

MC n. 10, tutti a scuola!
In quasi vent'anni di onorato servizio, dal settembre 1981 al giugno 2001, MC ha mancato un solo appuntamento in edicola, nel giugno 1982.
Uscì un numero unico, giugno-luglio (che di fatto era giugno-luglio-agosto) andato in vendita nei primi giorni del secondo mese riportato in copertina. Non so con certezza quali furono i motivi del ritardo, anche se... posso immaginare le cause. A quei tempi collaboravo con MC come esterno, pertanto non vivevo ancora la redazione da dentro.
MC n. 10 - che per certi versi valeva triplo - è stato dunque un numero piuttosto ricco. Come sempre sfogliando quelle pagine l'emozione non manca. Gli anni passati sono davvero tanti, quasi non ci si crede che abbiamo iniziato a masticare computer con quei cosi lì descritti. Eppure eravamo felici con poco e il bello di quell'informatica è che ti sentivi protagonista e non solo spettatore come, più o meno per tutti, è ora. Lo ripeto sempre... erano altri tempi!
Appuntamento al SIM!
L'editoriale di Paolo Nuti, come spesso avveniva su MC, era scollato dal numero in questione. Non era quasi mai una presentazione dei contenuti della rivista, ma di volta in volta veniva trattato un argomento a sé... o proseguito il discorso iniziato, sempre in quella pagina, nei numeri precedenti. Chi non ricorda, ad esempio, la lunga battaglia di Nuti (a colpi di editoriali andati avanti per mesi se non addirittura anni) in merito al famoso balzello sulla telematica dato dalla iniqua tassa sui modem... che secondo me ben pochi pagavano?
In quello del numero 10 di MC si annunciava la scuola di computer che si sarebbe svolta subito dopo l'estate allo stand Technimedia al SIM, il Salone Internazionale della Musica (e non solo) in programma a settembre alla Fiera di Milano.
Copio & incollo: Chiamarla scuola di computer è assolutamente presuntuoso: in realtà sono solo 8 brevi corsi di 2 ore ciascuno (dal 2 al 5 settembre 1982, uno la mattina alle 10, uno il pomeriggio alle 3) gratuiti e aperti a tutti: soprattutto a chi non ha mai messo le mani su di una tastiera. I corsi si svolgeranno in una aula attrezzata con alcune decine di computer ed avranno carattere essenzialmente pratico: dopo una breve introduzione, gli allievi saranno invitati a mettere le mani sulla tastiera per scrivere i loro primi programmi. Siamo curiosi di vedere cosa succede.
Come andò a finire? Sembra molto, molto bene. Un riscontro lo potete trovare sul n. 13 di MC (nell'editoriale e nella rubrica MCposta), disponibile anche questo su www.MC-online.it.
A proposito di MCposta: il Sig. Marco avrà poi risolto il suo problema video con l'Apple II? :-)
Scherzi a parte, questa breve lettera e altrettanto breve risposta, la dice lunga su come eravamo combinati a quei tempi. Il lettore è alla disperata ricerca (sue testuali parole) di un'interfaccia relativamente a basso costo che permetta di collegare una telecamera ad un computer (un Apple, ad esempio).
Secca, quanto preoccupante, la non-risposta della redazione: Le interfacce per telecamere, utili per la digitalizzazione di immagini e quindi la loro memorizzazione nel computer (ed eventualmente successiva elaborazione) esistono, ma non ne conosciamo applicazioni poco costose, ai personal. Se qualcuno o qualche ditta può aiutare il nostro lettore, si faccia vivo.
Temo che in questo caso non ci fu alcun riscontro o seguito: collegare facilmente una telecamera a un personal computer a quei tempi? Ma siamo matti??? :-)))
6502, chi era costui?
A pagina 14 di MC n. 10 si recensiva uno dei libri più importanti della mia crescita informatica. Era la vera e propria bibbia del 6502, uno dei processori più utilizzati a quei tempi. Era nell'Apple II, tanto per non fare nomi, ma anche nei Commodore Pet e Vic-20, nell'Atari 400 e 800, così come in tanti altri personal e home computer dell'epoca (e anche in alcune periferiche intelligenti, come le unità a floppy disk dotate di microprocessore proprio).
Una sua versione più evoluta, il 6510 (dotato, se non ricordo male, di una porta di I/O aggiuntiva) era a capo del Commodore 64, ma il suo set di istruzioni rimaneva pressoché invariato. Tant'è che programmavo in linguaggio macchina anche quest'ultimo, utilizzando come riferimento il medesimo testo... che ancora conservo gelosamente tra i miei (pochi) libri di informatica personale di quegli anni. Commovente!
