Nonostante si tratti di un numero "estivo"
(luglio/agosto: gli sponsor notoriamente preferivano
investire sui mesi successivi...) il fascicolo n. 43 di
MCmicrocomputer appare piuttosto ricco, sia per quel che
riguarda alcuni "interessanti" prodotti in prova - che
tempi, che tempi!!! - sia per quel che concerne l'attualità
del periodo, che potrebbe continuare a stupire ancora oggi,
nonostante i trenta e più anni passati nel frattempo.
Cominciamo come di consueto dall'editoriale di Nuti che,
giustamente, mette un po' di puntini sulle i...
Crisi??? :-)
Questa
l'ho - anzi l'abbiamo - un po' di anni dopo già sentita...
:-)))
Il megadirettoregalattico si scaglia, stavolta,
sui "nemici" dell'alfabetizzazione informatica di massa, che
MCmicrocomputer aveva fatto sua sin dal primo numero in
edicola, quattro anni prima. Se la prende soprattutto con
certa stampa generalista - in fondo in fondo un po'
invidiosa... - che non perde occasione per annunciare
l'imminente fine dell'informatica personale, relegandola a
poco più che un fuoco di paglia.
"Benché personalmente - scrive Nuti nell'85 -
trovi molto interessante interrogarmi sul perché la
conclamata crisi del computer genera soddisfazione in un
così elevato numero di persone di cultura, sorvolerò su
questo argomento perché mi sta assai più a cuore chiedermi,
se di crisi si deve parlare, che genere di crisi sta
attraversando il computer e quali ne sono le origini.
Secondo alcuni analisti americani, il problema deriva dal
fatto che negli USA è stato ormai saturato il mercato di
coloro che hanno un livello culturale sufficiente per
utilizzare l'attuale generazione di sistemi operativi".
"A ben vedere - prosegue Nuti - in crisi c'è solo
il computer status simbol, comprato per far bella mostra
sulla scrivania, o per dire che anche il proprio figliolo lo
sa usare. Lo dimostra la velocità con cui è andato in crisi,
prima ancora che di crisi si parlasse, il cosiddetto home
computer, che non è una particolare macchina, ma solo un
concetto filosofico sbagliato; la stessa macchina che oggi è
inutile (e quindi invendibile) per tenerci sopra le ricette
di cucina, è utile e vendibilissima come word processor a
basso costo (etc. etc.). Insomma,
signori che segretamente gioite per la crisi del computer,
non fatevi illusioni: il computer non è in crisi, semmai lo
sono le idee, in particolare di chi non sa utilizzarlo per
farei qualcosa di utile. Problema, che, evidentemente, non
riguarda i nostri lettori".
Ben detto, Capo! :-)
Expò, ma guarda un po'... :-)))
Se quest'anno, 2015, all'Expo di Milano si parla
prevalentemente di cibo (come magna-magna non ci
batte nessuno!), in quel di Tsukuba (Giappone), nell'analoga
Esposizione Universale svoltasi trent'anni fa non si poteva
non parlare di tecnologia. E che tecnologia!
Così
passeggiando, anzi scarpinando, tra quei futuribili
padiglioni non era difficile incontrare un robot musicista,
con tanto di "occhio elettronico" (telecamera) puntata su
uno spartito vero che veniva suonato - interpretando
correttamente la notazione musicale classica - con arti
meccanici dotati di braccia, mani, dita e piedi.
"Tutte le principali articolazioni umane sono state
accuratamente riprodotte; il robot è in grado anche di
incrociare correttamente il pollice passandovi al di sopra
le altre quattro dita, come si fa normalmente quando si
scende di nota lungo la tastiera. Esegue piuttosto bene (ci
ha fatto ascoltare, fra le altre cose, Yesterday);
ovviamente un bravo musicista è molto più bravo di lui che,
per forza di cose, ha un tocco netto e preciso ma
distaccato, non umano (e vorrei vedere ...).
È ovvio che non serve a niente, solo a fare spettacolo".
Un
altro "oggettino" che non poteva passare certamente
inosservato era il minuscolo TVcolor Sony da... 12.000
pollici!
Alto quasi come un palazzo di 15 piani - per l'esattezza 42
metri - il JumboTRON era composto da 151.200 triadi (a ben
guardare non era nemmeno ad altissima risoluzione!) che
occupavano ben 1000 metri quadrati di superficie
"visualizzante", dalla luminosità eccezionale tant'è che
poteva essere utilizzato anche in pieno sole.
