Articolo pubblicato sul n. di
Reflex
(Editrice Reflex Srl - Roma) nel maggio 1993
La fotografia nel 2000:
Immaginiamola così...
di Andrea de Prisco
Colonia, 11 settembre 2000 (NOTA AGGIUNTA AL MOMENTO
DELLA PUBBLICAZIONE SU QUESTO SITO, NEL 2009: l'articolo
è stato scritto nel 1993 e, ovviamente, la data "11
settembre" fu assolutamente casuale!). L'avvenimento
più
importante di questa edizione della Photokina è sicuramente
la conferenza stampa per la presentazione del nuovo
apparecchio fotografico multiformato da parte del nuovo
colosso giapponese Matsoy, grazie al quale la fotografia
finalmente varcherà nuove frontiere tecnologiche fino ad
ora esplorate solo parzialmente e in via sperimentale da
alcuni costruttori giapponesi, americani ed europei.
Le carte vincenti della nuova fotocamera, denominata ADP-1 (verrà
commercializzata in tutto il mondo a partire dal 2001), sono
davvero tante: a cominciare dall'estrema modularità del
sistema che permette di personalizzare il proprio
apparecchio fotografico secondo una varietà molto ampia di
combinazioni possibili.
Naturalmente tale modularità permette di aggiungere, "upgradare",
via via tutte le funzioni necessarie, partendo dal sistema
minimo di una reflex 35mm standard con pentaprisma
intercambiabile e autofocus "anni 90", fino al sistema top
che può anche fare a meno della pellicola dal momento che
incide le immagini catturate elettronicamente direttamente
su supporto magneto-ottico riscrivibile "MiniDisc".
Al termine della conferenza abbiamo avuto modo di toccare
con mano l'apparecchio neonato e siamo ben lieti di
presentare ai nostri lettori tutte le sue strabilianti
caratteristiche.
Il sistema minimo
La nuova Matsoy ADP-1 nasce come una comune reflex autofocus
professionale formato 135. Avanzamento e riavvolgimento
motorizzato della pellicola, pentaprisma, schermi di messa a
fuoco e obiettivi intercambiabili, otturatore a tendina
verticale con tempi di otturazione compresi tra 30 secondi e
1/8000 di secondo. Di apparecchi di questo genere ne
conosciamo l'evoluzione da almeno una decina d'anni: il
sistema minimo proposto da Matsoy non ha di significativo
né nulla di più né nulla di meno di altri apparecchi
professionali proposti già da molti anni da altri
costruttori giapponesi. L'autofocus, ad esempio, è
interamente gestito dal pentaprisma ottico di base che
provvede anche al calcolo dell'esposizione secondo l'ormai ultracollaudata misurazione multizona.
Ciò che spaventa un po' della nuova fotocamera, sono le
generose dimensioni del corpo macchina le quali,
fortunatamente, non incidono negativamente sul peso
dell'apparecchio essendo interamente realizzato in magnesio.
Con la macchina arriveranno sul mercato una serie di ottiche
dotate di motore ad ultrasuoni per un autofocus rapido e
silenzioso (anche qui nulla di nuovo) ma con due
particolarità: la prima riguarda il cerchio di copertura
ampio che permette l'utilizzo del formato Super35mm in
sostituzione del classico 24x36 (come vedremo la nuova
macchina potrà utilizzare entrambi i formati, per questo è
un po' più ingombrante del normale), la seconda
caratteristica innovativa riguarda il nuovo innesto a
baionetta motorizzato. La ADP-1, infatti, permette di
appoggiare l'obiettivo sulla flangia del corpo macchina
senza tenere conto del classico riferimento per l'aggancio
presente in ogni attacco a baionetta finora visto. Basta
accostare le due parti (questa caratteristica si farà
apprezzare in condizioni di luce scarsa) e la flangia
motorizzata bloccherà e ruoterà automaticamente
l'obiettivo fino al corretto posizionamento. Analogamente,
per togliere un obiettivo sarà sufficiente agire sul
classico pulsante di sbocco ma non sarà necessario ruotare
l'ottica: sarà la flangia, ruotando, che libererà
l'obiettivo dal corpo macchina.
