato utente. Se volete mettere in crisi una stampante a getto di inchiostro, provate a stampare (voi!) un soggetto ripreso in primo piano, ben illuminato dalla luce diurna, in cui siano presenti anche naturali zone d'ombra sul soggetto stesso o sullo sfondo. Allo stesso tempo, però, non vi scoraggiate subito se il risultato su carta differisce troppo da quanto visualizzato su monitor. Potrebbe essere "colpa" di quest'ultimo... Non dimenticate, infatti, che il monitor a colori è un dispositivo RGB (basato cioè sulla sintesi cromatica additiva) mentre la stampa a getto di inchiostro, così come quella tipografica, utilizza la sintesi sottrattiva (Ciano, Magenta, Giallo, coadiuvati come minimo dal nero per la stampa in quadricromia, se non addirittura dal Ciano chiaro e dal Magenta chiaro per quella - erroneamente definita - esacromatica). Per via degli attuali limiti tecnologici dei supporti di stampa e degli inchiostri utilizzati, la stampa in quadricromia non riesce a riprodurre tutte le tinte visualizzabili in RGB, che a loro volta sono un netto sottoinsieme della totalità dei colori percepibili da nostro sofisticatissimo apparato visivo. Quindi, un certo decadimento qualitativo rispetto alla visualizzazione a monitor è assolutamente normale. Anche se ancora non ne raccogliamo i frutti tra le stampanti per utilizzo consumer, di sforzi (tecnologici) per estendere, quantitativamente e qualitativamente, la resa cromatica delle macchine di stampa ne sono stati fatti più d'uno. Il più importante riguarda la stampa in esacromia, comprendente oltre ai canonici Ciano, Magenta, Giallo e Nero, anche un particolare Verde e un Arancione, grazie ai quali (sempre opportunamente combinati con le rimanenti tinte cromatiche) si riescono a "mettere su carta" anche le sfumature tradizionalmente non stampabili. Nelle stampanti a getto di inchiostro, quando si parla di esacromia, si parla in realtà di quadricromia "allargata", estesa cioè all'impiego duplicato del Ciano e del Magenta in due aggiuntive intonazioni tenui, denominate per l'appunto Ciano chiaro e Magenta chiaro. Non servono per estendere la gamma cromatica delle stampanti che le utilizzano, ma "solo" per migliorare sensibilmente l'effetto visivo delle sfumature più chiare. La ragione di una scelta simile va ricercata nei meccanismi di retinatura che permettono la realizzazione delle sfumature colore. Utilizzando un solo inchiostro, per ottenere tinte intermedie vengono accostate in maniera più o meno fitta puntini di inchiostro di dimensione variabile. Più le tinte sono chiare, più i singoli puntini sono tra loro distanti... e più sono visibili ad occhio nudo e dunque rappresentano un elemento di disturbo. Utilizzando inchiostri chiari per le sfumature chiare e inchiostri scuri per le tinte scure è possibile utilizzare sempre punti di grosse dimensioni, mai troppo distanti tra loro fino al punto di essere eccessivamente distinguibili singolarmente. In questo modo anche le sfumature chiare appaiono compatte, fino a far sembrare (quasi) la nostra stampa a getto d'inchiostro una stampa a tono continuo.
Coppi vs Bartoli
Esistono principalmente due distinte "scuole di pensiero" circa le attuali tecnologie di stampa a getto di inchiostro. La prima, denominata Bubble Jet, prevede che l'espulsione delle gocce di inchiostro avvenga a seguito della formazione di una bolla d'aria all'interno della testina, provocata da un rapido innalzamento della temperatura di un apposito elemento riscaldante. Nella tecnologia ink-jet ad attuazione elettromeccanica (di solito piezoelettrica) non esiste alcun elemento termico, l'espulsione delle gocce di inchiostro si riduce ad un'operazione esclusivamente meccanica. Pregi e difetti dei due sistemi, a sentire i rispettivi "promoter", sono sempre ben noti alle folle. Canon afferma che la tecnologia Bubble Jet offre velocità di stampa più elevate e, grazie all'assenza di servomeccanismi, sono assicurate maggiori durate per la testina di stampa. EPSON, che ha fatto della tecnologia "super micro piezo" il cavallo di battaglia della sua intera produzione di macchine a getto d'inchiostro, afferma che non avendo a che fare con repentini innalzamenti della temperatura è possibile utilizzare inchiostri dalle caratteristiche fisiche indipendenti da questo parametro, ottenere risoluzioni più elevate modulando opportunamente la sequenza di espulsione delle gocce senza necessariamente ridurre in conseguenza la dimensione degli ugelli. In realtà la partita qualità non si gioca solo sul campo della tecnologia utilizzata, ma riguarda sempre un nutrito numero di fattori che comprende, tra gli altri, la tuttora poco nota "compatibilità" inchiostro/carta. Il primo, banalmente, è sempre quello specifico per la stampante utilizzata, l'unica possibilità di scelta (in alcuni casi) riguarda l'eventualità di utilizzare prodotti "terze parti", risparmiando forse qualche lira sull'acquisto delle taniche, ma accettando contestualmente una probabile inferiore qualità, non più garantita dalla casa madre. Diverso è il discorso delle carte (sul quale torneremo presto con un'analisi dettagliata) per le quali oltre a poter scegliere tra i diversi tipi offerti dal produttore della stampante, abbiamo ampia possibilità di scelta rivolgendoci agli altri produttori, così come ai consueti "terze parti". Se, infatti, è ovviamente impossibile inserire una cartuccia HP in una stampante Canon o EPSON, nulla vieta di utilizzare le carte dell'una sull'altra macchina, quantomeno per vedere... di nascosto l'effetto che fa. Magari scoprendo (stiamo già lavorando per voi...) che la carta di marca X funziona meglio della carta di marca Y specifica per stampante di quest'ultimo fabbricante.
