Articolo pubblicato sul n. di
Reflex
(Editrice Reflex Srl - Roma) nel giugno 1994
Le periferiche
di Andrea de Prisco
Per dedicarsi alla fotografia digitale, se tralasciamo i
sistemi minori, fondamentalmente e' possibile utilizzare due
tipi diversi di computer: i sistemi Macintosh e i sistemi
DOS/Windows. Come abbiamo visto lo scorso mese, sia per il
primo che per il secondo ambiente (e' questo il modo piu'
corretto per indicare i sistemi) esistono macchine di fascia
economica, di fascia media e di fascia alta, con prezzi
compresi tra il milione di lire (abbondante per i Macintosh)
e i quindici milioni e piu' dei computer per utilizzo
prevalentemente professionale.
Ogni ambiente ha i suoi programmi, utilizzabili solitamente
sia sui computer piccoli che per quelli piu' grandi, con
velocita' di elaborazione diverse. A meno di non ricorrere
ad un emulatore (un programma aggiuntivo che consente
l'utilizzo su un computer dell'ambiente A i programmi
scritti per il computer dell'ambiente B) i programmi possono
girare solo sui computer per i quali sono stati scritti.
D'altro canto un emulatore, essendo un vero e proprio
programma che gia' da solo impegna la macchina sulla quale
e' lanciato, consente si' l'esecuzione di programmi scritti
per un ambiente diverso, ma a velocita' tipiche dei sistemi
piu' economici.
Se volete pensate pure all'attacco a baionetta di una
reflex. Per ottenere massime prestazioni e' d'obbligo
utilizzare obiettivi con quell'attacco specifico. Se
vogliamo montare un apparecchio A un'ottica con attacco B,
saremo costretti ad interporre un anello adattatore (un
emulatore) e, nella quasi totalita' dei casi, a rinunciare a
determinate prestazioni: diaframma automatico, accoppiamento
diaframma esposimetro e spesso alla messa a fuoco
all'infinito. Tramite un azzardato adattatore, provate a
montare un obiettivo Canon su una professionale Nikon (o
viceversa) e vi ritroverete tra le mani, nella migliore
delle ipotesi, le funzionalita' di una Zenit TTL!
Diversa e', per fortuna, la situazione per buona parte delle
periferiche per computer (specialmente le piu' costose...).
Sia che si utilizzi un sistema Macintosh che un sistema
DOS/Windows, le problematiche connesse sono le stesse e
molte volte gli stessi dispositivi possono essere installati
su entrambi i sistemi.
Le periferiche sono tutti gli accessori, spesso
indispensabili, che permettono di aggiungere funzionalita'
al computer che stiamo utilizzando. Non importa quanto siano
indispensabili: lo stesso monitor, la tastiera, il mouse
sono periferiche cosi' come l'unita' a dischi, la stampante,
lo scanner o la scheda video semplice o evoluta che sia.
Alcune sono utilizzate esternamente al computer (da cui il
nome periferica) e collegate via cavo allo stesso, altre
sono installate internamente, ma si tratta sempre di
periferiche dal momento che sono comunque separate dalla
scheda madre dove trovano posto tutti i principali
componenti elettronici del sistema.
Le periferiche interne. Diversamente dalle macchine
fotografiche (per le quali e' altamente sconsigliato agli
utenti, pena la probabile distruzione, smontare le varie
parti per curiosare all'interno) l'utente di un computer e'
in un certo senso abilitato ad aprirlo, ogni volta che vuole
installare nuovi componenti interni. Di solito sulle
istruzioni del computer (o dell'accessorio) e' spigato e
mostrato come procedere, fermo restando che l'operazione
puo' essere eseguita, di solito in pochi minuti, anche dal
negoziante che ha effettuato la vendita. Alcuni computer
sono talmente propensi all'espansione, che per accedere
all'interno non e' necessario nemmeno prendere un
cacciavite, ma basta agire su uno o piu' sblocchi meccanici
per sollevare il coperchio superiore a mo' di cofano motore,
dopo aver spostato il monitor.
