Quando penso al 1984, come anno in sé, mi pare l'altro
ieri. Se però sfoglio un numero di MC dell'84... mi
sveglio di colpo, come da un incubo. E mi ripeto: "i
computer non sono più quelli di una volta!". E subito penso:
"ma è meglio o peggio, nel senso più ampio e alto del
concetto, l'informatica di oggi rispetto a quella di
allora?".
Ah, saperlo... :-)
Trent'anni fa era in edicola il n. 34, dell'ottobre 1984.
I numeri di ottobre di MC erano, notoriamente, tra i più
ricchi dell'anno, non foss'altro perché settembre,
altrettanto notoriamente, era il mese delle fiere
informatiche e tecnologiche in Italia e in Europa (Smau,
Sim, Sicob, PCW Show).
Facciamoci un minimo di coraggio e... sfogliamolo
insieme.
Poke,
ma buone!
Una delle prime parole che incontriamo leggendo quel numero
è "POKE". La troviamo nell'immancabile editoriale di Nuti a
pagina 6. Oggi chiunque penserebbe - tenetevi
forte... - alla traslitterazioneessemmessiana
di "poche" (che, per dirla alla Totò, "è aggettivo
qualificativo!"), tanto di moda tra i giovani di oggi.
In quell'editoriale, il giovane, anzi giovanissimo, di
allora oggi avrebbe 39 anni e il POKE in questione era un noto
comando dei computer dell'epoca, utilizzato da chi
aveva dimestichezza con linguaggio macchina, bit, byte,
registri e compagnia cantante. Come dire che non era alla
portata di tutti-tutti, ma solo di coloro i quali
stringevano (ed io, modestamente, li strinsi! :-))) rapporti
"intimi" con l'hardware e il software disponibile a quei
tempi. Permetteva infatti di scrivere nelle celle di memoria
e se non si stava attenti "a manovrare" si potevano anche
fare danni... riparabilissimi. Alla peggio si resettava il
computer (che, sempre all'epoca, significava semplicemente
premere un pulsante di Reset) al più ricominciando tutto da
capo.
Poke viaggiava a braccetto con Peek (alzi la mano del mouse
chi, all'epoca, non è cresciuto a Peek & Poke) e
permetteva di leggere il contenuto delle celle
di memoria.
"Per i più giovani il computer - scriveva Nuti nel
suo editoriale trent'anni fa - non è più un problema,
anzi forse non lo è mai stato: posto che abbiano a
disposizione una macchina per quanto semplice e primitiva,
si info-alfabetizzano quasi istantaneamente ed ora, invece
di figurine, si scambiano cassette di programmi. Il fenomeno
è di massa: non poche migliaia, ma (in Italia) qualche
centinaio di migliaia di fortunati; i più giovani spesso non
leggono neanche più i manuali: le nozioni fondamentali di
programmazione ed impiego del computer si tramandano
direttamente per via orale. E il bello è che questi piccoli
mostri del peek and poke stanno mettendo in crisi le
istituzioni".
Ah, però!!! :-)))
MSX all'attacco
Sempre a quei tempi i computer si potevano, semplificando al
massimo, dividere tra "compatibili" e "non". Ma compatibili
con cosa? Beh, in fascia alta, ovvero per i PC dell'utenza
business la compatibilità era quella offerta dalle
piattaforme e dai (conseguenti) sistemi operativi
dell'epoca: CP/M, prima, MS-DOS, dopo.
In basso, per l'utenza domestica c'era il caos più totale.
Tanti sistemi tutti diversi tra loro che non solo
necessitavano ognuno di software specifico ma nel 103% dei
casi anche le periferiche erano quasi sempre dedicate e
prodotte dal costruttore in questione. Così se avevamo un
Commodore 64 e ci serviva una stampante questa doveva essere
della stessa marca (lo stesso avveniva anche per unità
dischi, memorie RAM, joystick e quant'altro) tant'è che se
decidevamo di cambiare computer eravamo costretti a farlo
anche per tutte le periferiche ad esso, strettamente,
dedicate.
"Per cercare di trovare una soluzione - così scriveva
Maurizio Bergami nell'ottobre '84 - la Microsoft ha dato
il via, all'inizio del 1983, al progetto MSX, definendo uno
standard che permettesse la completa compatibilità, sia
hardware che
software, di tutte le macchine costruite secondo le sue
specifiche. Lo standard proposto dalla Microsoft è rivolto
alla fascia bassa del mercato, quella in cui attualmente
predominano la Commodore con il 64 e la Sinclair con lo
Spectrum. AI momento di stabilire gli elementi chiave
dell'hardware la scelta della Microsoft è caduta sugli otto
bit. Nessuna soluzione tecnologica di avanguardia, quindi,
ma la sicurezza del collaudato e diffuso Z 80, in unione ai
migliori chip di supporto: il processore grafico TMS 9918A,
che permette una risoluzione video di 256 x 192, 16 colori e
le sprite, ed il generatore sonoro AY-3-8910, con tre voci
dall'estensione di 8 ottave. Come linguaggio è stato
adottato un Basic esteso, sviluppato naturalmente dalla
stessa Microsoft, in grado di sfruttare completamente tutte
le caratteristiche dell'hardware. Anche il connettore per le
cartucce ROM ed il formato e la velocità dell'interfaccia
cassette sono stati pienamente specificati, per raggiungere
la compatibilità ricercata".