Un commento ai risultati
(Testo mancante)
Metodologie di prova
Il primo test al quale sottoponiamo le stampanti in prova riguarda la velocità di stampa. Come già detto in molte altre occasioni, le stampanti a getto di inchiostro dedicate al mercato consumer e SOHO (Small Office, Home Office) non dispongono di capacità elaborative interne - se non riguardo la decompressione dei dati compressi dal driver di stampa - e dunque le performance raggiungibili in termini di velocità sono ampiamente influenzate dalle capacità del computer cui sono collegate e, come facilmente intuibile, dipendono in larga misura anche dall'ottimizzazione software del driver preposto al loro pilotaggio. Naturalmente concorre alla velocità complessiva anche il numero di ugelli presenti nella testina: più gocce possono essere "sparate" contemporaneamente sulla carta, meno tempo si impiegherà a completare ogni tipo di stampa. Cinque le "specialità" nelle quali si sono battute le macchine in prova: stampa da Word di un testo, di un testo contenente anche immagini grafiche "clip art", di una tabella Excel contente anche un grafico 3D, stampa di un'immagine fotografica da 10 megabyte alla massima risoluzione offerta della stampante, di un'immagine vettoriale di Illustrator importata e stampata da Corel Draw, utilizzando in tutti i casi la modalità di stampa "minima" in grado di fornire risultati accettabili, sia in termini di qualità che di tempo impiegato. Per valutare, di contro la velocità di stampa nel caso di immagini grafiche e fotografiche, è stata utilizzata la modalità di stampa di default suggerita dal driver per l'uscita ottimale di immagini di questo tipo. Naturalmente per la valutazione qualitativa non è stata sempre presa per buona l'impostazione consigliata dal driver, ma sono state fatte più prove settando diversamente i parametri disponibili al fine di ottenere la massima qualità in uscita (dithering a diffusione; color matching, se disponibile, ottimizzato per le immagini di questo tipo; dettaglio massimo e quant'altro possa contribuire ad ottenere la migliore resa cromatica). Un altro aspetto che non abbiamo certo sottovalutato riguarda la stima della risoluzione reale. Ovvero, partendo da quella dichiarata dal costruttore, siamo andati a controllare effettivamente quanto questa corrispondesse alle reali capacità risolutive delle singole macchine. E, per effettuare le nostre misure in questo ambito, abbiamo realizzato con Photoshop un'apposita dima contenente righe parallele verticali e orizzontali a differenti risoluzioni mandandola in stampa alla risoluzione massima dichiarata dal costruttore. Ogni gruppo di righe parallele è presente in nero, in grigio (50%), in negativo (linee bianche su fondo nero), in rosso, in verde, in blu. Nella stampa del nero e del negativo ci aspettavamo l'utilizzo del solo inchiostro nero, nel grigio sono stati utilizzati nella maggior parte dei casi tutti gli inchiostri disponibili, nel rosso, nel verde e nel blu, coppie di inchiostro di quadricromia (rispettivamente magenta+giallo, ciano+giallo, magenta+ciano). Per la lettura è sufficiente verificare che il numero di linee indicato in basso (48, 24, 16, 12, 10) sia effettivamente visibile. Se sono visibili solo i quattro valori più bassi la risoluzione reale è la metà di quella impostata in stampa; con tre valori siamo ad un terzo, con due ad un quarto e se si contano distintamente solo le dieci linee orizzontali e verticali più grosse la risoluzione effettivamente raggiunta è un quinto di quella impostata prima della stampa. Con una stampante da 600 punti per pollice le risoluzioni intermedie sono rispettivamente di 300, 200, 150 e 120 punti per pollice. Con la dima stampata a 900 dpi, oltre a tale risoluzione, indagheremo anche sulla possibilità di riuscire a stampare a 450, a 300, a 225 e a 180 dpi. Il tutto ripetuto sia in verticale che in orizzontale in modo da evidenziare (come poi abbiamo riscontrato) differenze anche nei due versi. In questo caso assumiamo, convenzionalmente, il valor medio dei due valori così rilevati, calcolando successivamente la media dei risultati per ottenere la risoluzione reale misurata. Infine, l'ultimo test effettuato sulle stampanti in prova riguarda la durata degli inchiostri: quante copie è possibile stampare prima di sostituire una o più cartucce colore. Per valutare la durata delle cartucce è sufficiente stampare... stampare... stampare... e contare i fogli stampati. Sì, ma che cosa stampiamo? Qualsiasi testo, diagramma, immagine, tabella utilizzata, ben difficilmente identificherà le esigente tipiche di una vasta utenza. Meglio creare appositamente un idoneo documento campione, utilizzato come riferimento. Nella definizione della nostra tabella campione è stato tenuto conto dell'utilizzo medio delle stampanti di questo tipo. Immagini a colori soprattutto, di natura fotografica per la maggior parte, ma anche grafica, sia a colori che in bianco/nero. Le immagini fotografiche utilizzate, inoltre, non sono state scelte a caso: si è cercato di bilanciare le tonalità in modo da utilizzare, per quanto possibile, in egual misura le componenti cromatiche primarie della sintesi additiva (rosso, verde, blu). Saranno poi i rispettivi driver di stampa ad estrapolare da queste la corrispondente quadricromia (o pentacromia o esacromia) decidendo in questo modo come utilizzare gli inchiostri disponibili per ottenere la stampa su carta.
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