Aprendo un computer qualsiasi sono facilmente individuabili
alcune componenti essenziali per il suo funzionamento. La
piastra elettronica principale, dove sono posizionati la
maggior parte dei circuiti integrati (i cosiddetti chip) e'
normalmente posizionata sulla base. Di lato troviamo
l'alimentatore: trasforma la tensione di rete a 220 V nelle
varie tensioni utilizzate dall'elettronica (5 V e 12 V).
L'alimentatore, comunque, non e' da considerare una
periferica in quanto svolge il suo compito a monte, ed e'
necessario solo perche' la nostra tensione di rete e' a 220
volt. Alimenta sia la scheda madre che le periferiche
interne: questo particolare non e' da sottovalutare dal
momento che ne dovremo tener conto per stabilire se una
determinata periferica puo' effettivamente essere installata
internamente. Non basta che vi sia spazio a sufficienza o la
predisposizione meccanica (fori di montaggio per le viti di
sostegno) ma e' opportuno considerare anche se il suo
consumo di corrente e' tale da mettere in crisi
l'alimentatore. Di solito ogni computer ha un alimentatore
tale da sopportare almeno una periferica interna in piu':
tale predisposizione e' segnalata dalla presenza di cavetti
di alimentazione aggiuntivi, in uscita dall'alimentatore ma
non collegati a nulla, pronti per essere utilizzati per
questo scopo.
La periferica interna principe e' senza dubbio l'hard disk
(o disco rigido). Su questo memorizzeremo i nostri programmi
per l'elaborazione delle immagini, il sistema operativo
(fondamentale per il funzionamento del computer) e le
immagini da elaborare o in via d'elaborazione. L'hard disk
e' ormai presente in ogni computer e permette di memorizzare
da poche decine a molte centinaia di megabyte. Un megabyte
equivale a poco piu' di un milione di byte. Questi numeri
possono sembrare spaventosamente esagerati ma non e' affatto
cosi'. Considerate che almeno una ventina di megabyte se ne
vanno tra sistema operativo e il programma di elaborazione
digitale delle immagine. Ognuna di queste puo' occupare
(secondo la dimensione e il numero di colori utilizzati, ne
abbiamo gia' parlato nei numeri precedenti) da un minimo di
due-tre megabyte a quasi venti, sebbene e' da tener presente
che per risparmiare spazio le immagini sono di solito
salvate in formato compresso. Senza contare che una certa
quantita' di spazio libero sull'hard disk e' necessaria
anche al programma di elaborazione digitale che la utilizza
per non richiedere quantita' abnormi di memoria centrale
(RAM).
E' facile, considerato cio', che la capacita' originaria
dell'hard disk presente nel nostro computer, non sia piu'
sufficiente nel momento in cui iniziamo ad utilizzare
pesantemente la macchina per elaborare le immagini.
In questo caso esistono tre alternative. La prima, piu'
scontata, comporta la sostituzione completa del disco rigido
con uno di capacita' maggiore. Dato, pero', che
difficilmente troveremo un negoziante intenzionato a
permutarci il nostro hard disk originario, in un certo senso
perderemo lo spazio di cui gia' disponevamo. La seconda
possibilita' riguarda l'installazione di un secondo hard
disk all'interno del nostro computer (magari ben piu' grande
del primo) per aggiungere capacita' senza rimetterci quella
originaria. Tanto la prima quanto la seconda soluzione non
risolvono il problema della capacita' di memorizzazione, ma
semplicemente lo spostano piu' avanti. Se continuiamo ad
utilizzare il nostro disco rigido per memorizzare immagini,
per quanto lo acquisteremo capiente, e' comunque destinato a
riempirsi completamente senza darci la possibilita' di
continuare a lavorare all'infinito.