Il cosiddetto "sistema minimo" dispone di una serie di
accessori piuttosto standard, dai vetrini di messa a fuoco,
a vari mirini da sostituire al pentaprisma, da un flash
basico che permette la classica misurazione TTL della luce
lampo, ad un comunissimo dorso data. Ma chi si avvicina alla
Matsoy ADP-1, non lo fa certo per limitarsi al sistema
minimo: il bello di questa nuova fotocamera inizia proprio
dove le altre si fermano.
35mm e Super35mm in un solo apparecchio
La prima caratteristica rivoluzionaria della Matsoy ADP-1
riguarda la possibilità di utilizzare tanto il formato
classico 135 quanto il Super35mm che, come noto, pur
utilizzando la medesima altezza del supporto (35mm) permette
di avere un fotogramma di 30x40 mm, compatibile quindi anche
con il formato video. Questo grazie all'eliminazione della
perforazione ormai non più necessaria al corretto
posizionamento dei fotogrammi, con l'adozione di un motore
passo-passo per l'avanzamento. La disponibilità di un
apparecchio professionale bi-formato contribuirà
notevolmente alla diffusione del tuttora poco fortunato
Super35mm. Per passare da un sistema all'altro è necessario
sostituire dal vano pellicola il blocco cornice 24x36 più
rocchetto dentato con il blocco cornice 30x40 che al posto
del rocchetto dentato ha un sistema di controllo scorrimento
basato su due ruote gommate poste in corrispondenza dell'estremità
della pellicola. Il sistema di controllo scorrimento
verifica che quest'ultima avanzi sempre esattamente di 42mm
come previsto dallo standard Super35mm. Se durante
l'utilizzo si dovesse verificare un leggero sfasamento tra
quanto provocato dal motore passo-passo dell'avanzamento e
quanto misurato dalle ruote gommate di controllo
scorrimento, viene automaticamente preso in considerazione
un ulteriore avanzamento di pellicola per essere certi che
non vi siano pericolosi accavallamenti di fotogrammi. Questa
situazione, assai poco probabile, potrebbe verificarsi
nell'utilizzo di un caricatore difettoso che non rilascia la
pellicola correttamente, o nel caso in cui il fotografo
scatti le sue immagini in situazioni estreme in presenza
cioè i di forti sollecitazioni meccaniche.
In tutti i casi la velocità di avanzamento della pellicola è di 5 fotogrammi al secondo per il formato 24x36 e di 4.5
f/s per il Super35mm. Tanto per l'uno che per l'altro
formato sono previsti due dorsi data: nell'utilizzo
combinato Super35mm + pentaprisma elettronico è possibile
incidere sulla base del fotogramma oltre alle classiche
informazioni data, ora, progressivo, esposizione, alcune
informazioni supplementari (di cui vi parleremo tra breve)
per il laboratorio fotografico.
L'otturatore a tendina fa invece parte del corpo macchina,
non essendo interessato alla sostituzione della cornice. Per
questo motivo è dimensionato in ogni caso per il formato
30x40, contribuendo anch'esso a rendere la ADP-1 non troppo
compatta.
Pentaprisma elettronico
La vera rivoluzione della ADP-1 sta tutta nel pentaprisma
elettronico (PE, per brevità) che, di ottico, non ha più
nulla se non la lentina di visione con correzione diottrica
anch'essa motorizzata. E' costituito il pratica da un CCD a
colori da 4 milioni di pixel (2048x2048) posizionato al
posto vetro di messa a fuoco e un display LCD a matrice
attiva da un pollice, anch'esso a colori e dotato di ben
512.000 pixel. Sia il sensore CCD che il visore LCD sono
capaci di lavorare in "truecolor" : con sedici milioni di
colori.
Tanto l'altissima risoluzione del CCD quanto quella dell'LCD
fanno sì che non si avverta la presenza componenti
elettroniche (sembra di lavorare con un pentaprisma
tradizionale) finché, naturalmente, non si attivano le
funzioni speciali.
Tra il CCD situato orizzontalmente al posto del comune
schermo di messa a fuoco non più necessario (poi vi diremo
perché) e il display LCD posizionato verticalmente davanti
all'oculare vi è tutta l'elettronica necessaria al
funzionamento di questo gioiello tecnologico. Oltre,
infatti, agli scontati controllori di CCD e LCD, troviamo
ben 4 microprocessori general purpose a 64 bit funzionanti
in parallelo e capaci di controllarsi l'un l'altro come nei
moderni supercomputer, 16 Mbytes di ROM e 32 MBytes di RAM.
