Digitando, digitando... n. 07/2012 del 05.03.
MC n. 7: qui comincia l'avventura... :-) Ogni volta che sfoglio un vecchio numero di MCmicrocomputer, foss'anche "soltanto" in versione digitalizzata su MC-online.it (ma il fascino "cartaceo" è sempre tutt'altra storia!) un brivido emotivo mi sale su per la schiena. Trent'anni esatti fa era in edicola il numero 7 di MC, del marzo 1982. E' un numero della compianta Rivista alla quale, come comprensibile, sono particolarmente legato. Per un piccolo, microscopico, insignificante motivo: trent'anni esatti fa compariva su MC il mio primo articolo, "L'Othello con il computer", ma non è certamente solo su quelle 5/6 pagine della rivista che voglio concentrare le attenzioni... Sfogliando quelle pagine, dicevo, torna alla mente un periodo tecnologico che appare lontano anni luce da quello attuale. Eppure se sfogliassimo un numero di Quattroruote di quello stesso periodo, non noteremmo lo stesso divario oceanico da come eravamo allora e come siamo oggi... in auto! O, quantomeno, non avremmo l'impressione di sfogliare una rivista dei nostri bisnonni.
L'informatica a quei tempi era davvero una cosa
particolare: solo chi ha vissuto, da dentro, quel periodo
può capire cosa intendo dire. Buona... rilettura!
Le "news"...
Notizia d'apertura dell'omonima sezione di MC riguarda alcuni prodotti Commodore in arrivo (teoricamente) nei mesi successivi. Uno di questo, per la serie "chi l'ha visto?" era il fantomatico Ultimax, una sorta di Vic-20 a basso costo, con tastiera a membrana (stile Sinclair ZX-80/81), orientato particolarmente al gioco. Viene definito, infatti, un "game computer low cost". Mai visto... Nella stessa news si vocifera anche di un (inesistente) Vic-40, con schermo - rullo di tamburi... - a 40 colonne invece di 22, e di un più credibile CBM 64 che ho l'impressione - si fa per dire... - si tratti del futuro quanto diffusissimo Commodore 64.
Continuando a sfogliare, che dire, allora, dell'AVAL AVC-777, visibile qui a lato? Sono sicuro, anche in questo caso, di non averne mai visto uno in carne, ossa e... uovo, ma secondo quanto diceva MC a quei tempi "quando leggerete queste righe saranno già arrivati in Italia i primi esemplari, pronti per la distribuzione e, pensiamo, destinati ad andare letteralmente a ruba". Ah, però!!! Poteva contare su un microscopico display "alfanumerico e grafico", con (addirittura) possibilità di selezionare risoluzione e numero di caratteri visualizzabili, stampante termica e unità floppy disk da 250 kbyte incorporate, due interfacce seriali e una parallela, sistema operativo CP/M e microprocessore Z-80 a 8 bit. Inutile aggiungere, per concludere, che saranno disponibili numerosi linguaggi di programmazione (perché, non dimentichiamocelo, a quei tempi i programmi nella stragrande maggioranza dei casi te li dovevi scrivere da solo se volevi usare un computer!) così come alcuni accessori di rito: monitor e floppy disk esterni, ulteriori interfacce, borsa, ecc. ecc. Si noti bene: i computer portatili ancora non erano stati inventati, a quei tempi se ti andava bene potevi chiamarli al più "trasportabili", come in questo e in pochissimi altri casi.
A "parlare" è forse la rivista di informatica più autorevole al mondo, ovvero l'altrettanto compianta BYTE edita da McGraw-Hill. A leggere quelle righe c'è davvero da commuoversi per le caratteristiche tecniche enunciate di quella macchina. E fa strano pensare che tutti i PC di oggi, a trent'anni e più di distanza, portano nel loro DNA tracce di questo specifico computer. Commuovente... Dulcis in fundo, la sezione news si chiude con una pagina dedicata alla tavoletta grafica per Apple II, un kit proposto dalla redazione di MC per dotare il diffuso computer di una interfaccia grafica interattiva.
