Articolo pubblicato sul n. 141 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) nel giugno 1994

MCmicrocomputer


Prove prodotti:
Apple Power Macintosh 7100/66

di Andrea de Prisco

Il 1994 rappresenta per Apple un anno importantissimo. Almeno quanto il 1984, anno di nascita del primo Macintosh: il "simpatico parallelepipedo a sviluppo verticale". L'avvento del Macintosh ha rivoluzionato, dieci anni or sono, il modo di concepire il personal computer. Non piu' un apparecchio ostico destinato principalmente agli addetti ai lavori, con un'interfaccia utente pressappoco inesistente Copertina del numero di MCmicrocomputer contenente l'articolo(era in pratica l'utilizzatore a dover "indossare" l'opportuna interfaccia-macchina) ma finalmente un computer capace di comprendere i nostri gesti, col quale interagire in una maniera semplice ed intuitiva. L'idea fu talmente tanto giusta, che oggi non esiste in pratica computer che non sia utilizzato (o almeno utilizzabile) attraverso un mouse, un'interfaccia grafica a finestre ed icone, compiendo gesti piuttosto che impostando comandi. Tutto questo e' storia, e non si discute.

Il 1994, per Apple, e' l'anno di lancio della nuova generazione delle sue macchine: i Power Macintosh. Una nuova famiglia di computer non piu' basati sui processori Motorola 680x0, ma in tecnologia RISC grazie all'utilizzo del chip PowerPC nato dalla collaborazione di tre grandi colossi dell'informatica e della microelettronica: IBM, Motorola e la stessa Apple.

Una vera e propria rivoluzione nata sotto la bandiera della massima compatibilita'. Pur avendo, dal punto di vista strettamente teorico, ben poco a che spartire le nuove macchine con le precedenti, la compatibilita' e' assicurata al 100% (o quasi...). Compatibilita' sia a livello software, grazie ad un potente emulatore 680x0 incluso nel sistema operativo, che a livello hardware per quanto riguarda periferiche, accessori e connettibilita' in rete. In altre parole, qualsiasi programma, utility, accessorio di scrivania, scritto e compilato per i "vecchi" Macintosh, gira senza alcun problema anche sui nuovi, purche' non necessiti del coprocessore matematico attualmente non implementato nell'emulatore. Tutto questo senza nemmeno dover indicare, di volta in volta, il tipo di codice utilizzato: l'emulatore 680x0 si attiva automaticamente ogni volta che viene eseguito codice per quel microprocessore. Il massimo delle prestazioni si raggiunge, ovviamente, utilizzando programmi appositamente ricompilati per il nuovo microprocessore: in questo caso si ottengono performance di calcolo da due a quattro volte superiori per i programmi "normali" e fino a dieci volte maggiori per le applicazioni che fanno largo uso di calcoli in virgola mobile (ovviamente all'interno di PowerPC troviamo una potentissima unita' in floating point). Gia' oggi, a pochi mesi dalla commercializzazione, sono decine e decine le software house che hanno ricompilato o che stanno ricompilando le loro applicazioni principali sotto PowerPC. Il passaggio da Macintosh a Power Macintosh e' stato studiato in modo da essere quanto piu' indolore possibile, offrendo un'interfaccia grafica identica a quella delle precedenti macchine, permettendo a tutti gli utenti di utilizzare subito tutto il software e l'hardware periferico gia' posseduto (compresa la possibilita' di integrare in rete macchine di generazione differente) con in piu' l'opportunita' di effettuare man mano l'upgrade dei propri pacchetti software non appena saranno (e molte gia' lo sono)  disponibili le versioni native per PowerPC.

Ma la "sfida" dei nuovi Power Macintosh non consiste semplicemente nel lasciare una porta aperta (sarebbe meglio dire "spalancata") verso il software per i precedenti Macintosh, ma si allarga anche alla compatibilita' DOS/Windows: PowerPC e' talmente tanto potente (!!!) che su di esso possiamo far girare, utilizzando un altro emulatore "manuale" fornito a corredo in alcune versioni, anche i programmi scritti per i processori Intel (e compatibili) come se viaggiassero un 486 a 25 MHz. Tombola!

