Articolo pubblicato sul n. 142 di MCmicrocomputer (Edizioni Technimedia Srl - Roma) nel luglio 1994

MCmicrocomputer


Prove prodotti:
Apple PowerBook 540c

di Andrea de Prisco

La versione portatile di un computer "speciale" come il Macintosh non puo' che essere molto particolare. Sin dal suo primo modello, il glorioso quanto ingombrante Macintosh Portable (della serie: tutto e' relativo), era possibile intuire che su questo fronte la Apple avrebbe cercato di giocare sempre carte vincenti. In quel modello, ad esempio, fu utilizzato per la prima volta un display a matrice attiva, Copertina del numero di MCmicrocomputer contenente l'articolotanto contrastato da non richiedere necessariamente la retroilluminazione. Anche la soluzione adottata per la trackball integrata fu degna di nota: posizionata alla destra della tastiera (ma era possibile per i mancini anche il collocamento a sinistra) poteva essere facilmente sostituita con un tastierino numerico, delegando ad un mouse esterno l'onere (o l'onore?) di far muovere il puntatore. Tanto la macchina era talmente ingombrante da richiedere sempre e comunque un utilizzo sul tavolo, dove un buon mouse avrebbe egregiamente svolto il suo lavoro senza arrecare alcun fastidio. Detto tra parentesi, continua a non essermi chiaro perche' la Apple abbia una specie di avversione verso i tastierini numerici, mai piu' rivisti nelle macchine portatili, nemmeno in forma subacquea (...immerso!). Chiusa la parente.

Le prime macchine Apple realmente portatili arrivarono solo nel lontano 1991, presentate al Comdex di Las Vegas (ebbene si', posso dire: io c'ero) sotto la benedizione del buon Sculley, letteralmente mitragliato da migliaia di colpi di flash ad opera delle centinaia di giornalisti presenti. Nasceva, in quella data, la famiglia PowerBook, destinata a rappresentare una pietra di paragone nel mondo dell'informatica portatile. Due le novita' di rilievo, oltre al fatto naturalmente di essere dei Macintosh in tutto e per tutto, rispetto a qualsiasi altro notebook mai realizzato: tastiera in posizione avanzata verso il display e trackball posizionata al centro, poco sotto la barra spaziatrice. A queste due genialita' ergonomiche (non mi riesce di chiamarle diversamente) si aggiungevano due miracolosi piedini estraibili, che facevano assumere al portatile una delicata inclinazione verso l'utente (come succede per una comunissima tastiera si personal computer da tavolo) in modo da migliorarne ancor di piu' la facilita' di utilizzo. Inutile dirvi che piu' di un costruttore di notebook, competitor di Apple, ha utilizzato tali soluzioni per arricchire, per quanto possibile, anche i loro prodotti. Non so se la cosa arrivo' finanche in tribunale.

Ma torniamo al presente e, in particolar modo, all'ultima meraviglia Apple. Il portatile che mi accingo a provare questo mese e' il nuovissimo PowerBook 540c. Dotato di display a colori a matrice attiva (esistono anche modelli piu' economici, per fortuna) abbandona, colpo di scena!, la soluzione della trackball integrata per far posto ad una minitavoletta grafica (posizionata nel medesimo punto) che si propone come un nuovo, rivoluzionario, meccanismo di puntamento, adatto soprattutto per le macchine portatili. Pur non trattandosi, dal punto di vista hardware, di una novita' in assoluto, la nuova Trackpad (questo il suo nome) e' "speciale" dal punto di vista software. Pur essendo una tavoletta grafica a tutti gli effetti, si utilizza come una comune trackball grazie al software di gestione, interamente scritto da Apple.

Per quanto riguarda le "motorizzazioni", tutti i portatili della serie PowerBook 500 attualmente utilizzano il 68040 a 25 o 33 MHz. Dico attualmente, dal momento che e' gia' previsto l'upgrade rapido a PowerPC non appena saranno disponibili in quantita' i chip 603. Sara' sufficiente, infatti, sostituire la sola scheda microprocessore (e conseguentemente, come vedremo, le ROM di sistema) per disporre della nuova tecnologia. Dal punto di vista circuitale, in altre parole, i PowerBook serie 500 sono stati progettati gia' pensando all'upgrade, non essendo necessario sostituire l'intera piastra madre per passare da un processore all'altro.

