dT n. 14/2025 del 11.01.2025
Cornice stile Ritorno al futuro
MAR 31 1951


UNIVAC, l’indovino

Tra i primati di quest’altra pietra miliare dell’informatica, c’è anche il fatto che ne furono venduti ben 46 esemplari. E trattandosi di una «macchinetta» tutt’altro che economica, non fu un dettaglio da poco.

Immagine_inlineLe sigle dei primi computer diventano, via via, più comprensibili: in questo caso UNIVAC stava semplicemente per UNIVersal Automatic Computer, che più generico non si può. La bollinatura visibile in alto a sinistra nella pagina è dovuta al fatto di essere stato il primo computer elettronico digitale prodotto negli Stati Uniti dedicato alle applicazioni aziendali, più che a quelle scientifiche come avveniva nella maggioranza dei casi. Seguì di poco il LEO, britannico, raccontato qualche paginetta fa e nato con le stesse intenzioni.

Alle sue spalle c’era ancora il brillante duo Eckert & Mauchly, già protagonisti dell'ENIAC, l’EDVAC e il BINAC. Questa volta, però, il passo risultò essere più lungo delle loro gambe: quando si esaurirono le risorse a disposizione della Eckert-Mauchly Computer Corporation la palla fu passata alla Remington Rand (futura Sperry Univac e poi Unisys) che ne completò lo sviluppo… sempre sotto la guida esperta dei fantastici due.

L’UNIVAC passò alla storia anche per un’altra vicenda. Grazie non tanto alla sua potenza di calcolo, non così stratosferica, ma per come fu sfruttata in campo statistico-elettorale: fu utilizzato dalla rete televisiva americana CBS per prevedere, ottenendo un inaspettato successo sulla base di un campione del 5-7% dei votanti, il risultato schiacciante delle elezioni presidenziali del 1952 che portò Eisenhower alla Casa Bianca. Successo non tanto del Presidente eletto, quanto dell’esattezza della previsione di voto, che si tradusse a sua volta in quello dell’UNIVAC. A seguito di questa positiva esperienza venne acquistato e utilizzato da molti altri enti governativi e società private, fino a raggiungere, come anticipato, l’incredibile traguardo delle 46 installazioni totali, sicuramente non poche.

Immagine_inlineEra una macchina compatta nel senso che l’intera elettronica, circa 6000 tubi a vuoto, una quantità tutto sommato minima a quei tempi, incluse le ingombranti memorie a linee di ritardo elettroacustiche al mercurio (ben 7 moduli da 18 linee l’uno) occupavano un volume paragonabile a quello di un grosso, diciamo grossissimo, armadio. Ben poca roba rispetto agli stanzoni da centinaia di metri quadri impegnati in precedenza. Occupavano più superficie le unità di I/O, dalle telescriventi all’unità di controllo (la console centrale) e in particolare la sfilza di meccaniche a nastro, denominate UNISERVO, che finalmente fecero la comparsa nei sistemi di calcolo dell’epoca. In totale erano sufficienti una trentina abbondante di metri quadri per il sistema completo, un quinto o anche meno rispetto ad altri prodotti dello stesso periodo.

Le unità UNISERVO utilizzavano nastri metallici, tant’è che una bobina poteva arrivare a pesare una dozzina di kg, e aveva una capacità paragonabile a quella di 20.000 schede perforate. Pur essendo una soluzione tecnologicamente avanzata, questo aspetto in particolare rappresentò a sua volta un intoppo alla diffusione dell’UNIVAC in quanto inizialmente non era semplicissimo trasferire al nuovo sistema i dati preesistenti disponibili su supporti perforati (schede e nastri). Fu risolto da Remington Rand con uno specifico adattatore: un apparato per buona parte elettromeccanico in grado di tradurre, alla velocità di 240 schede al minuto, le punzonature in segnali elettrici da fissare su nastro magnetico per i successivi utilizzi. La compatibilità verso il basso, a quanto pare, anche a quei tempi non era un problema da sottovalutare.

Immagine_inlineCon il suo clock a 2,25 MHz era in grado di eseguire quasi duemila addizioni o cinquecento moltiplicazioni al secondo. La memoria era organizzata in words da dodici caratteri che potevano rappresentare sia numeri (undici cifre decimali più il segno) che simboli alfanumerici: ogni carattere/cifra era codificato con sei bit più uno di parità. In totale, essendo mille le words da dodici simboli memorizzabili, conti alla mano, la capacità complessiva lorda delle sette unità a linee di ritardo era pari a (6+1)×12×1000 = 84.000 bit o se preferite 82 KByte. Netti erano in realtà ancor meno, dal momento che come detto ogni sette bit se ne utilizzava uno per la parità, con funzione di controllo.

Dulcis in fundo, Eckert e Mauchly sistemarono anche la discutibile soluzione del BINAC, basata sull’utilizzo di due computer identici funzionanti in parallelo al solo scopo di verifica dei calcoli. Nell’UNIVAC, che pure aveva un elevato grado di autocontrollo, tutta l'elaborazione era eseguita da due gruppi di circuiti interni duplicati, presenti nell’unica macchina, i cui risultati venivano confrontati per essere sicuri che fossero identici. Non siamo ancora alle soluzioni triple (in cui sussiste un meccanismo di votazione per stabilire quale dei risultati fosse quello, probabilmente, esatto) ma la strada del calcolo fault tolerant cominciava ad essere tracciata. Tempo al tempo.

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