Qualcuno ha gia' detto che il Power Macintosh e' la macchina dei sogni. Una macchina sulla quale e' possibile far girare di tutto, ad una velocita' sempre e comunque accettabile. Noi preferiamo affermare che si tratta semplicemente (si fa per dire) di un computer dalla potenza eccezionale, nato per essere utilizzato per quello che e', una macchina RISC particolarmente portata ai calcoli in virgola mobile, sulla quale l'emulazione di altri microprocessori deve essere vista non come una caratteristica principale ma come una marcia in piu' da utilizzare solo quando... sono se ne puo' fare a meno. Gia' oggi tutte le applicazioni maggiormente utilizzate dagli utenti di personal computer sono disponibili sia per Macintosh che per DOS/Windows: tra non molto le stesse applicazioni saranno tutte disponibili anche per le macchine basate su PowerPC. Acquistare un Power Macintosh per eseguire soltanto programmi 68000 o DOS/Windows e' come rasentare la follia pura, esattamente come utilizzare una Ferrari solo ed esclusivamente per andare a far la spesa. Macchine come queste, Ferrari o Power Macintosh che siano, danno il massimo (soddisfazione compresa) solo se utilizzate nel migliore dei modi, sfruttando quanto piu' possibile tutta la potenza che sono in grado di offrire. Altrimenti siamo matti. O esibizionisti...

 

Da CISC a RISC: perche'?

 

La domanda, per dirla alla Lubrano, nasce spontanea. Perche' la tecnologia RISC appare vincente rispetto alla tecnologia CISC? RISC e CISC sono, per chi non lo sapesse, gli acronimi rispettivamente di Reduced Instruction Set Computer e di Complex Instruction Set Computer. Rappresentano, per farla breve, due diverse filosofie di progetto dei microprocessori. Nelle macchine RISC il microprocessore e' in grado di eseguire, molto velocemente, solo istruzioni semplici; nelle macchine CISC la velocita' di elaborazione (intesa come MIPS, milioni di operazioni al secondo) e' minore, ma il microprocessore e' in grado di eseguire anche istruzioni molto complesse. Ovviamente anche il microprocessore RISC e' capace di effettuare calcoli complessi, semplicemente utilizzando un insieme di istruzioni semplici ove la macchina CISC se la sarebbe cavata con una sola delle sue istruzioni potenti.

Raccontata in questi termini, sembra un problema senza soluzione di quelli del tipo "e' nato prima l'uovo o la gallina?". Effettuando molte operazioni semplici o poche operazioni complesse, giudicando a spanne sembra proprio essere la stessa zuppa. Tecnologicamente parlando, le cose non stanno affatto cosi' e per piu' di un motivo. Innanzitutto c'e' da fare un discorso di tipo statistico: osservando un computer che esegue programmi standard (e non benchmark mirati a testare particolari caratteristiche del microprocessore) si nota che oltre il 90% delle istruzioni eseguite sono comunque di tipo semplice. Addizioni, confronti registro-registro, trasferimenti registro-memoria o memoria-registro, salti condizionati o incondizionati. Si potrebbe quasi affermare che un processore particolarmente veloce su queste operazioni ha, statisticamente parlando, maggiori probabilita' di fornire risultati interessanti in termini di velocita' di esecuzione dei programmi.