Anche le altre caratteristiche sono di tutto rilievo. L'hard disk, a seconda dei modelli, puo' essere da 160 o 320 megabyte, tutte le macchine integrano una veloce porta Ethernet, oltre naturalmente alle normali connessioni standard di ogni Macintosh (compresa la porta video).

Per aumentare, infine, l'autonomia di funzionamento, e' possibile installare due batterie ricaricabili che assicurano, stando un po' attenti al consumo delle singole componenti, fino a sette ore di alimentazione continua.

Come gia' anticipato nell'anteprima apparsa il mese scorso su MC, macchine completamente nuove e non un semplice restyling.

 

Nuovo Look

 

Iniziamo col dire subito una cosa. I nuovi PowerBook non sono (ahinoi!) piu' piccoli e/o leggeri dei precedenti modelli. Sono sicuramente molto piu' potenti, molto piu' versatili, molto piu belli... ma rimangono, secondo il mio modesto parere, ancora un po' troppo grandi. Sara' che siamo stati abituati male da altri costruttori, sara' che le dimensioni di un Duo non si dimenticano facilmente, sara' che dalla Apple ci si aspetta sempre il "meglio del meglio del meglio"... per me i PowerBook sono, e rimangono, un po' troppo ingombranti. Concluso lo sfogo, passiamo ad analizzare esternamente il PowerBook 540c.

Come dicevamo prima, pur utilizzando lo stesso colore per il cabinet (grigio scuro anti sporco), il look delle nuove macchine e' completamente diverso. Non piu' un austero parallelepipedo rigato, ma una linea piu' snella (solo dal punto di vista visivo) e forme piu' arrotondate che meglio armonizzano le doti ergonomiche del prodotto. Anche in questo notebook la tastiera e' posizionata vicina al display, lasciando lo spazio anteriormente per poggiare i polsi durante la scrittura, su una superficie leggermente incurvata che dovrebbe meglio svolgere la sua funzione. Analogamente troviamo due piedini posteriori (questa volta completamente a scomparsa sul fondo e apparentemente piu' robusti dei precedenti) che permettono di far assumere alla macchina una posizione leggermente inclinata verso l'utente, con ovvi vantaggi per la comodita' d'uso. Le due batterie ricaricabili trovano posto proprio sotto al "poggiapolsi", una estraibile a sinistra, una a destra. La batteria di sinistra, all'uopo, puo' essere sostituita da un'espansione di vario genere, grazie allo slot PDS presente al suo interno. La Apple sta approntando per questa macchina un "drive" per schede PCMCIA, ma non e' escluso che altri costruttori "terze parti" realizzino espansioni diverse da utilizzare nella stessa predisposizione.

L'immancabile drive per floppy disk da 1.4 megabyte si affaccia sul lato destro della macchina. Come in tutti i Macintosh finora realizzati l'espulsione e' servoassistita, comandata dal software di sistema. Pare che anche l'adattatore per schede PCMCIA abbia l'espulsione della scheda motorizzata. Che esagerazione!

Il retro della macchina e', come al solito, il piu' ricco. Oltre al connettore per l'alimentatore esterno, troviamo una porta seriale/AppleTalk, un ingresso microfonico, un'uscita audio, la porta ADB (in grado di "reggere" fino a tre dispositivi contemporaneamente), la porta Ethernet, l'uscita video, la porta SCSI e l'eventuale porta per il fax/modem interno opzionale. Il tutto e', come sempre, protetto da un robusto sportello in plastica, incernierato in basso. Non manca, per finire, la predisposizione per assicurare meccanicamente il computer alla scrivania (o, eventualmente, al piede dell'utente...) per evitare o quantomeno rendere piu' complicato un eventuale furto del portatile.