Ed è proprio questo pentaprisma che permetterà alla ADP-1
funzioni per la fotografia tradizionale ed elettronica mai
viste prima. Nel campo della fotografia tradizionale, che ve
ne pare, ad esempio, di vedere in bianco e nero l'immagine
che state imprimendo su pellicola di questo tipo? Decidendo,
magari, già il contrasto della carta da utilizzare prima
ancora dello scatto. O di impostare una determinata
correzione cromatica o un particolare "effetto speciale" che
poi il vostro laboratorio riporterà pari pari al momento
della stampa di quel fotogramma di pellicola? Questa è una
delle informazioni aggiuntive che il dorso data per il
formato Super35mm imprimerà sul fondo del fotogramma
utilizzato. Esiste inoltre la possibilità di memorizzare la
funzione di tutti i vostri filtri ottici (cross-screen,
flou, centerfocus, prismatici, ecc.ecc.) semplicemente
montandoli l'uno dopo l'altro su un qualsiasi obiettivo e
inquadrando il medesimo soggetto (possibilmente fermo,
magari utilizzando anche un treppiedi) con e senza filtro.
In questo modo l'elettronica è in grado di percepirne la
differenza, codificandone la funzione ne ricorderà
l'effetto che poi sarà in grado di ricreare senza bisogno
di montare ulteriormente nulla sui vostri obiettivi. Ciò
significa che se siete indecisi quale filtro utilizzare per
una determinata inquadratura non dovrete passare il vostro
tempo ad avvitare e svitare addizionali prima di arrivare
alla scelta ma potrete scorrere (anche sovrapponendone più
d'uno) i vari effetti memorizzati con la semplice pressione
di un tasto. Una volta trovato il filtro giusto (o una
combinazione di questi), se la vostra fotografia è su
supporto tradizionale (pellicola) installerete a colpo
sicuro l'accessorio adatto, se invece state utilizzando la
ADP-1 come macchina esclusivamente digitale (fondello MiniDisc installato) potete scattare anche senza filtro:
verrà utilizzata la sua codifica software. All'uopo è bene
segnalare che all'interno delle ROM dell'apparecchio sono
già codificati la maggior parte dei filtri esistenti,
compresi tutta la serie Cokin. Per non parlare
dell'implementazione software di tutti i vetrini di messa a
fuoco: il display LCD è ovviamente in grado di sovrapporli
alle immagini visualizzate, a voi la scelta del tipo più
opportuno per il genere di fotografia che state scattando.
Ma le prodezze del PE non finiscono certo qui. Avete
presente il controllo della profondità di campo? Con un
pentaprisma tradizionale chiudendo manualmente il diaframma
l'immagine apparirà più scura, il più delle volte
illeggibile. Con la ADP-1 e il PE nulla cambierà in quanto
a luminosità dato che questa verrà automaticamente
compensata dall'elettronica ogni volta che chiuderete
manualmente il diaframma. Ed è anche possibile lavorare con
il diaframma sempre all'effettiva apertura impostata dal
controllo esposimetrico avendo così costantemente visibile
la profondità di campo reale. E del preview delle immagini
da scattare col flash cosa dite? Non siete sicuri del
risultato finale di una foto con il flash ? Niente paura,
impostando il flash-preview e azionando il pulsante di
scatto il CCD catturerà per voi l'immagine illuminata dal
flash e vedrete sull'LCD il risultato della vostra foto
prima ancora di scattarla per davvero: un po' come succede
con i dorsi Polaroid negli studi fotografici.
Esposizione multizona "Recoursive Matrix" e messa a fuoco
"intelligente"
Utilizzando sulla ADP-1 il pentaprisma elettronico,
l'esposizione corretta viene calcolata con un nuovo
procedimento denominato "Recoursive Matrix" (RM, per
brevità). Diciamo subito che l'esposizione calcolata dalla
macchina è utile solo ed esclusivamente quando andiamo
particolarmente di fretta. Se la nostra foto sarà un po'
più ragionata possiamo dire che la misurazione
esposimetrica lascia il tempo che trova. Infatti sul display
LCD del mirino vediamo sempre e comunque il risultato
finale, quindi chi meglio di noi stessi può stabilire,
semplicemente guardando, qual è la miglior coppia tempo
diaframma (eventualmente effettuando tutte le sovra o
sottoesposizioni del caso) da utilizzare? Considerato poi
che possiamo impostare il controllo continuo della
profondità di campo senza perdere in luminosità (come
spiegato prima) fotografare diventa un vero e proprio
piacere senza più ostacoli tecnici.
