LINC e bande del buco
C’è addirittura chi si azzarda a definirlo «il primo personal computer» ma, naturalmente, questa posizione appare un po’ esagerata.
Era un minicomputer da laboratorio, come del resto recita… tanto per cambiare… la sua sigla!
Con il consueto infinito sforzo di fantasia, duro a morire, stava infatti per Laboratory INstrument Computer. Di «personal» aveva solo il fatto che la Digital Equipment - quella dei PDP - lo propose come un computer ad uso esclusivo di un singolo utente. Il suo habitat più naturale erano gli ambienti di laboratorio, a cominciare da quelli di ricerca biomedica. Le sue radici affondano nel Massachusetts Institute of Technology (MIT), più di preciso nel loro Lincoln Laboratory, da dove pare nacque l’origine del nome (le prime quattro lettere del laboratorio) prima di essere trasformata, con il consueto gioco di prestigio lessicale tipico degli informatici, in una sigla di comodo.
Lontano parente del vorticoso Whirlwind, disponeva di I/O analogici e offriva funzionalità di calcolo in tempo reale. Aveva una generosa tastiera alfanumerica, mostrava i suoi output su un piccolo schermo CRT vettoriale e come memoria di massa aveva di serie una coppia di piccole unità a nastro magnetico, i LINCtape. La sua architettura di macchina era a 12 bit, poteva contare su uno/due K words di memoria ed era basato sui Digital System Module, come quelli già citati del precedente PDP-1, che DEC produceva anche per altre aziende. La versione iniziale del LINC aveva solo 1024 words di memoria centrale ed era venduto al prezzo poco più che simbolico, per i tempi, di 40.000 dollari.
L’unità a nastro LINCtape era, anche questa, assai interessante. Assieme al progetto LINC nel suo insieme, in quanto finanziato dal governo USA, erano tecnologie di pubblico dominio, in seguito prodotte e ulteriormente sviluppate da altre aziende. A cominciare dalla Digital stessa che propose per i suoi PDP le unità DECtape, ispirate alle prime. I nastri LINCtape erano parte integrante del progetto LINC e il sistema operativo della macchina si basava su di essi. Dal punto di vista operativo e funzionale, il LINCtape poteva essere paragonato ad un dischetto lineare in grado di aggiornare in modo affidabile i blocchi di dati sul nastro.
Memorizzava circa 400K su ogni supporto e disponeva di una traccia formattata in blocchi di dimensioni fisse. Si potevano naturalmente leggere e scrivere i dati nelle stesse posizioni più volte, impiegando meno di un minuto per scorrere il nastro da un'estremità all'altra. Non mancava una directory dei contenuti, un file system e istruzioni per cercare, leggere, scrivere più blocchi di dati in un'unica fase.
Grazie alla sua traccia formattata, il funzionamento affidabile nel suo insieme era praticamente indipendente dalla velocità del nastro. Non c'era un capstan a regolare il movimento di quest’ultimo durante gli accessi in lettura o scrittura, ma era controllato direttamente dai motori delle bobine. Sebbene supportasse la ricerca bidirezionale ad alta velocità, le operazioni di lettura e scrittura dei dati avvenivano nella direzione di avanzamento. Viceversa, nelle unità successivamente brevettate da Digital Equipment (non compatibili con le originali), fu risolto anche questo problema, rendendo possibile anche le operazioni di I/O e non solo la ricerca in entrambe le direzioni.
Infine, come ci evidenzia Zia Wiki, «LINCtape è ricordato anche per la sua affidabilità, superiore a quella dei dischetti che lo soppiantarono. Incorporava una forma di ridondanza molto semplice: tutti i dati venivano duplicati in due posizioni sul nastro. Gli utenti potevano verificare l’affidabilità praticando dei fori in un nastro con una normale perforatrice per carta da ufficio, e nonostante questo il nastro danneggiato in questo modo era perfettamente leggibile».
Bucare per credere!