Le novita' piu' evidenti le troviamo una volta sollevato il coperchio-display. Alla prima, la Trackpad, dedichiamo un intero paragrafo qui di seguito quindi passiamo oltre. La tastiera, simile a quella dei modelli precedenti, offre in piu' i dodici tasti funzione (segno di un avvicinamento, seppur emulato, al mondo DOS/Windows?), il pulsante di accensione come sulle tastiere dei Macintosh da tavolo, alcuni tasti di dimensioni maggiori (come l'Alt o il Control), ma soprattutto un passo assolutamente identico a quello delle tastiere standard. Il lay-out dei tasti italiano ha la solita, maledetta, disposizione QZERTY con i tasti numerici sotto shift. In molte cose la Apple ha cercato di avvicinarsi al mondo MS-DOS, tranne che nel lay-out delle proprie tastiere. E' vero che, se parliamo di standard internazionali, ha ragione la Apple a proporre (imporre?) una configurazione dei tasti stile macchine da scrivere, ma per le macchine DOS esiste ben altro concetto di tastiera italiana, con i tasti giusti al posto giusto ed in piu' le vocali accentate.

Per quel che mi riguarda o, meglio, per quel che riguarda il mio PowerBook,  ho parzialmente risolto il problema scambiando fisicamente tra loro i tasti "Z" e "W" (nelle tastiere dei portatili i tasti alfanumerici sono tutti identici per forma e dimensione) e "correggendo" il System 7 tramite ResEdit: naturalmente ho anche messo le mani nei tasti numerici, liberandoli definitivamente dallo strazio del tasto shift. Quest'ultimo ora lo premo per accedere ai caratteri serigrafati sugli stessi tasti (parentesi, apostrofo, virgolette, alcune accentate, ecc.), che uso molto meno dei numeri e quindi non mi dispiace affatto averli sotto shift. Tie'!

 

Addio trackball

 

Che fine ha fatto la pallina? Questa e' sicuramente la novita' piu' appariscente dei nuovi PowerBook 500: scompare l'amata trackball integrata, per far posto ad una nuova quanto rivoluzionaria unita' di puntamento "a stato solido" denominata Trackpad. Ha un unico grosso difetto: a guardarla non suscita certamente una sensazione di sicurezza. Specialmente a chi, come il sottoscritto abituato al mouse, ha gia' effettuato un primo sforzo per accettare la trackball dei primi PowerBook. Vedersi togliere la "pallina" in questo modo, senza preavviso (!), ha vagamente il sapore di un duro colpo alle spalle. Ma siamo ancora nell'ambito della prima impressione visiva, ancor prima del primo utilizzo.

A guardarla sembrerebbe, ahinoi, una minuscola quanto banale tavoletta grafica che posiziona il puntatore sullo schermo esattamente nello stesso punto in cui la tocchiamo. Se fosse tale, la prima considerazione da fare riguarderebbe proprio l'efficacia e la precisione di un tale dispositivo tanto piccolo proiettato sull'intera dimensione dello schermo. Fortunatamente si tratta di qualcosa completamente nuovo, posizionabile a meta' strada tra una tavoletta grafica e una comune trackball. Tutto questo grazie al software di gestione, interamente realizzato da Apple. E', a tutti gli effetti, una tavoletta sensibile al tatto, ma si usa come una trackball. Non vi e' corrispondenza assoluta tra il punto toccato e la posizione del puntatore sul video, ma si tratta di una corrispondenza relativa. La freccia seguira', piu' semplicemente, il movimento, la velocita' e l'accelerazione del nostro dito sulla Trackpad, cosi' come istintivamente avremmo fatto con una comune trackball: per compiere movimenti piu' ampi, effettueremo piu' volte alcuni movimenti brevi. Il software di gestione della Trackpad analizza il movimento del nostro polpastrello per capire dove stiamo spostando il cursore. A spiegarne a parole il funzionamento si fa molta fatica, ma bastano pochi minuti di utilizzo per guadagnare l'assoluta padronanza del mezzo.