C'e' un motivo piu' importante (e meno legato alla statistica) della superiorita' dei microprocessori RISC rispetto ai CISC. Riguarda il fatto che la riduzione e la semplicita' del set di istruzioni implementate semplifica anche la complessita' stessa del chip in termini di numero di transistor integrati e loro assorbimento di corrente. Un chip RISC e' strutturalmente piu' semplice di un chip CISC e con i primi diventa piu' facile lavorare a frequenze di clock piu' elevate e/o implementare strutture di esecuzione elaborate per eseguire piu' istruzioni di macchina nello stesso ciclo di clock. Non che non sia possibile effettuare una parallelizzazione interna anche nelle macchine CISC (nel 68040 e' possibile "fotografare" fino a 14 operazioni in vari stati di esecuzione) ma come al solito la complessita' circuitale cresce proporzionalmente alla complessita' delle istruzioni implementate fissando limiti fisici oltre i quali non si puo' andare.

 

PowerPC: la scelta di Apple

 

Nella scelta di PowerPC come nuovo microprocessore RISC da utilizzare nei Macintosh della seconda generazione, sono state tenute in debito conto molte considerazioni.

Innanzitutto PowerPC ha tutte le carte in regola per diventare rapidamente il processore RISC piu' diffuso al mondo: il fatto stesso che e' o sara' adottato dai maggiori vendor mondiali (Apple, IBM e Motorola come minimo...) la dice lunga sull'effettiva futura diffusione di questa potente piattaforma.

Si tratta poi di un'architettura altamente scalabile che puo' essere utilizzata in tutti i sistemi Macintosh, sia di fascia medio/bassa che di fascia alta, cosi' come a bordo dei portatili (grazie a PowerPC 603 a basso consumo). La volonta' di IBM di ridefinire la sua architettura POWER RISC per creare i processori PowerPC, ha dato come risultato il primo microprocessore RISC di massa che puo' essere utilizzato anche all'interno di computer a basso costo.

Esisteva inoltre la necessita' di alti volumi di produzione. I processori RISC utilizzati  oggi dai produttori di workstation hanno un basso volume di produzione a causa della ridotta richiesta di tali computer da parte del mercato. Motorola e IBM, come noto, hanno tutte le capacita' per produrre i milioni di microprocessori necessari al mercato dei personal computer.

Infine, ogni architettura nuova riguardante un microprocessore richiede che alcuni strumenti come compilatori, debugger, ecc. siano realizzati nel migliore dei modi per realizzare codice nativo quanto piu' possibile ottimizzato. I processori PowerPC sono derivati dall'architettura POWER (vedi riquadro) gia' utilizzata nelle workstation IBM RS/6000 e possono quindi trarre beneficio dall'ottimizzazione, gia' in atto, di molti prodotti di sviluppo compatibili gia' esistenti. A questi si aggiungono naturalmente tutti i prodotti di sviluppo espressamente realizzati per la piattaforma Power Macintosh, disponibili presso gli sviluppatori gia' da diverso tempo.

 

Power Macintosh

 

L'attuale famiglia di Power Macintosh si compone di tre elementi. Uno di fascia media, il modello 6100/60, uno di fascia medio/alta, il 7100/66 in prova in queste pagine, uno di fascia alta denominato 8100/80. Il numero che vedete a destra della barra indica, per la prima volta in un Macintosh, la velocita' di clock del processore: quest'ultimo e' uguale per tutt'e tre i modelli, il PowerPC 601.

Riguardo l'estetica, sono stati adottati cabinet gia' noti: il Power Macintosh 6100 utilizza quello del Centris/Quadra 610, il 7100 utilizza il cabinet del Centris/Quadra 650, il piu' potente, in formato minitower, utilizza quello del Quadra 800.

Grazie, appunto, al cabinet utilizzato, il Power Macintosh 7100/66 offre la possibilita' di installare fino a tre schede di espansione di tipo NuBus. Al suo interno troviamo anche uno slot PDS, normalmente occupato dalla scheda grafica. Una seconda uscita per il monitor (il 7100/66 offre la possibilita' di installare contemporaneamente due monitor senza spese aggiuntive) e' realizzata tramite un connettore integrato che concentra i segnali video, la porta ADB, audio in, audio out, video in. L'unico monitor attualmente dotato di tale tipo di connettore e' l'AudioVision Display che e' stato provato in queste pagine assieme al Centris 660 AV, ma sicuramente verra' esteso anche agli altri monitor. In ogni caso e' disponibile un adattatore per collegare monitor Apple tradizionali anche all'uscita audio/video integrata.