La soluzione a questo problema, terza alternativa, e' data
dalla possibilita' di installare, internamente o
esternamente, un'unita' di memorizzazione di grande
capacita' di tipo rimovibile. Simile, nel funzionamento, ai
normali dischetti per computer, permettono di memorizzare
molte decine (in alcuni casi centinaia) di megabyte su un
supporto che potremo estrarre e inserire secondo le nostre
necessita'. Acquistando piu' supporti, moltiplicheremo
all'infinito la capacita' di memorizzazione. Ogni volta che
riempiamo un disco lo mettiamo da parte e ne inseriamo un
altro, con ovviamente la possibilita' di tornare in pochi
secondi sui dischi precedentemente riempiti. I dischi
rimovibili piu' utilizzati sono di due tipi distinti:
magnetici e magneto ottici. I primi sono parenti stretti
degli hard disk: la memorizzazione e la lettura avviene
tramite una testina magnetica che si sposta sul disco in
movimento rotatorio. I secondi sono a meta' strada tra gli
hard disk e i lettori di CD. Per la lettura dei dati
memorizzati si utilizza un raggio laser. Lo stesso raggio,
utilizzato a potenza maggiore e con l'aiuto di un campo
magnetico generato all'interno dell'unita', incide i dati da
memorizzare. Rispetto agli hard disk, le unita' rimovibili
offrono per contro una velocita' di lettura/scrittura
sensibilmente inferiore (specie i magneto ottici), tant'e'
che e' consigliabile utilizzare questi supporti piu' per
liberare spazio sull'hard disk principale che per
memorizzare le immagini in corso d'elaborazione o i
programmi piu' utilizzati.
Gli stessi supporti rimovibili possono essere utilizzati per
portare le nostre immagini al laboratorio, per la stampa su
carta o per riottenere un nuovo originale su negativo o su
pellicola diapositiva (in qualsiasi formato,
indipendentemente da quello iniziale).
Un'altra periferica molto importante che troviamo
all'interno del computer e' la scheda video, specialmente se
di tipo accelerato, in grado di pilotare il monitor esterno.
Sia della prima che del secondo ne abbiamo parlato sul
numero scorso al quale vi rimandiamo per maggiori dettagli.
In questa sede ci limiteremo a ricordarvi che le schede
video di tipo accelerato consentono di ottenere prestazioni
superiori quando dobbiamo zumare su particolari della nostra
immagine o spostarci all'interno della stessa per ritoccare
ora l'uno o l'altro dettaglio. La scheda video non
influisce, ne' in senso negativo, ne' in senso positivo,
sull'effettiva velocita' di elaborazione del computer,
quando e' impegnato nell'applicazione di un qualsiasi filtro
digitale alla nostra immagine.
Lettori di CD-ROM e scanner. Per chi si occupa di
elaborazione digitale delle immagini, un altro componente di
importanza primaria potrebbe essere il lettore di CD-ROM.
Abbiamo usato il condizionale perche' dipende dal metodo
scelto per trasferire le nostre immagini tradizionali
all'interno del nostro computer. Anche quest' argomento e'
stato trattato su uno dei numeri scorsi di Reflex, in un
articolo intitolato "Dalla foto al bit". In questa sede,
dopo aver riassunto brevemente il problema, vi daremo
qualche consiglio per effettuare l'acquisto giusto.
Sia che si tratti di materiale positivo, stampa o dia, sia
che abbiamo a che fare con un negativo, prima di procedere
all'elaborazione digitale e' necessario effettuare il
trasferimento all'interno del nostro computer. Due le
possibilita': acquistare un apposito apparecchio per
trasformare in forma digitale l'immagine tradizione, lo
scanner (di cui parleremo tra breve) o delegheremo
l'operazione ad un fotolaboratorio attrezzato per la
realizzazione dei PhotoCD Kodak. E' questo il sistema piu'
economico per ottenere delle digitalizzazioni di qualita'
elevatissima ad un costo pressoche' irrisorio (circa mille
lire ad immagine) con l'unico handicap dovuto ai tempi di
attesa dipendenti principalmente dal fotolaboratorio. Sia
che si tratti, nella peggiore delle ipotesi, di una
settimana, sia che si tratti nella migliore delle ipotesi di
una mezza giornata, e' sempre un'eternita' rispetto ai pochi
minuti necessari ad uno scanner collegato direttamente al
nostro computer. Meglio lo scanner, direte voi. Certo, a
condizione di disporre di qualche milioncino in piu' per
l'acquisto dell'apparecchio. Un paio (di milioni) per uno
scanner piano per stampe, otto o anche piu' per uno scanner
per diapositive (come l'ottimo Coolscan dell'instancabile
Nikon). Esiste, infine, la possibilita' di utilizzare uno
scanner manuale per digitalizzare stampe di piccole
dimensioni o, con un po' di pazienza, stampe di dimensioni
maggiori con passaggi successivi. Lo scanner manuale di
impugna quasi come fosse un rasoio elettrico e si passa
sopra alla fotografia da leggere. Il costo di un apparecchio
simile e' piuttosto contenuto (poche centinaia di migliaia
di lire) ma sono modesti anche i risultati ottenibili,
infinitamente inferiori a quelli offerti dall'accoppiata
PhotoCD piu' lettore di CD-ROM.