All'Expo di Tsukuba, per gli spettatori di questo
"spettacolo" era "stato predisposto un prato su una
collinetta, a 150 metri di distanza che rappresenta la
misura ideale. Una curiosità: gli altoparlanti emettono
l'audio con un ritardo rispetto all'immagine sul video che
dipende dalla loro distanza dallo schermo, grazie ad un
sistema computerizzato. Date le grandi distanze di
osservazione è stato infatti necessario tenere conto della
differente velocità di propagazione della luce e del suono,
che a 150 metri di distanza arriverebbe quasi mezzo secondo
in ritardo rispetto all'immagine!".
E
l'Italia? Certo, c'eravamo anche noi con il nostro
padiglione tecnologico (tranquilli, niente pizza e
mandolini!).
Faceva bella mostra di sé nientepopodimeno che Leonardo da
Vinci e alcune ricostruzioni delle sue macchine, altre sue
opere potevano essere visionate su computer (Olivetti M24)
e/o attraverso altrettanto fantascientifici videodischi:
considerate che nell'85 da poco esisteva il CD e del DVD
nessuno aveva ancora mai osato ipotizzare...
"Nelle altre sale la misurazione del tempo (orologio e
pietre del XVI secolo e orologio atomico, con la bicicletta
di Moser per contorno), Venezia dall'alto e all'infrarosso
dal Landsat 5, applicazioni di bioingegneria e varie. E in
tema di "macchine", visto che all'ingresso ci sono quelle di
Leonardo, in uscita chiude in bellezza la Ferrari Testa
Rossa, intorno alla quale i giapponesi di ogni età fanno
capannella (e ci mancherebbe!)".
Toh,
il Commodore 128!
Quello che avrebbe dovuto bissare il successo
dell'indimenticabile 64 (per inciso il computer più venduto
al mondo) si è poi di fatto rivelato essere un vero e
proprio flop, nonostante la Commodore l'avesse,
cautelativamente, reso compatibile con il suo predecessore,
almeno sulla carta.
Già perché quando si tratta di "emulare" qualcosa il rischio
incompatibilità è sempre dietro l'angolo, specialmente
quando la macchina emulata veniva da tempo spremuta
all'ultimo bit per ottenere il massimo da un hardware che
già a quei tempi cominciava a manifestare un po' di
vecchiaia.
Dal lato, poi, diametralmente opposto il Commodore 128
strizzava l'occhio all'utenza business attraverso la
compatibilità con il poco fortunato CP/M 3.0, interamente
gestito da un secondo microprocessore, un classico - per
quei tempi - Z80.
Tecnicamente era un computer sicuramente interessante, il
fatto però di non essere praticamente "né carne, né pesce"
(o forse era la macchina giusta nel momento sbagliato) ne
penalizzò non poco il successo.
Per di più con l'Amiga ormai dietro l'angolo, c'era davvero
poco da scherzare con giocattolini di questo tipo!
Ho
detto Integral! :-)
In prova su MC n. 43 un "prodottino" assai interessante,
l'HP Integral (al secolo 9807A), "una macchina -
scriveva all'epoca Alberto Morando - facilmente
trasportabile, che pesa solo dodici chili e mezzo,
particolarmente compatta, tanto da poter trovare posto su di
un tavolo rimpiazzando la macchina per scrivere".
Incorporava, in cima a tutto, anche una piccola stampante a
getto d'inchiostro, ma il suo fiore all'occhiello era
certamente il display elettroluminescente (padre dei
successivi "plasma") dalla luminosità e contrasto degno di
una macchina realmente al top, come questa in prova.
E
del resto gli oltre quindici milioni di lire (oltre l'IVA e
gli eventuali add-on) la posizionavano certamente nella
fascia più alta del periodo, una macchina sicuramente
riservata all'utenza professionale, anche per via del
sistema operativo utilizzato, il poco noto (all'epoca) UNIX.
"A livello estetico la prima impressione non è certo da
innamoramento: abituati alle carrozzerie tondeggianti dei
personal più recenti, quella un po' spigolosa dell'IPC
lascia inizialmente un po' perplessi, tanto che più d'uno lo
ha definito, un po' brutalmente ma in modo senz'altro
pittoresco ed efficace, "macchina per cucire". Con l'uso si
riconosce che l'Integral PC non è un oggetto particolarmente
bello, ma invece, che è estremamente funzionale e curato nei
particolari, anche i più nascosti, e scusate se è una dote
da non sottolineare".
Il processore era un consueto Motorola 68000 (per intenderci
lo stesso dei primi Mac) a 16/32 bit e clock a 8 MHz. La
memoria, iniziale, da 512 KB poteva facilmente essere
espansa (a suon di milioni) ad alcuni mega, mentre con
"appena" 365.000 lire (più IVA) ci si poteva portare a casa
finanche un mouse!