L'estetica, come abbiamo detto e' quella del Centris o del Quadra 650. Sul lato anteriore e' presente il drive per floppy disk da 1.4 megabyte e l'altoparlantino di sistema. Fa bella mostra di se', accanto al drive, il logo PowerPC che identifica le macchine basate su questo microprocessore. Due pulsantini posti in basso a sinistra permettono di forzare un reset della macchina e di inviare un interrupt al microprocessore. Entrambi i tasti, e in particolar modo il secondo, sono da utilizzare in casi assai rari: sono piu' utili a chi sviluppa software ed e' costretto spesso a riavviare la macchina in modo forzato. Anteriormente manca, come in tutti i modelli di fascia medio/alta e alta, un vero e proprio interruttore di accensione/spegni­mento. La prima si comanda premendo il tasto in alto a destra sulla tastiera, la seconda si effettua via software dal menu "Altro" del Finder.

Sul retro della macchina troviamo un pulsante on/off, il connettore per l'alimentazione del computer (con il rimando per quella del monitor), la ventola di raffreddamento dell'alimentatore, una porta SCSI, una porta Ethernet, una seriale/GeoPort, una porta LocalTalk, ingressi e uscite audio, piu' le due uscite monitor precedentemente citate.

La tastiera ricevuta con la macchina in prova e' la solita tastiera estesa Apple, affetta come tutte le tastiere italiane Apple dal lay-out tasti tipo macchina da scrivere (i computer sono tutt'altra cosa...): numeri in seconda battuta, "W" e "Z" scambiate di posto, "M" nella posizione sbagliata ed altro. E' possibile scegliere in sostituzione la tastiera base (mancano i tasti funzione e alcuni tasti di editing) o la piu' allucinante tastiera regolabile, che permette di disporre i tasti in posizione angolata per una maggiore ergonomia.

 

All'interno

 

Come in tutti i Macintosh, l'apertura della macchina e' quanto mai semplificata: e' sufficiente allentare una vitona situata posteriormente e sfilare il coperchio metallico del cabinet. Con altrettanta semplicita' si smontano e rimontano le componenti interne. Basta togliere una vite e un fermo in plastica per sganciare l'intero blocco alimentatore, svitare un paio di viti per sollevare il cestello dei drive e raggiungere la piastra madre della sua interezza.

Discreto, protetto da una aletta di raffreddamento leggera e snella, il grande capo, PowerPC 601 non dimostra tutta la potenza che e' in grado di fornire. Una delle caratteristiche principali di tale chip e' il suo basso consumo e, conseguentemente, la sua bassa dispersione di calore. Considerando che Pentium, pur offrendo performance simili, ha di solito bisogno di una ventola aggiuntiva installata direttamente sul chip, capirete subito la differenza tra un CISC e un RISC in termini... climatici.

Il livello di integrazione sulla scheda del Power Macintosh 7100 e' molto elevato: i componenti elettronici sono, numericamente parlando, sempre di meno mentre la potenza raggiunta risulta essere sempre maggiore.

Accanto al processore troviamo 4 connettori SIMM per l'espansione di memoria. 8 megabyte sono gia' assemblati sulla piastra madre, utilizzando SIMM da 32 megabyte e' possibile raggiungere la ragguardevole quota di 136 MB di memoria RAM massima. I moduli utilizzati sono gli stessi dei precedenti Centris e Quadra dell'ultima generazione (comprese versioni AV) ma devono essere utilizzati sempre a coppie. Questo puo' rappresentare un problema per chi si accinge ad effettuare l'upgrade della piastra elettronica da una di queste macchine. Se disponiamo, ad esempio, di 16 megabyte di RAM su una singola SIMM (utilizzabile senza problemi sui precedenti modelli) nel passaggio a Power Macintosh saremo costretti ad acquistare un'altra SIMM identica (raggiungendo pero' 32 megabyte di espansione) o a scambiarla, rivenditore permettendo, con due SIMM da 8 megabyte l'una.