A causa dell'utilizzo esclusivo tramite polpastrello del dito indice (o comunque di qualsiasi altro dito diverso dal pollice) sparisce anche il secondo tasto mouse presente superiormente per far posto ad un unico tasto posizionato in basso e attivabile con il pollice. Grazie al consueto posizionamento centrale, il dispositivo puo' essere azionato correttamente anche con la mano sinistra, per la gioia di tutti i mancini.

I vantaggi della Trackpad al posto della trackball, riguardano anche la sua estrema compattezza, che permette di utilizzare anche lo spazio al di sotto per installare batterie di maggiori dimensioni, ma soprattutto e' un'unita' assolutamente protetta dalla polvere e dallo sporco, veri ed unici talloni d'Achille di mouse e trackball. E in una macchina portatile,  polvere e sporco sono sempre pronti in agguato.

 

All'interno

 

Riuscire ad aprire un PowerBook serie 500 (senza alcun manuale tecnico di riferimento) e' come partecipare o, meglio, vincere una caccia al tesoro. Con questo non voglio assolutamente dire che all'interno dei PowerBook 500 regni il caos o il disordine - ci mancherebbe altro! - ma solo che l'alto livello di ingegnerizzazione del pupo fa si' che le viti siano situate nei posti piu' impensabili ed e' necessario smontare le varie componenti secondo uno schema ben preciso. Il tutto condito dal fatto che all'inizio l'apertura sembra molto semplice (ben 13 viti sono accessibili esternamente) ma il bello della "caccia" inizia solo dopo.

Tolte le viti esterne, la prima componente a "venir via" e' la tastiera, collegata alla mother board tramite due flat cable. Possiamo ora togliere, sfilandola, la sottile barretta di plastica tra le due cerniere del display: questa ci consentira' di scovare altre viti. Segue, a questo punto, l'estrazione del drive per floppy disk. Anche per questo nessun problema di rilievo, a condizione di individuare le ulteriori viti da togliere e a compiere l'operazione con la massima attenzione per non provocare danni all'ulteriore flat cable di collegamento.

Tra una vite e l'altra, possiamo anche cominciare ad ammirare lo scheletro in magnesio che assicura un'elevata robustezza al portatile senza aumentare sensibilmente il peso. E' il momento dell'hard disk: come per il floppy nessun problema di rilevo, tranne la solita attenzione nei movimenti.

Adesso viene la parte piu' delicata: staccare il display. Alle due estremita' della cerniera, le due capsule ogivali non sono altro che due coperchietti ad incastro che nascondono le viti di ancoraggio. Lo stesso sistema era utilizzato, se non ricordo male, anche per i precedenti PowerBook. E' questa l'operazione piu' delicata, dal momento che il display e' molto pesante ed e' collegato alla scheda madre da un flat cable molto piccolo, molto facile da strappare se non compiamo l'operazione con la massima cautela. Tale flat cable non e', infatti, scollegabile anticipatamente, ma dovremo compiere l'operazione quando le due parti sono gia' separate, tenendo con una mano il display mentre con l'altra dovremo scollegare il connettore. Credete che sia finita? Nemmeno per sogno. Se vogliamo raggiungere completamente la scheda madre, dobbiamo estrarre lo schermo protettivo della scheda processore (e dell'eventuale espansione di memoria), anche questo trattenuto da un paio di viti. Fine delle sofferenze: lo scheletro in magnesio e' ora asportabile, cosi' come la scheda madre, molto ricca di componenti elettronici nella parte inferiore. Se siete gia' possessori di un PowerBook 500 non vi azzardate ad aprirlo come ho fatto io, pena la decadenza immediata della garanzia, oltre al fatto di rischiare la rottura del portatile.

