Quando ero piccolo io, negli anni sessanta!, non c'era
ancora "la Cina" (come la conosciamo oggi...) e quel
che era - nel suo piccolo - altamente tecnologico aveva
sempre ben stampato un preciso, ancorché unico, marchio:
Made in Japan.
Oggi, dopo quasi una cinquantina d'anni, e ad appena
dieci giorni da quell'immane disastro che tutto il mondo
(grazie proprio alla tecnologia) ha potuto vedere con i
propri occhi, dopo aver contato (o per meglio dire iniziato
a contare) le decine di migliaia di vittime, dopo aver
lottato (o per meglio dire iniziato a lottare) per l'effetto
collaterale "Fukushima", il terremoto-tsunami rischia di
provocare non poche complicazioni anche al mondo hi-tech.
E se il Giappone non è più "quello di una volta" (Cina,
Corea, Taiwan e tante altre realtà orientali hanno da tempo
addentato la torta tecnologica sottraendo mercato alla terra
del Sol Levante) rimane sempre ai primi posti per quel che
riguarda la componentistica più specializzata. La chiusura
di numerose fabbriche resasi necessaria a causa degli
avvenimenti tellurici degli ultimi giorni, rischia
seriamente di compromettere gli equilibri tecnologici
mondiali. Con tanto di aumento dei prezzi (alcuni già
avvenuti a livello di "materie prime") che, con tutta l'aria
di crisi che si respira da due-tre anni a questa parte,
provocherà ulteriori danni, anche sociali, in ogni altro
angolo del mondo: non solo in Giappone, se ci ragioniamo
bene.
Per dirla "scherzosamente" in altri termini (benché ci
sia davvero poco da scherzare con tragedie simili...), anche
gli tsunami non sono più quelli di una volta: si sono,
ahinoi, globalizzati anch'essi! :-(
Un terremoto... hi-tech
Forse
non ci rendiamo conto di quanto siano importanti gli
equilibri produttivi nel mondo globalizzato.
Oltre il 20% dei semiconduttori e il 40% delle memorie NAND
necessarie al "fabbisogno" mondiale arriva (arrivava?) dal Giappone.
Se questo quantitativo dovesse, di colpo, venir meno, ci
sarebbero immediate ripercussioni nella produzione di
dispositivi elettronici in qualsiasi parte del mondo. Il che
significa, come detto, rincaro dei prezzi alla produzione
con conseguente riduzione delle vendite. Dopo anni e anni (e
anni...) di riduzione dei prezzi, chi potrebbe mai accettare
in maniera indolore un cambiamento di rotta di questo tipo?
Ma quali sono le principali aziende che corrono seri rischi
a seguito delle recenti vicende sismiche giapponesi?
Toshiba, che tra l'altro è direttamente coinvolta
anche con l'effetto collaterale Fukushima (ha curato
la realizzazione della centrale atomica n. 1 di quello
"sfortunato complesso") produce, tra gli altri, i chip di
memoria utilizzati da iPhone, iPad e da alcuni nuovi
prodotti "touch" che arriveranno quest'anno. A causa degli
eventi sismici ha dovuto fermare la produzione, al fine di
verificare tutti gli impianti, e non è in grado di fissare
al momento una data precisa per la ripresa produttiva.
Questo ha già provocato, a inizio settimana, un aumento di
prezzi del 20% per la componentistica di questo tipo: come
sempre, quando la domanda è superiore all'offerta, i prezzi
lievitano istantaneamente.
Sony,
il maggior produttore giapponese di elettronica di consumo,
ha fermato sei stabilimenti la scorsa settimana, ai quali se
ne sono aggiunti altri due nei giorni seguenti. Totale: otto
impianti con su scritto "chiuso per tsunami". Riguardano la
produzione di dischi Blu-ray, testine magnetiche,
PlayStation 3 e batterie agli ioni di litio. Queste ultime
rappresentano circa il 10% delle batterie ricaricabile
utilizzate dai laptop in tutto il mondo (non solo Sony...).
Danni anche al centro di Ricerca e Sviluppo di Sendai
(località tristemente nota per la vicinanza con l'epicentro
marino della tragedia: si è beccata in faccia lo tsunami
devastante). L'azienda multinazionale ha al momento
dislocato parte della sua produzione all'estero, notizia che
ha prontamente fatto risalire le quotazioni delle sue
azioni.
Texas Instruments (che da diversi anni non è più solo
texana...) è stata costretta a chiudere due suoi impianti
dedicati alla produzione di chip DLP e dei wafer di silicio
(circuiti integrati). Secondo quanto dichiarato da un loro
portavoce all'agenzia stampa Reuters difficilmente
riusciranno ad essere nuovamente produttivi prima della
prossima estate.
Stesso scenario preoccupante per Hitachi che, nei
giorni scorsi, ha dovuto fermare la produzione in ben sei
stabilimenti, tutti dislocati nel nord-est del Giappone, la
zona maggiormente colpita dalla tragedia.
Gravi problemi anche per i maggiori produttori di schermi
LCD/LED, tra cui Sharp che si è vista costretta a
chiudere temporaneamente lo stabilimento di Sakai. Sorte
analoga per Panasonic e Sanyo, così come per
Casio e Fujitsu. Dove non ci sono stati
evidenti problemi strutturali, la produzione è ferma per
mancanza (o riduzione) di energia elettrica, altro "effetto
collaterale " del devastante scenario post-sisma.
Ferme, infine, anche alcune "major fotografiche", come
Nikon e Canon, che hanno dovuto stoppare le
rispettive attività (per un totale di 8 siti produttivi),
sempre a causa delle carenze elettriche.
:-)