Al centro della piastra madre, sempre in zona microprocessore, troviamo altri due connettori a pettine per memoria. Sul primo potremo installare una cache di secondo livello per accelerare ulteriormente il microprocessore (32 kbyte sono integrati all'interno del chip e rappresentano la cache primaria), in tagli da 64, 128, 256 o 512 kilobyte. Apple ha attualmente in listino un modulo da 256 KB ma non e' escluso che produttori "terze parti" approntino anche i tagli rimanenti.

Ben piu' interessante e' il secondo connettore sul quale e' installato un modulo molto simile a tutti gli altri. Sembra un'ulteriore espansione di memoria RAM, ma contiene nientepopodimeno che le ROM di sistema. Per effettuare un upgrade completo della parte del software di sistema residente sara' sufficiente effettuare, in non piu' di una manciata di secondi, la sostituzione di tale modulo. Francamente speriamo che cio' avvenga nel piu' breve tempo possibile, dal momento che attualmente anche il System per buona parta viene emulato, essendo tradotto in codice nativo solo per quanto riguarda le parti di codice maggiormente usate (prime tra tutte QuickDraw).

Sempre sulla piastra madre troviamo altri quattro slot di espansione. Tre slot NuBus e uno slot PDS sul quale e' installata la scheda grafica. Delle due uscite per il monitor, una e' integrata sulla piastra madre, l'altra e' situata sulla scheda PDS. La prima fa capo ad un megabyte di DRAM ed e' utilizzabile solo per monitor di dimensioni minori o, sul 16", fino a 256 colori. La seconda, basata su una VRAM da un megabyte espandibile a due, permette l'utilizzo di monitor anche di maggiori dimensioni e/o con un numero di colori superiore. Per fare un esempio, con due megabyte di VRAM si possono visualizzare milioni di colori sul monitor da 16" o migliaia di colori sul monitor da 21". Solo sul Power Macintosh 8100/80 l'espansione VRAM puo' raggiungere i quattro megabyte, consentendo la visualizzazione di milioni di colori anche sul monitor 21".

 

AV senza DSP

 

Le versioni AV montano, al posto della scheda grafica aggiuntiva, una scheda con la circuiteria per l'ingresso/uscita dei segnali in standard S-Video. Tramite adattatori forniti a corredo sara' possibile utilizzare anche segnali in formato videocomposito.

Manca all'appello, come i piu' attenti avranno notato, un DSP (Digital Signal Processor) come nei Macintosh 660 AV e 880 AV. In quelle macchine, lo ricordiamo, il DSP era utilizzato per elaborare processi in real time, come il riconosci­mento della voce, la gestione del suono, i segnali modem ma anche per manipo­lare immagini grafiche in maniera piu' veloce di quanto consentito con il solo 68040. Bene, ancora una volta PowerPC, con la sua stupefacente potenza, compie il miracolo e si permette il lusso di non aver bisogno di un chip specifico per il trattamento di segnali digitali. E' "talmente tanto potente" (e' la seconda volta che inciampo in questa affermazione, ndr) da riuscire ad effettuare l'elaborazione digitale tipo DSP da solo. Cosi' tutti i Power Macintosh, anche quelli senza estensione AV, possono eseguire il software di riconoscimento vocale PlainTalk e di comunicazione GeoPort in modo nativo PowerPC.

Sempre delle precedenti macchine AV, i Power Macintosh ereditano alcune soluzioni implementative di tutto rispetto. Ad esempio, gli slot NuBus consentono il block transfer da e sulla memoria principale e il trasferimento a doppia frequenza di clock (fino a 80 MB/s) tra le schede di espansione. Anche l'architettura DMA e' basata sul nuovo sistema I/O introdotto con la linea AV. Il DMA e' utilizzato dalla porta Ethernet, dalla posta seriale, dalla SCSI e dai canali audio.