Installato uno di questi lettori sul nostro computer
(internamente, come un hard disk, o esternamente secondo le
nostre preferenze) non ci resta che portare i nostri
negativi o le nostre diapositive al laboratorio per
richiedere il PhotoCD. Inserito il disco Kodak nell'apposito
lettore, potremo accedere alle immagine in esso contenute
come se si trattasse di un hard disk, con la sola differenza
che su questo tipo di supporto non siamo in grado di
scriverci ma solo di leggere. Gli apparecchi capaci di
scrivere anche sui PhotoCD naturalmente esistono (altrimenti
avrebbe lo stesso problema anche il laboratorio...) ma hanno
il difetto di costare dai sette-otto milioni in su. Inutile
dirvi che il costo di queste unita' e' assolutamente
sproporzionato rispetto al prezzo dei materiali impiegati e
alla tecnologia utilizzata, ed e' mantenuto cosi' alto solo
per tenere lontano eventuali utilizzatori disonesti che
potrebbero usare l'apparecchio per duplicare abusivamente i
CD musicali o, meglio ancora, le opere su CD-ROM dal costo
ben piu' elevato. Sotto forma di CD-ROM troviamo
enciclopedie, repertori legislativi, intere trasposizioni di
opere molto complesse, dal costo piu' che giustificato di
svariate centinaia di migliaia di lire o di milioni. In mano
ad un pirata di questo tipo di editoria elettronica e'
facile provocare alle aziende danni elevatissimi. Cosi' per
colpa di, pochi, soliti ignoti, noi tutti dobbiamo
accontentarci di leggere, senza poter scrivere, i PhotoCD. A
meno di non pagare, di tasca nostra e a suon di milioni, il
prezzo della loro illegalita'.
Sfuriata socio-economico-culturale a parte, nell'acquisto di
un lettore di CD-ROM, l'unica cosa alla quale dobbiamo
attenerci riguarda la possibilita' di utilizzare i dischi
multisessione. Fino ad un paio di anni fa i lettori di
CD-ROM offrivano solo la monosessione. Quando un CD-ROM e'
stampato in un'unica sessione, ad esempio se si tratta di un
prodotto di editoria elettronica, qualsiasi lettore puo'
essere utilizzato. Il PhotoCD, proprio per la sua natura, e'
strutturato diversamente, in modo da dare all'utente la
possibilita' di far inserire in tempi successivi le immagini
sul disco. Ogni volta che si porta il disco al laboratorio
per aggiungere immagini, la T.O.C. (Table of Content, la
lista delle immagini gia' inserite) del disco viene
annullata completamente e, in un punto diverso, ne viene
creata una ex-novo. I PhotoCD, infatti, appartengono alla
categoria dei supporti di memorizzazione di tipo W.O.R.M. (Write
Once, Read Mostly) con i quali anche l'apparecchio piu'
evoluto puo' scrivere una sola volta ogni singolo bit del
disco in quanto provoca delle vere e proprie bruciature
della superficie riflettente. Se su un disco vengono
aggiunte immagini, la vecchia T.O.C. (necessaria per
individuare il punto preciso di inizio di ognuna di queste)
non e' piu' valida ed occorre che il sistema ne crei una
nuova annullando la precedente.