Come andò a finire? Beh per qualche anno i computer MSX
hanno avuto il loro (piccolo) mercato. Lo strapotere di
Commodore e Sinclair non è certo stato scalfito da questo
tentativo di Microsoft e dei tanti costruttori aderenti allo
standard. Le cose sono cambiate solo quando i computer di
fascia alta - ovvero del tutto indistinguibili da quelli
presenti negli uffici - sono entrati nelle case, dando un
significato assai più ampio - e universale - al concetto di
compatibile. Oggi ridotto a sole due accezioni: compatibile
Windows o compatibile (con i) Mac.
(Sì, lo so, ci sarebbero anche i Linux... ma in quante case
li troviamo?)
E
che Casio!!!
In prova su MC n. 34 un chiaro esempio di macchina di fascia
alta, "compatibile q.b." per non avere problemi di hardware
e di software, almeno per quello che c'era disponibile
all'epoca.
"Del modello precedente - scriveva Corrado Giustozzi
nell'84 - conserva, migliorate, diverse cose: le notevoli
capacità grafiche, la modularità, l'ottimo Basic. Si tratta
quindi di una macchina assai interessante, le cui
caratteristiche principali possono essere cosi sintetizzate:
CPU 8086 con clock a 8 MHz e coprocessore matematico 8087
opzionale; 256K di RAM espandibili fino a 768K; grafica a
600 x 400 pixel singolarmente indirizzabili in 8 colori;
Basic con screen-editor, rappresentazione dei numeri in BCD,
gestione diretta della grafica e dell'interfaccia RS-232;
disponibilità di unità a dischi da 5,25" (320K), da 8"
(1200K) o Winchester (10M); interfacce RS-232 e IEEE-488".
La
compatibilità era assicurata, almeno parzialmente, dal
sistema operativo utilizzato (MS-DOS 2.11) e dall'utilizzo
di alcune porte standard per l'epoca, le famose "seriale" e
"parallela". La prima la faceva da padrona per il
collegamento, ad esempio, di un fax-modem, la seconda era
utilizzata nella stragrande maggioranza dei casi per le
stampanti.
E il mouse dove si collegava? Il mouse??? Ma va' là... :-)))
Commuovente, ma nel senso ironico del termine (fa piangere,
dal dolore!), il listino
prezzi della bestiolina e soprattutto dei suoi accessori.
L'unità centrale, infatti, non costava poi così tanto (tre-quattro
milioni di lire-buonanime), ma solo con quella ci si
faceva ben poco. Per il monitor monocromatico ci volevano
altre 700mila lire, se lo volevamo a colori il prezzo si
triplicava o quasi (evidentemente costavano un tot a colore
primario), ma poi non potevamo certo non avere la memoria di
massa... e se ne partivano altri due milioni se ci
accontentavamo dei floppy disk o quattro-cinque se eravamo
attratti da un capiente hard disk - che all'epoca chiamavamo
Winchester, come il fucile! - da ben 10 MB di spazio
d'archiviazione.
Vi evito la somma, sto già iniziando a sentirmi male...
Tre
stampatine, ine-ine!
Come direbbero i colti - quale certo non sono -, lupus in
fabula!
Sullo stesso numero di MC anche la prova di tre stampanti
specifiche per il Sinclair Spectrum che, naturalmente, non
funzionavano con nessun altro sistema dell'epoca.
"Nonostante lo Spectrum non disponga, in versione base,
di un'interfaccia Centronics o RS 232 - scriveva
Maurizio Bergami - non ci sono grossi problemi per
utilizzare una stampante in unione al piccolo computer
Sinclair, visto che il mercato abbonda di interfacce esterne
che permettono di ovviare a questa lacuna. Il problema,
semmai, è di natura economica, dal momento che qualsiasi
stampante da 80 colonne costa assai più dello stesso
computer e che, quindi, ben pochi hobbisti possono
permettersene una".
Di dimensioni estremamente compatte, le tre stampanti
utilizzavano rotoli di carta "formato rotolo": due erano
termiche la terza, in un certo senso quella meno
giocattolosa (la bianca Seikosha), era praticamente una
stampante grande in miniatura, con tanto di tecnologia di
stampa ad impatto e nastro inchiostrato, come le macchine da
scrivere. Tutti termini che
oggi fanno sorridere, ma che all'epoca erano sulla bocca di
tutti.
Le getto d'inchiostro - non certo a colori! - ancora non
c'erano o, se c'erano, erano ben nascoste in qualche
laboratorio di ricerca e sviluppo. Lo stesso si poteva dire
per le "laser" che arrivarono di lì a poco grazie al neonato
Macintosh, dello stesso anno.
Domanda: ma si stava meglio quando si stava peggio?!?
:-)
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