Apollo Guidance Computer: ha toccato!
E soprattutto… GLI È TOCCATO! Fare da apripista per i computer «del terzo tipo», ovvero basati sulla emergente tecnologia microelettronica, che in realtà ronzava nell’aria (in tutti i sensi) già da qualche tempo.
Infatti, nonostante l’AGC sia riconosciuto come il primo computer «a circuiti integrati», non è stato in realtà lanciato - in senso letterale - per primo. L’ha preceduto, in questo, l’Interplanetary Monitoring Platform (IMP), sempre farina del sacco NASA, anch’essa a base di IC al silicio: ha accompagnato il lancio del satellite Explorer 18 nel novembre del ’63. Viceversa, riguardo allo sviluppo del primo, si può dire sia partito nel 1961, praticamente in contemporanea a quello del programma Apollo stesso.
Dettagli cronologici a parte, quello che è da evidenziare (in particolare per l’AGC, al quale erano affidate vite umane) è il coraggio della NASA in merito all’utilizzo di una tecnologia così immatura, i circuiti integrati, cui affidare un compito così importante. Come se ciò non bastasse, per tornare sull’argomento coraggio, non è da sottovalutare nemmeno il fatto che in ogni missione, nonostante fossero presenti due AGC, non erano l’uno la riserva dell’altro da subentrare in caso di malfunzionamenti, ma ognuno stava solo-soletto nel modulo cui era destinato.
Spesso indicato come Command Module Computer (CMC), il primo era installato nel modulo di comando, che aveva il compito di trasportare l’intero equipaggio di tre astronauti più il modulo LEM verso l'orbita lunare, oltre a riportarli a casa al ritorno. Elaborava i segnali provenienti dal giroscopio con quelli misurati otticamente, dagli astronauti, confrontando la posizione di oggetti celesti (stelle) e riferimenti terrestri, correggendo la traiettoria della navicella se necessario. Raccoglieva inoltre i parametri di volo e, tranne quando si trovava alle spalle della Luna, sul lato nascosto, comunicava con la base di Houston, ricevendo e inviando dati di navigazione. Il secondo AGC, denominato Lunar Module Guidance Computer (LGC) era, appunto, installato nel modulo LEM ed era utilizzato per l’allunaggio e per il ritorno al modulo di comando dopo la fase di ascesa.
Si comandavano tramite un’apposita interfaccia utente con tastiera e display, entrambi numerici, denominata DSKY (contrazione di Display-Keyboard) e sostanzialmente i due AGC differivano solo nel software. Quest’ultimo era memorizzato in core rope memories, una sorta di ROM basata, come la RAM dell’AGC, su nuclei magnetici: in questo caso attraversati (o meno) da infiniti fili elettrici, letteralmente intessuti a mano da instancabili (e super-affidabili) operatrici, come ben narrato nell’interessantissimo video a corredo.
La prima versione dell’AGC utilizzava circa 4100 circuiti integrati (non molto integrati dal momento che integravano ognuno una sola porta logica NOR) ridotti poi a 2800 non appena disponibili IC con ben due porte logiche NOR a tre ingressi. Siamo agli albori, non dimentichiamolo!
Tornando alla questione sicurezza - assenza di backup e utilizzo di una tecnologia per certi versi ancora immatura - ci furono lunghi dibattiti durante lo sviluppo, fermi restando i limiti di dimensioni, peso, assorbimento energetico, che una missione (così coraggiosa, tanto per cambiare!) imponeva. L’AGC del modulo lunare, solo quello, era parzialmente affiancato dall’unità Abort Guidance System (AGS), che aveva però il solo scopo di riportare, in caso di problemi successivi all’allunaggio, il LEM al rendez-vous con il modulo di comando: non poteva essere utilizzato in caso di problemi durante la discesa.
Viceversa, il Launch Vehicle Digital Computer (LVDC), progettato dall'Electronic Systems Center di IBM e installato nel terzo stadio del Saturn V, l’aspetto backup ce l’aveva dentro. Era il pilota automatico per l’intero razzo al lancio, al momento dell'inserimento nell'orbita terrestre e l'iniezione translunare che avrebbe spinto la navicella spaziale Apollo verso la Luna. Dal momento che dove fu installato c’erano meno problemi per dimensione e peso degli strumenti, l’LVDC disponeva di tripla ridondanza interna, ovvero non solo era in grado di accorgersi autonomamente il verificarsi di problemi durante il calcolo, ma anche di stabilire quale fosse il risultato errato con una valutazione… a maggioranza. In caso di due risultati identici e un terzo differente, semplicemente veniva scartato quest’ultimo.