 

Il software di sistema

 

Come detto in apertura, il nuovi Power Macintosh sono in grado di far girare sia i vecchi programmi per la precedente famiglia basata sui Motorola 680x0 che le nuove versioni native, compilate e ottimizzate per PowerPC. Dal punto di vista dell'interfaccia utente nulla e' cambiato e nulla cambiera'. L'unica differenza riguarda la schermata di boot che recita un gradito, quanto invitante, "Benvenuto in Power Macintosh". Da quel momento in poi, ci troveremo davanti un System 7.1 in tutto e per tutto. Lanciando una qualsiasi applicazione, se questa e' nativa PowerPC verra' eseguita direttamente dal processore (sfruttando tutta la potenza di calcolo del chip RISC), se si tratta di un'applicazione 680x0 automaticamente, e senza che l'utente debba effettuare alcunche', l'emulatore entrera' in funzione ponendosi tra l'applicativo e il processore. Le performance raggiunte in emulazione 680x0 sono paragonabili nella peggiore delle ipotesi a quelle di un 68030 a 33 MHz e raggiunge quelle di un 68040 a 20-25 MHz se vengono utilizzate molte chiamate al System o, meglio, a quella parte di System gia' riscritta in codice PowerPC nativo (QuickDraw, QuickTime, Memory Manager, ecc.). Tutto questo, lo ripetiamo, per consentire un passaggio indolore (ma totale) alla nuova piattaforma Power Macintosh, che verra' sfruttata al completo solo quando tutte (diconsi TUTTE) le applicazioni esistenti saranno tradotte in codice PowerPC, e anche il System di Apple sara' stato interamente riscritto. Non sappiamo con precisione quando questo avverra', ma siamo ben consci che non passera' tantissimo tempo: diciamo al massimo un anno, forse due. La Apple la praticamente smesso di produrre macchine della precedente generazione e quindi il passaggio a Power Macintosh non e' semplicemente consigliato ma quantomeno sollecitato. Chi vuole rimanere al passo coi tempi in ambiente Apple deve o dovra' passare a PowerPC. E lo sanno bene anche le software house che da molti mesi stanno lavorando per offrire a tutti gli utenti l'upgrade alle versioni per la nuova piattaforma. Una nuova pagina di storia e', ormai, stata scritta.

 

Adesso... esageriamo!

 

Nell'attesa di restare a bocca aperta sulle nuove, entusiasmanti applicazioni native PowerPC che prima o poi arriveranno (finora abbiamo parlato di riconversione di programmi gia' esistenti, ma non bisogna dimenticare che grazie alla straordinaria potenza del nuovo chip in futuro saranno disponibili applicativi prima impensabili) possiamo assaporare un delizioso antipasto delle potenzialita' clickando sull'icona "Calcolatrice Grafica" presente nella cartella Extra di Power Macintosh.

Signore e Signori, non potete immaginare che meraviglia vi ritroverete davanti agli occhi. Certo, bisogna avere almeno un'idea di cosa sia una funzione, un grafico (2D e 3D), una derivata, una disequazione, ma bastano pochi minuti per esplorare orizzonti assolutamente mai sperimentati, se non a scuola o all'universita' ed in forma del tutto teorica, rendendo la materia quanto mai divertente e affascinante.