Quindi, disporre di un "accrocco" in grado di farlo per te, semplicemente muovendo dei cursori su un piano... se non era fantascienza a quei tempi poco ci mancava!
Le prove...
La macchina "di copertina" del numero 7 di MC è giapponese.
Questo è un dettaglio non del tutto secondario a quei tempi.
All'epoca, infatti, quasi tutti i computer provenivano
Esternamente, poi, collegavamo un monitor (di solito monocromatico a fosfori verdi), un'unità floppy disk a uno o due drive, stampanti, plotter e, quando andava bene (per le nostre finanze), un fantascientifico hard disk da pochi megabyte di capacità. Quando un computer era particolarmente futuribile, come nel caso in questione, poteva contare addirittura su due processori: uno "centrale" per l'elaborazione vera e propria dei programmi e dei dati, uno "periferico" per l'interfacciamento con il mondo esterno, tastiera compresa. Il video, inteso come generazione dell'immagine da mandare sul monitor, veniva spesso gestita del processore centrale stesso (siamo anni luce lontani dai processori grafici) che, tra un'operazione e l'altra di sua competenza, si occupava anche di "disegnare" i caratteri visualizzati.
Non era altro che un "chip" da inserire fisicamente all'interno (quando si dice plug-in... :-) in un apposito alloggiamento previsto dal costruttore per questo scopo. Il modulo in questione aggiungeva al malcapitato PET numerose funzioni di trattamento e gestione matrici, cito testualmente, "dalla semplice inizializzazione al non plus ultra, l'inversione". Azz! Era prodotta da un'azienda italiana, la padovana HSH, venduta a 400.000 lire + IVA, protetta dalle copie non autorizzate attraverso una chiave hardware da inserire lateralmente al PET.
Quest'ultimo, per chi non lo sapesse, era un linguaggio di programmazione strutturato che, a differenza del BASIC (praticamente disponibile su tutti i computer) si rivolgeva agli utenti più smaliziati e soprattutto più esistenti/preparati. Dal canto suo il Corvus Disk Drive, peraltro già provato sul primo numero di MC, cito testualmente: "è un disco rigido da 5 pollici e un quarto, realizzato in tecnologia Winchester e in grado di memorizzare 5,7 milioni di caratteri, interfacciabile con la maggior parte dei microcomputer sul mercato. La sua caratteristica più interessante, prescindendo ovviamente dalle grandi capacità di memorizzazione e dalle elevate velocità di accesso (del resto tipiche di ogni dispositivo analogo), è quella di essere "intelligente", ossia di avere un proprio microprocessore che si occupa di gestire autonomamente ogni funzione interna e di interfaccia, senza delegare questi compiti al processor del computer cui è collegato". A dir poco commuovente...
Se in Italia i giochi da scacchiera più conosciuti erano (da sempre) la Dama e gli Scacchi, all'estero andava molto di moda anche l'Othello. A differenza degli altri due, in questo gioco le pedine (da un lato bianche e dall'altro nero) passano da un giocatore all'altro dopo ogni "presa". In pratica quando viene mangiata una o più pedine le stesse non sono tolte dalla scacchiera - come accade con la Dama e per i pezzi con gli Scacchi - ma semplicemente cambia colore (ruotandola) e quindi di "proprietà". Il gioco va avanti fino a quando tutte le pedine (64) non sono state posate e chiaramente vince il concorrente che alla fine ha più pedine del proprio colore. Semplice, no? Bene, su MC n. 7 viene spiegato, oltre al poco noto gioco, come realizzare un programma per giocare ad Othello con il computer o, per meglio dire, contro il computer. Sempre all'estero, per la precisione in Francia dalla rivista informatica L'Ordinateur individel veniva organizzato a quei tempi un campionato internazionale di Othello per computer, al quale partecipavano i programmi degli utenti che si scontravano in un torneo ad eliminazione. Che (bei) ricordi... :-)
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Da: Davide P.
Da: Stefano |