Ma torniamo al sistema RM e cerchiamo di spiegare nella
maniera più semplice possibile come funziona. Prendiamo un
comune sistema di lettura esposimetrica multizona, ad
esempio a cinque cellule. L'esposizione definitiva è
ricavata dalla lettura delle cinque cellule, dando il giusto
peso ad ognuna per ottenere il risultato finale non senza
aver effettuato una sorta di controllo incrociato con un
database più o meno estero di situazioni di illuminazione
naturale o artificiale.
Nei sistemi classici, ognuna delle cinque zone di
misurazione viene letta con la protozoica "lettura media":
nel sistema RM ogni zona è suddivisa in altrettante
sottozone e riapplicato il procedimento "Matrix" ad ognuna
di queste. Il procedimento ricorsivo per suddivisioni
successive continua fino al singolo pixel del CCD che, non
potendo essere suddiviso ulteriormente, effettuerà una
lettura media (che però è in pratica più spot che non si
può) del singolo punto. Di fatto questo rivoluzionario
sistema di lettura esposimetrica (grazie al procedimento
ricorsivo, ma soprattutto all'altissima velocità di
elaborazione dei processori), dà il giusto peso ad ogni
pixel del sensore CCD: come dire che le zone di lettura del
sistema multizona della ADP-1 con PE sono ben quattro
milioni!
Per quanto riguarda l'autofocus "intelligente", i quattro
processori contenuti nel PE, oltre ad effettuare tutte le
operazioni finora elencate, analizzano in tempo reale
l'immagine generata dal CCD riconoscendo sempre il soggetto
principale, in qualsiasi posizione sia all'interno
dell'immagine e in qualsiasi direzione si sposti.
Ma non si fermano a questo: effettuano una vera e propria
classifica degli oggetti inquadrati (disposti su piani
differenti, ad esempio i vari volti di più persone a varie
distanze, altri oggetti predominanti in primo piano o sullo
sfondo) in modo che il fotografo se non è d'accordo col
sistema autofocus sulla scelta del punto di messa a fuoco,
semplicemente agendo su un tasto può spostare la messa a
fuoco su oggetti diversi. Forse con un esempio riusciamo a
chiarire meglio il funzionamento. Immaginiamo di inquadrare
una bella ragazza a mezzo busto. Nell'inquadratura ci sarà
ad esempio anche uno sfondo con alcuni quadri e una pianta
in primo piano sulla sinistra, più vicina alla fotocamera
che la ragazza. Il sistema di analisi riconosciuto il tipo
di inquadratura classificherà con soggetto di primo ordine
la ragazza, secondo ordine la pianta, terzo ordine i quadri
sullo sfondo. E' molto probabile infatti che siete
interessati al soggetto umano, che il sistema autofocus vi
presenterà ben nitido. Se invece volete focheggiare sulla
pianta vi basterà premere una volta il pulsante di
Focus-Skip (che il sistema ha classificato di secondo
ordine) se invece eravate interessati ai quadri dovrete
premere una seconda volta il medesimo tastino. Nel caso in
cui nessun oggetto classificato dal computer è il vero
soggetto della foto (dubitiamo che ciò possa capitare
realmente, vengono costantemente classificati fino a cinque
probabili soggetti) non vi resta che utilizzare la classica
messa a fuoco manuale. Naturalmente motorizzata!
Fondello MiniDisc
Come più volte ripetuto in queste righe, la nuova ADP-1,
utilizzata congiuntamente al pentaprisma elettronico e
all'apposito fondello, permette di registrare le immagini
scattate anche su MiniDisc. Essendo questo, a differenza del
diffusissimo PhotoCD, un supporto magneto-ottico a
lettura-scrittura, potremo utilizzarlo tutte le volte che
vogliamo, eventualmente riincidendo tutte le immagini che
non ci soddisfano.