All'avvio, la Calcolatrice Grafica suddivide lo schermo in due zone. In alto potremo descrivere la nostra funzione, in basso ammireremo il suo grafico. Se la funzione e' del tipo Y=f(X) si trattera' di una funzione bidimensionale, se e' del tipo Z=f(X,Y) e' tridimensionale. In entrambi i casi sara' sufficiente clickare sul bottone in basso a destra per ottenere l'immediato tracciamento del suo grafico. Inutile dirvi che per i grafici tridimensionali e' assicurato il tracciamento con il rispetto delle linee nascoste, mentre con il mouse possiamo roteare a piacere il grafico per osservarlo da vari punti. La risposta e' immediata, piu' che un programma sembra un'esperienza di realta' virtuale. Tutte le funzioni studiate possono contenere anche una costante "n" che potremo far variare in un intervallo prefissato, agendo su un cursore stile finestre video QuickTime o impostandone la variazione continua ciclica. In tutti i casi, il grafico tracciato si modifichera' di conseguenza in tempo reale visualizzando una vera e propria animazione grafica, sia nel caso 2D che nel caso 3D. Le funzioni possono contenere anche derivate di altre funzioni, come quella mostrata in figura 3, il cui grafico e' immediatamente tracciato dal programma. Selezionando la derivata e chiedendo al sistema il suo sviluppo, otterremo la funzione equivalente. Nel caso mostrato, la derivata di seno di coseno di tangente di X e' uguale a meno seno di tangente di X moltiplicato coseno di coseno di tangente di X moltiplicato la secante al quadrato, sempre di X. Giusto o sbagliato?

 

Concludendo

 

Almeno parzialmente, dobbiamo trarre le nostre conclusioni solo sulla carta. Per effettuare questa prova abbiamo ricevuto alcune applicazioni native PowerPC (definitive, in beta version, o demo) ma un giudizio complessivo lo potra' dare solo tempo. La piattaforma Power Macintosh e' nata, per quel che riguarda il mercato, solo pochi mesi fa. A detta della stessa Apple le vendite delle nuove macchine, a livello mondiale (e noi presupponiamo che lo stesso stia succedendo anche in Italia), stanno andando benissimo, forse anche oltre le piu' rosee aspettative. Evidentemente i clienti Apple stanno credendo molto in questa nuova tecnologia, incoraggiati anche dal fatto che si tratta di una transizione, per cosi' dire, morbida. Inutile dire che se i nuovi Macintosh non fossero stati compatibili con i vecchi, avrebbero avuto ben poche possibilita' di successo. Ma, lo ripeteremo fino alla nausea, la compatibilita' deve essere utilizzata solo in questa fase di transizione, nell'attesa (breve) che diventino disponibili le applicazioni native.

Prima di finire, diamo anche un'occhiata al prezzo di vendita al pubblico, orientativo, come e' ormai consuetudine Apple. La macchina, in versione base, con 8 megabyte di RAM, lettore di CD-ROM, hard disk da 250 MB, tastiera estesa, monitor 14" Performa Plus costa 7.640.000 + IVA. La versione da noi provata, senza CD ma con 16 megabyte di RAM, stesso monitor, stesso hard disk, SoftWindows (l'emulatore DOS/Windows) e la cache secondaria costa 8.600.000 lire + IVA. Si tratta di prezzi in assoluto elevati, soprattutto tenendo conto che il monitor NON puo' essere il 14" Performa Plus, ma considerate le prestazioni offerte c'e' ben poco da criticare.

Chi, diversamente, ha meno esigenze di espansione, puo' entrare nell'affascinante mondo Power Macintosh spendendo anche una cifra molto inferiore, circa 4.500.000 lire piu' IVA per un 6100/60, sempre con monitor e tastiera.


 

 

 

 

Apple Power Macintosh 7100/66

 

Produttore e distributore

 

Apple Computer SpA

Via Milano, 150

Cologno Monzese (MI) Tel. 02/273261

 

Prezzo orientativo (IVA Esclusa):

 

Power Macintosh 7100/66 - 8 megabyte RAM - hard disk 250 MB - lettore di CD-ROM integrato - Tastiera estesa - Monitor 14" Performa Plus

                                                                             L. 7.640.000

 

 

 

 

 

 
 

 

La famiglia di microprocessori PowerPC

 

Apple, IBM e Motorola hanno lavorato e stanno lavorando simultaneamente su quattro diverse versioni del microprocessore PowerPC. Ogni versione e' progettata per incontrare le esigenze di un diverso segmento di mercato.

