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Digitando, digitando... n. 10/2022 del 16.12.2022

Apertura

Sharp PC-1211: dal Giappone... con stupore!

di Andrea de Prisco

In un mondo e in un periodo dominato dalle calcolatrici programmabili Made in USA - essenzialmente erano HP e Texas a spartirsi il mercato - l'arrivo dal Giappone della per molti versi innovativa Sharp PC-1211 rappresentò una bella novità all'inizio dei mitici anni 80. E non solo per ragioni di provenienza geografica, quanto per il fatto che la bestiolina in questione rappresentò un vero salto avanti per la tipologia di apparecchio particolarmente innovativa.

Intanto a sviluppo orizzontale, intanto con una tastiera "completa" QWERTY, intanto con un display alfanumerico "vero" (seppur non grafico), intanto... con un interprete BASIC al suo interno! Caratteristica mai vista prima in un oggetto tascabile come questo, tant'è che quel PC nella sigla stava per Pocket Computer essendolo di nome e di fatto: non era una "semplice" calcolatrice programmabile.

A sentir Zia Wiki, anzi Aunt Wiki, utilizzava BEN due processori - a 4 bit... forse per pareggiare i conti! - uno come CPU principale, l'altro per gestire tastiera e display.

La memoria interna, all'incirca 2 KB di RAM - più un quantitativo "segreto" di ROM - pur non essendo espandibile in alcun modo almeno era di tipo "continuo": spegnendo l'apparecchio non correva alcun rischio di perdere dati e programmi, che comunque potevamo salvare su registratore a cassette, grazie a un'apposita interfaccia di comunicazione venduta come accessorio, anzi necessorio, opzionale.

Consumava pochissimo, praticamente nulla: appena 11 milliwatt, "potenza" fornita da quattro pile a bottone stipate all'interno che duravano anni. Per accedervi era necessario smontare il coperchio metallico posteriore, agendo su 4 viti, che ci spalancavano la vista su tutta l'interessante elettronica. In pratica non c'era uno sportellino per il cambio pile, forse proprio per il fatto che l'operazione si effettuava assai di rado.

Ne ho avuta una nel 1981 e su questa ho imparato - in un certo senso tappandomi il naso - a programmare in BASIC. Dico questo perché nel mio caso s'è trattato per certi versi di un "downgrade culturale": all'università ci tormentavano con l'Algol W (progenitore del Pascal, i più "datati" ricorderanno anche per cosa, anzi chi, stava quella W) e quindi ci nutrivamo di programmazione strutturata, ambienti locali o globali, funzioni ricorsive, passaggi di parametri... tutti "dettagli" da dimenticare ai comandi della Sharp.

Ma fu lo scivolo per il VIC-20, quello sì una pietra miliare nel mondo dell'home computing.

Bei tempi!

 


Per non rinnegare la sua "anima calcolatrice" il tastierino numerico, incredibilmente presente, rispetto alla tastiera QWERTY era addirittura più grande e "comodoso" (vi ho sbloccato un altro ricordo? Beh, il periodo era più o meno quello... 😁).

 


Con 4 pile a bottone e un consumo, dichiarato, di appena 11 milliwatt aveva praticamente un'autonomia "infinita". Anche con utilizzi intensi il cambio pile era richiesto dopo molti mesi!

 


Non mancavano - erano comuni a quei tempi - collegamenti tra le varie board con normali fili elettrici e manuali saldature a stagno.

 


... e purtroppo non mancavano nemmeno "ripensamenti dell'ultima ora" come l'aggiunta di piste... mancanti. Roba da non crederci, oggi.

 

:-)

 


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