L'utilizzo del fondello MiniDisc è indipendente dal tipo o
dalla presenza di pellicola tradizionale all'interno della
fotocamera. Se utilizziamo il fondello MiniDisc senza
pellicola nel corpo macchina, avremo in più il vantaggio di
uno scatto molto più silenzioso non essendo necessario il
sollevamento dello specchio. Senza contare che la fotografia
"solo-digitale" della ADP-1 ci permette di esplorare nuovi
orizzonti sicuramente impraticabili con la fotografia
tradizionale. Il CCD del PE è talmente veloce che permette
esposizioni "elettroniche" fino ad un decimillesimo di
secondo anche in condizioni di illuminazione ridotta o col
diaframma molto chiuso. Contemporaneamente permette lunghe
esposizioni anche in pieno sole, grazie all'elettronica che
può sovrapporre sulla stessa memoria di quadro infinite
immagini catturate dal CCD. Per non parlare della funzione "autopanning"
che permette di scattare la foto digitale di un oggetto in
movimento che rincorriamo con l'inquadratura (ad esempio una
macchina da corsa ripresa dalle tribune) non appena siamo
riusciti a tenerla bene a tiro anche per un solo attimo: i
quattro processori che elaborano in continuazione quanto
inquadrato possono stabilire il momento migliore per
ottenere un "panning" virutalmente perfetto, con il soggetto
ben fermo e lo sfondo volutamente mosso.
In situazioni di utilizzo misto (tradizionale + digitale)
possiamo usare pellicola a colori e salvare su MiniDisc la
stessa immagine in bianco e nero (magari impostando qualche
effetto speciale come la solarizzazione ad esempio) o
viceversa salvando l'immagine così com'è a colori e
utilizzare nell'apparecchio pellicola in bianco e nero (in
questo caso la solarizzazione è ovviamente rinviata alla
camera oscura).
Su ogni MiniDisc, della capacità di 120 megabyte sarà
possibile registrare 40 immagini a piena risoluzione
(quattro milioni di punti a 16 milioni di colori, cioé 24
bit/pixel, con una compressione adattativa di 4 a 1) o un
numero maggiore di immagini utilizzando risoluzioni
inferiori o metodi di compressione più spinta.
Il fondello dispone inoltre di gadget multimediale: un
piccolo microfono direzionale con il quale potremo salvare
alcuni secondi di audio insieme alla nostra immagine:
provate ad immaginare su TV la foto di un coloratissimo
pappagallo ed udire il suo verso ogni volta che la
visualizzate! Tutte le immagini salvate su MiniDisc sono
direttamente visionabili attraverso lo stesso mirino del
pentaprisma elettronico, come avviene con le videocamere e i
nastri appena girati. Tolto il fondello MiniDisc dalla
fotocamera potremo utilizzare la medesima unità per vedere
le nostre immagini su televisore, via RGB attraverso la
presa scart: niente meglio del truecolor è immediatamente
convertibile in RGB attraverso tre semplici convertitori D/A
ad 8 bit l'uno. Inutile dirvi che tutti i maggiori
laboratori di stampa elettronica da PhotoCD stanno già
ampliando la loro attrezzatura per fornire stampe di
qualità elevatissima anche da MiniDisc...
Tornando al 1993
E' vero, è un sogno. Ma non è certo irrealizzabile. Anche
i più esperti dei settori fotografico, elettronico ed
informatico, possono confermare che si tratta di un sistema
che ora come ora avrebbe l'unico handicap nella
miniaturizzazione (oltre che nel costo...) ma non certo
nelle "trovate tecnologiche" proposte. Non vi abbiamo
parlato, in questo articolo, di un prodotto di pura
fantascienza: vi avremmo ad esempio potuto narrare di
sistemi in grado di valutare la bontà dell'inquadratura e
dell'illuminazione, consigliando al fotografo cosa fare per
ottenere quella determinata foto ancora più bella, ma non
ci è sembrato proprio il caso di affacciare la nostra testa
tra le nuvole. Lo scopo era solo quello di fare qualche
ipotesi sul futuro prossimo venturo utilizzando tecnologie
attuali che devono solo avere ancora un po' di tempo per
maturare e consolidarsi ulteriormente. Chissà che il nostro
errore non sarà proprio quello di aver sottovalutato il
progresso tecnologico in corso, e magari macchine come la
ADP-1 le vedremo sul mercato molto prima del 2001. Come
dire: "Ai posteri l'ardua sentenza, a voi... i miei saluti "
Articolo pubblicato
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