A parte ogni positiva considerazione sullo squisito livello costruttivo interno, sia per quel che riguarda l'elettronica che per l'assemblaggio meccanico, ci sono un paio di segnalazioni riguardo la scheda microprocessore. Sebbene sia di ridotte dimensioni, e' piuttosto ricca di componenti. Su questa troviamo sia la RAM di base (4 megabyte) che le ROM di sistema contenenti il software residente. Evidentemente anche la futura schedina con PowerPC sara' dotata delle medesime componenti (di RAM forse ne avra' 8 mega): speriamo che cio' faccia costare troppo il kit di upgrade verso PowerPC. La seconda considerazione riguarda il microprocessore attuale, il 68040 a 33 MHz. Come ampiamente segnalato durante la conferenza stampa di presentazione dei nuovi PowerBook, i processori della famiglia 68040, per dirla alla Intel (questa e' una mia battuta, ndr), sono sempre stati in tecnologia "DX2". In pratica i chip a 33 MHz hanno il clock interno a 66, quelli a 25 MHz sono in realta' a 50 e cosi' via. La Motorola, a quanto pare, non ha ritenuto opportuno, sin dall'inizio, utilizzare per scopi di marketing questa soluzione tecnologica (del resto tutt'altro che nuova, vedi Transputer della INMOS) lasciandola come caratteristica spiccatamente tecnica, utile ai soli programmatori in linguaggio macchina, che spesso hanno a che fare anche con le temporizzazioni interne. Visto, pero', che l'utenza la prima cosa che va a vedere e' proprio la velocita' del clock (come piu' volte ripetuto, non e' certo la velocita' del clock a stabilire un termine di paragone velocistico tra computer differenti), marketing ha voluto che per tutti i processori 68040 si parli sia della velocita' di clock esterna che di quell'interna. Non solo a parole, durante le presentazioni, ma nero su bianco. Anzi, bianco su nero, dal momento che sui chip attualmente prodotti e' chiaramente indicata la doppia velocita': nel caso nostro 33/66. Cosi' il microprocessore e' sempre lo stesso, ma l'utente e' piu' contento. Bah!

 

 

PowerBook Mobility Bundle

 

Dietro questo nome, per la verita' piuttosto brutto, si nasconde la nutrita serie di prodotti software fornita a corredo con i nuovi PowerBook serie 500. Si tratta di programmi nuovi e di programmi prima venduti separatamente, molti dei quali per l'uso specifico di computer portatili.

Ad esempio, Apple Remote Access consente il collegamento, via modem, ad un server remoto come se fosse direttamente collegato a noi via AppleTalk. In questo modo e' possibile, disponendo di un modem e di una linea telefonica, recuperare qualsiasi informazione o file contenuta sul nostro computer in ufficio o a casa, semplicemente con una telefonata. Ovviamente il nostro server deve disporre dell'opportuno software di gestione di Apple Remote Access, oltre alla linea telefonica ed al modem possibilmente molto veloce. Visto che si tratta di un prodotto venduto anche singolarmente, quindi utilizzabile da tutti gli utenti PowerBook, torneremo presto sull'argomento con un articolo specifico.

Del secondo pacchetto fornito a corredo, File Assistant, ne abbiamo gia' parlato qualche mese fa nella rubrica Macintosh, esprimendo giudizi a dir poco entusiasmanti. Serve per mantenere sincronizzati i contenuti di due hard disk differenti, ad esempio quello del portatile e quello del desktop, in modo da esser certi di lavorare sempre con l'ultima versione di ogni file dei nostri dati. In pratica, collegati i due computer, il software File Assistant (peraltro installato solo su uno dei due Macintosh) controlla data di creazione e modifica di ogni file contenuto nelle cartelle da sincronizzare, preventivamente specificate, aggiornando ora l'uno ora l'altro hard disk in modo che al termine dell'operazione le due cartelle siano identiche e contengano ognuna la versione piu' recente di ogni file.

PC Exchance serve, come noto, per leggere e scrivere i dischi in formato DOS/Windows; Macintosh Easy Open Translator e' usato per tradurre file da un formato all'altro oltre a consentire (questo e' molto importante) la visualizzazione di un file senza disporre dell'applicazione che l'ha creato.

Troviamo anche una vecchia conoscenza, Pulsantiera, che si usa per lanciare le applicazioni con un singolo click (e' stata realizzata appositamente per gli utenti dei sistemi Performa, tipicamente avversi ad ogni complicazione tecnologica, come il doppio click!).

Infine, HyperCard Player, ci permette di lanciare le gli stack di HyperCard: anche questa e' un'applicazione molto gradita.

