HP 2116A, non chiamatelo computer!
Non si tratta di un refuso o di un ripensamento nel titolo: quella «correzione» appartiene alla storia di questa macchina e, di conseguenza, a quella della Hewlett-Packard tutta, coinvolgendo proprio i due fondatori.
A volte un trattino, tra due cognomi, può diventare un trattone. Ovvero un abisso nella rispettiva visione che i due titolari, Bill Hewlett e Dave Packard, avevano della loro azienda… con particolare riferimento al futuro della stessa. Per il passato, gli anni antecedenti a quel fatidico 1966, lo scenario appariva più limpido: l’azienda di Palo Alto - nata, per prima, in un garage della futura Silicon Valley - produceva soprattutto strumenti di misurazione, nonché componenti ed altre apparecchiature elettroniche. Ovviamente analogiche, visto che parliamo di fine anni 30, inizio 40.
Per il primo dei due, Hewlett, non si doveva uscire da quel solco… per il secondo, Packard, l’HP avrebbe dovuto quantomeno annusare nuove strade. Del resto bastava guardarsi intorno in quegli anni, tutto il mondo tecnologico si orientava in quella direzione e non c’era motivo per non farlo anche loro. Entrambi sembravano inamovibili sulle rispettive posizioni, e per farla breve arrivarono a un accordo: ok per il computer, a condizione (dettata da Hewlett) che non l’avessero chiamato in quel modo. Sarebbe stato, al più, un controller digitale per strumenti. Fine.
Fine? Beh, non proprio. Per cominciare non si buttarono alla cieca nella (ancora fumosa) impresa: venne acquisita un’azienda esterna, la Data Systems di Detroit, che aveva almeno sulla carta un «dispositivo» - il primo computer di HP secondo Packard, solo un controller strumenti per Hewlett - di questo tipo. Ciò consentì di portare a termine la progettazione e lo sviluppo della nuova macchina in circa un anno: una velocità pressoché fulminea rispetto alla media del periodo.
Come visibile nella foto in alto, la nuova macchina, poi chiamata HP 2116A - giusto per mimetizzarsi meglio tra gli altri strumenti - sembrava un compatto frigorifero da incasso, con tanto di porta anteriore incernierata. Aprendola, la prima cosa che saltava all’occhio erano gli ampi spazi vuoti, pronti ad ospitare fino a sedici schede aggiuntive, tutte relative agli strumenti di misura da controllare. Il risultato… fu quasi un flop delle vendite, visto che a nove mesi dal lancio ne furono piazzate solo poche unità.
Il «mercato ampio» era un altro: è stato un po’ complicato capirlo (in particolare per Bill Hewlett), ma è bastato riposizionare l’HP 2116A, proponendolo per quello che effettivamente era, un computer, per decuplicarne le vendite in pochi mesi. Offrendo in seguito anche nuovi modelli semplificati (senza tutti quegli inutili slot di espansione per l’interfacciamento agli strumenti) e cambiando così il corso storico dell’intera azienda. Non a caso, spulciando oggi tra le righe della Zia, HP è definita come «multinazionale statunitense dell'informatica attiva sia nel mercato dell'hardware (dai personal computer ai server e, nel mercato di massa, per le stampanti per le quali è uno dei maggiori produttori mondiali) che in quello del software e dei servizi collegati all'informatica. Ad inizio 2011 era il primo produttore mondiale di computer portatili per unità vendute». Tutto per colpa, anzi merito, della macchina in questione e soprattutto della caparbietà visionaria di Dave Packard.
Sapevamolo! (anche questo).
È stato il capostipite di una più che longeva famiglia, andata avanti per venticinque/trent’anni. Inizialmente era chiamata 2100 series per poi diventare 2000 e infine 1000, dopo l’introduzione della serie 3000 che aveva poco o nulla da spartire con l’originale e dalla quale voleva ulteriormente distanziarsi. In tutto ne furono vendute alcune decine di migliaia di unità, giusto per sottolineare l’importanza, quando è il momento, di allargare gli orizzonti. Basata su circuiti integrati e, fino al 1974, su memorie a nucleo magnetico (dure a morire nei primi anni dei computer del terzo tipo) aveva un’architettura a 16 bit: alcuni sostengono fosse stata una delle prime macchine di questo fortunato corso, ma come al solito la cosa è dibattuta. Il primo-primo pare sia il DDP 116, rilasciato nell'aprile 1965 dalla Computer Control Company, poi acquisita da Honeywell.