Il primo microprocessore della famiglia e' il PowerPC 601. Il 601 e' in commercio dall'inizio del 1994 ed e' attualmente utilizzato nei sistemi Power Macintosh di fascia media e alta.

Il microprocessore PowerPC 603 offre prestazioni simili al 601, con un consumo di energia minore e ad un costo minore. Queste caratteristiche permetteranno ad Apple di utilizzare il chip 603 nei Power Macintosh desktop con un alto volume di vendita e nei modelli PowerBook.

Il microprocessore PowerPC 604, presentato alcune settimane fa e disponibile in volumi entro pochi mesi, permettera' ad Apple di offrire prestazioni ancora migliori nei computer Macintosh di fascia media e alta.

Infine, ma non sara' certo l'ultimo componente della famiglia, il microprocessore PowerPC 620 sara' un prodotto di fascia alta, con architettura a 64 bit, in grado di offrire prestazioni eccezionali all'interno di workstation ad alte prestazioni e di server. E' attualmente in fase di progettazione e si prevede la sua commercializzazione nel corso del 1995.

 

                                                                                                                                                                                           adp

 

 


 

Da POWER a PowerPC

 

di Andrea de Prisco

 

POWER sta per Performance Optimized With Enhanced RISC ed e' l'architettura sviluppata da IBM per le sue macchine RS/6000.  PowerPC e' un'implementazione single chip a basso costo dell'architettura Power. Questa, essendo superscalare, dispone di tre unita' esecutive indipendenti (una branch unit, una integer unit e una floating-point unit) grazie alle quali istruzioni differenti possono essere eseguite parallelamente e nel medesimo ciclo di clock.

Diversamente dalle comuni architetture RISC, nei processori POWER il formato floating point e' compreso tra i tipi di dato di prima classe: non viene considerato come una caratteristica opzionale e trattato da un coprocessore, ma e' direttamente implementato nel set istruzioni del processore stesso esattamente come i tipi di dato standard, interi e  logici. Il set di istruzioni floating point comprende una serie di istruzioni "moltiplica-e-somma" che consentono di migliorare drasticamente le prestazioni di molti algoritmi.

Nell'implementazione di PowerPC, il set di istruzioni di POWER e' stato ridimensionato per facilitare la realizzazione di versioni single chip a basso costo. Contemporaneamente alcune funzioni sono state eliminate per semplificare la futura realizzazione di versioni superscalari molto aggressive. Inoltre, l'architettura e' stata estesa integralmente a 64 bit, per prolungare il ciclo di vita di PowerPC, partendo da una piattaforma sufficiente a coprire tutte le esigenze di calcolo dei prossimi dieci anni.

Per garantire comunque la totale compatibilita' con le applicazioni Power, tutte le funzioni non piu' residenti possono essere implementate attraverso meccanismi di "trap & emulate". A fronte delle relative esemplificazioni, troviamo d'altro canto un potenziamento del set di istruzioni per schedulare esplicitamente i dati da introdurre ed estrarre sotto il controllo dell'utente, nonche' l'aggiunta di istruzioni floating point in singola precisione (POWER supporta solo la doppia precisione). Ma il cambiamento piu' significativo da POWER a PowerPC riguarda, come detto, l'estensione dell'architettura da 32 a 64 bit: esisteranno sia PowerPC a 32 che a 64 bit, ma tutti i processori saranno in grado di lavorare a 32. Le versioni a 64 bit avranno uno switch selezionabile a livello di codice utente per passare da 32 a 64 bit e viceversa. Cio' consentira' alle implementazioni a 32 bit di girare anche su quelle a 64 bit con un kernel di sistema operativo a 64 bit, permettendo nel contempo alle nuove applicazioni a 64 bit di utilizzare le vecchie librerie a 32.

 


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