dT n. 20/2025 del 13.01.2025
Cornice stile Ritorno al futuro
MAR 22 1965


Immagine di apertura

PDP-8, chiudiamo in bellezza

Riferita, la prima parola, al capitolo «transistorizzato» e la seconda al fatto che il minicomputer in questione si faceva notare per il look curato: non stonava nell’arredamento degli uffici più moderni in quegli anni.
Era bello anche dentro, però!

Immagine_inlineIn realtà a chiusura d’argomento ci sta anche per un altro motivo. PDP-8, inteso come famiglia, peraltro continuata per un po’ di anni, si può considerare testimonial essa stessa del passaggio dalla seconda generazione di computer, a base di transistori e diodi, a quelli finalmente del terzo tipo, con circuiti integrati. Infatti, al capostipite PDP-8 (e basta) soprannominato Straight-8 proprio per distinguerlo dai numerosi successori nella medesima famiglia, seguirono molti altri modelli via via sempre più basati sulla microelettronica, con tutto quel che comportava il nuovo corso tecnologico, soprattutto in positivo. Strada facendo si sono visti, oltre a PDP-8 più potenti e performanti, anche modelli semplificati e più economici dell’originale, che spinsero ulteriormente le vendite di massa di questi mini. Si parla di decine di migliaia di installazioni, senza contare i vari cloni (compresi quelli non autorizzati) arrivati anche nel decennio successivo.

Immagine_inlineTornando al Classic 8, per evidenziare tanto la sua compattezza quanto la sua eleganza, c’è chi si è spinto oltre - non senza una buona dose di coraggio, copio e incollo dal web - considerandolo come… «il primo computer che poteva essere posizionato su una scrivania. Insieme alla telescrivente come dispositivo di input/output e di memorizzazione, questa era la prima volta che un ingegnere o uno scienziato disponeva di un personal computer, un PC, sul proprio posto di lavoro»

Il suo design ricercato prevedeva per la parte inferiore finiture in quasi legno: laminato plastico, togliamo a Cesare quel che non è di Cesare. Lì trovava posto tanto l’onnipresente pannello di controllo lucettoso (e levettoso) quanto l’intera sezione di alimentazione. Era viceversa rivestita in plexiglas semitrasparente la scintillante parte superiore. Suddivisa in due sezioni, entrambe apribili e accessibili agevolmente, comprendeva a sinistra la memoria a nuclei di ferrite (12 bit 4K words, volendo espandibili a 32K), a destra la CPU vera e propria, interamente transistorizzata. Faceva uso di una versione aggiornata dei Digital System Module già visti per il PDP-1, chiamati ora FLIP CHIP, sui quali trovavano posto i componenti discreti utilizzati: in totale il PDP-8 montava circa 1200 transistor.

Utilizzavano un connettore a pettine e un backplane, a sua volta con collegamenti wire wrap realizzati a mano, al più aiutandosi con le apposite macchinette di assemblaggio. Fa quasi impressione vedere quell’ordinato groviglio di fili, capace di garantire una solida comunicazione tra centinaia, anzi migliaia, di connessioni. Molto diffusa anche per la produzione su larga scala in quegli anni, tale tecnica continua ad essere utilizzata per piccole tirature o per la prototipizzazione ancor oggi. Immagine_inlinePer quanto possa sembrare strano, come ci rassicura Zia Wiki, «tramite wire wrapping è possibile ottenere assemblaggi più affidabili dei circuiti stampati: le connessioni sono meno soggette a guasti a causa di vibrazioni o sollecitazioni fisiche sulla scheda base e l'assenza di saldature scongiura problemi di corrosione, giunti freddi e giunti asciutti. I collegamenti stessi sono più solidi e presentano una resistenza elettrica inferiore a causa della serrata giunzione a freddo del filo agli angoli del morsetto». Sapevamolo!

Trattandosi di una macchina con architettura a 12 bit - come il precedente LINC, anche questo prodotto con il coinvolgimento della Digital Equipment - poteva indirizzare direttamente solo 4K words. Per gestire banchi di memoria aggiuntiva si utilizzavano istruzioni IOT (Input-Output Transfer) che gestivano lo switch in corsa degli stessi. Dodici bit era anche la lunghezza delle words, quindi l’aritmetica di base prevedeva interi senza segno da 0 a 4095 o interi con segno, in complemento a due, da -2048 a +2047. Le operazioni aritmetiche a precisione multipla, nonché in virgola mobile, avvenivano in software tramite l'Extended Arithmetic Element (EAE). Offriva istruzioni di moltiplicazione e divisione con un registro aggiuntivo e utilizzava tre words: due per la mantissa più una per l’esponente.

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