Per quel che riguarda il Finder, sullo schermo dei nuovi PowerBook e' ora presente una Striscia di Controllo che permette di mantenere sotto controllo continuo molte attivita' della macchina. E' formata da una serie di bottoni e di indicatori che possono essere posizionati a piacere dall'utente stesso. Inoltre la Apple ha "liberalizzato" l'uso di tale Striscia di Controllo anche da parte dei produttori software che potranno prevedere eventualmente bottoni e indicatori relativi alle loro applicazioni o ai loro add-on hardware. Tra le funzioni offerte dalla Striscia di Controllo, troviamo l'attivazione o la disattivazione di AppleTalk senza richiamare scelta risorsa e senza resettare. E' inoltre fornita costantemente l'indicazione dello stato di carica delle batterie, il tasso di consumo (un vero e proprio econometro) e il tempo esatto di autonomia, calcolato grazie alla presenza di un microprocessore all'interno di ogni batteria ricaricabile.

Sempre da Striscia di Controllo, l'utente puo' attivare o disattivare la condivisione, cosi' come cambiarne l'impostazione, fermare il disco rigido, impostare il massimo dell'economia nel consumo delle batterie, porre il computer in stato di stop, regolare il volume audio e attivare o disattivare la duplicazione dello schermo (quando si collega un monitor esterno), il tutto senza mai aprire il pannello di controllo. E' un peccato che tali bottoni, nell'uso, non siano tali, ma comandano dei menu sui quali attiviamo o disattiviamo le varie opzioni. Sarebbe stato piu' immediato, almeno sui bottoni di tipo On/Off il semplice click sul bottone relativo, e non... "tenere premuto il tasto mouse, posizionarsi sul menu' teste' comparso, rilasciare il tasto mouse". De gustibus...

 

 

 

Concludendo

 

Assodato che i nuovi PowerBook sono, tanto per cambiare, prodotti eccezionali dal punto di vista tecnico ed ergonomico, proviamo a fare due considerazioni riguardo il prezzo orientativo di vendita. Il display a matrice attiva, pur con una visibilita' a dir poco ottima (visualizza fino a 32.000 colori), ha il "difetto"  di costare da solo alcuni milioni. A causa di cio' (e il problema riguarda tutti i costruttori di portatili) il prezzo di vendita del 540c supera gli otto milioni. Tanti, ma non troppi. Non bisogna dimenticare che ci portiamo a casa un Macintosh dalla potenza di un Quadra 800 (o quasi...) che con monitor e tastiera costa molto di piu'.

Per fortuna esistono anche soluzioni piu' economiche, a limite senza nemmeno rinunciare al colore. Sono i fratellini minori, 520 e 520c, il primo a meno di quattro milioni, il secondo a poco piu' di cinque. In entrambi i casi il processore utilizzato e' il 68040 a 25/50 MHz (bisogna dire cosi'...), l'hard disk e' da 160 megabyte, una sola batteria e' fornita a corredo. Le differenze riguardano solo il display, il primo a livelli di grigio, il secondo e' un "colore matrice passiva dual scan" di tutto rispetto.

Nell'attesa che siano disponibili i modelli dotati di PowerPC e/o vengano prodotte le prime schede di upgrade, se cerchiamo un portatile dalle caratteristiche davvero super (con l'assicurazione di raddoppiarle o triplicarle quanto prima) un PowerBook della serie 500 sara' certamente un ottimo acquisto. Il modello lo scegliera' il nostro portafoglio.

 


 

 

 

 

 

Apple PowerBook serie 500

 

Produttore e distributore:

 

Apple Computer SpA

Via Milano, 150

Cologno Monzese (MI) - Tel. 02/273261

 

Prezzi orientativi (Iva Esclusa)

 

PowerBook 520 - 4/160                                              L. 0.000

PowerBook 520c - 4/160                                            L. 0.000

PowerBook 540c - 4/320                                            L. 0.000

 

 

 

 


Articolo pubblicato su www.digiTANTO.it - per ulteriori informazioni clicca qui