I lettori di CD-ROM dell'ultima generazione, i cosiddetti
multisessione, sono in grado di cercare l'ultima T.O.C.
memorizzata per poter accedere a tutte le immagini contenute
sul PhotoCD. Utilizzando un CD-ROM di vecchio tipo,
riusciremmo a leggere solo le immagini memorizzate la prima
volta, ma non le successive.
Infine, e' da tener presente che anche i lettori di CD-ROM,
proprio per il tipo di supporto utilizzato (derivato
direttamente dal CD musicale, a sua volta progettato quasi
esclusivamente per questo genere di utilizzo) non brillano
in prestazioni, quindi e' consigliabile acquistarne uno
funzionante anche a velocita' doppia o quadrupla per non
ammuffire (ricordate la waiting syndrome?) davanti al PC.
Le stampanti. La nostra carrellata sulle periferiche dei
computer si conclude con le stampanti a colori, con le quali
possiamo ottenere un risultato su carta delle nostre
elaborazioni. Anche in questo caso, come per gli scanner,
esistono soluzioni ultramilionarie (anche venti, trenta
milioni!) per ottenere risultati ineccepibili, che poco
hanno da invidiare alla migliore stampa tradizionale (non vi
scaldate, e' cosi'!) o soluzioni ben piu' a buon mercato per
ottenere quanto meno decorose prove di stampa prima di
portare i file al laboratorio attrezzato per restituirvi una
diapositiva o un negativo da utilizzare poi per una stampa
tradizionale.
Le stampanti in grado di fornire la qualita' fotografica
utilizzano la tecnica della sublimazione: il colorante passa
dallo stato solido a quello gassoso senza diventare liquido
facendo si' che ogni possibile tinta sia stampata senza
effettuare una retinatura cromatica che ridurrebbe
eccessivamente la risoluzione. Anche con soli trecento punti
per pollice (risoluzione tutt'altro che da capogiro!), se
ogni punto puo' essere tracciato in un colore qualsiasi
senza ricorrere alla retinatura, e' possibile ottenere
stampe a tono continuo, proprio come quelle fotografiche.
L'unico difetto della stampa a sublimazione e', come detto,
l'alto costo sia dell'apparecchio che della singola copia.
Decine di milioni per la stampante (in questo caso, li
vale!) e anche piu' di cinquemila lire per ogni stampa
20x30. Tutti abbiamo almeno un sogno mostruosamente
proibito...
Altre tecnologie per le stampanti a colori sono il
trasferimento termico, le stampanti a getto di cera e le
stampanti laser a colori. Anche in questi casi si tratta di
prodotti per utilizzo esclusivamente professionale.
Tornando con i piedi per terra, una possibilita' piu' a buon
mercato (diciamo un po' meno di un milione e mezzo di lire,
come uno zoom di qualita') e' data dalle stampanti a getto
d'inchiostro. Possono stampare sia su carta comune (tipo
quella delle fotocopiatrici) che su carta speciale ad alta
assorbenza e alta riflessione, dal costo un po' piu'
elevato, ma dai risultati enormemente superiori. Le
stampanti di questo tipo dell'ultima generazione offrono
colori brillanti e saturi, con l'unica limitazione
(diversamente dalle stampanti a sublimazione) dovuta alla
necessita' di effettuare retinatura per ottenere le varie
sfumature. Utilizzando, pero', un retino casuale al posto di
un retino regolare tipografico l'effetto e' simile a quello
della grana fotografica (beh, diciamo quasi...) e puo'
essere sfruttato magistralmente per ottenere risultati
quantomeno interessanti.
Le migliori stampanti a getto d'inchiostro dispongono,
infine, di cartucce separate per i quattro colori (oltre al
nero troviamo la terna ciano, magenta, giallo: vi ricorda
per caso la sintesi sottrattiva?) in modo da sostituire solo
i colori effettivamente esauriti. Le stampanti a colori di
questo tipo di prima generazione, avevano una cartuccia
unica con tutti i colori, da buttare completamente anche se
solo uno di essi si esauriva. Alla faccia dell'inquinamento!
Articolo pubblicato
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