Arriva lo Spectrum!!!
Mamma mia quanti ricordi, in questo numero! Accanto al 6502 a quei tempi c'era un altro processore molto diffuso: era l'altrettanto famoso Zilog Z80 e relativi cloni. Venivano utilizzati da tantissimi personal computer (anche di tipo professionale), ma in ambito home li trovavamo sopratutto nei Sinclair, prima sugli ZX80 e ZX81 e poi dal più evoluto ZX Spectrum, che qui vediamo nelle mani del suo inventore: il britannico Sir Clive Sinclair (lo Steve Jobs de noantri, europeo).
Rispetto al suo predecessore, lo ZX81, il nuovissimo Spectrum offriva un'uscita video a colori (ben otto!) e una risoluzione grafica stratosferica da 175x256 pixel tutti, rullo di tamburo!, singolarmente indirizzabili. Pensate: per ognuno di questi pixel, si poteva decidere (senza limitazione alcuna...) se visualizzarlo o meno a video. Roba da non crederci! :-)))
Texas TI-99/4A
Arrivato in Italia con almeno un paio d'anni di ritardo rispetto al territorio d'origine (gli USA, dove a quei tempi nascevano la stragrande maggioranza dei computer, non solo personal) il TI-99/4A era un home computer molto interessante, specie per il cognome blasonato che portava orgogliosamente.
La Texas Instruments era assai nota negli anni 70 e 80 per le sue calcolatrici programmabili, tant'è che molti di noi - presente! - hanno imparato a programmare su questi dispositivi, specialmente quando l'acquisto di un computer vero e proprio risultava essere un passo proibitivo per le tasche di noi poveri studenti... :-)
Venduto a un prezzo più che ragionevole (circa 600.000 lire, quando per un Apple II non bastava, credo, il triplo o il quadruplo!) il TI-99/4A aveva caratteristiche di tutto rispetto, pur trattandosi inequivocabilmente di un computer per uso domestico, non certo professionale. Nonostante ciò, chi avesse voluto osare oltremisura, trovava numerosi accessori di fascia alta, così come erano alti i rispettivi prezzi. Se, ad esempio, volevamo aggiungere un'unità floppy disk bastava comprare il relativo controller (460.000 lire) e, chiaramente, l'unità vera e propria (820.000 lire). Discorso analogo per un'eventuale espansione di memoria che, inspiegabilmente, costava più del computer stesso di pari capacità: 16 KB aggiuntivi, che portavano il totale a 32, erano offerti a ben 670.000 lire. Un affare, certo, soprattutto per la Casa madre.
Poi c'erano i moduli di espansione ROM, stile cartucce delle console videoludiche dell'epoca, con le quali potevi aggiungere funzioni al sistema. Dai videogiochi veri e propri (come gli Scacchi e il mitico Invaders) ai linguaggi di programmazione, questi ultimi venduti a prezzi spesso elevati: svariate centinaia di migliaia di lire, tanto per gradire!
Caratteristica particolare di questo home computer era il fatto che le varie opzioni (controller, espansione di memoria, floppy disk, interfacce) si incastravano lateralmente una appresso all'altra, attraverso un bus passante che permetteva il collegamento fino a 4 dispositivi. Era un computer che si sviluppava in larghezza, ed era meglio non toccarlo troppo durante l'uso onde evitare problemi di collegamento tra le unità. I mitici anni ottanta!
Rockwell AIM65/40, questa sconosciuta
Sempre sul n. 10 di MC compare anche una prova di un prodotto un po' anomalo per l'epoca. Si tratta di una scheda a microprocessore (dal costo peraltro esorbitante, con IVA e accessori superava abbondantemente i tre milioni di lire!!!).
Questo genere di prodotti, infatti, avevano un senso in era pre-PC (metà anni settanta), quando praticamente l'unico modo per programmare un microprocessore era utilizzare uno di questi accrocchi infernali, fatti di schede nude e crude collegate tra loro tramite connettori proprietari, contando su un display che se andava bene era di una riga alfanumerica (come in questo caso), ma nei casi più disperati erano pochi digit a led rossi e al posto della tastiera QWERTY trovavamo un tastierino esadecimale.
Credo che la scheda Rockwell AIM65/40 fosse di fatto la massima espressione di questo genere di apparati, ormai nella fase finale del loro ciclo. Tra i moduli opzionali del kit trovavamo addirittura una stampante grafica di tipo termico, per intenderci, come i fax di un tempo e gli scontrini fiscali di oggi.
Bello, no?!?